La Resistenza, oltre che il Risorgimento (quest’ultimo trasformato in un crimine storico dal revisionismo liberal e uguale), si fondava su due valori: popolo e sovranità; e lottò per l’indipendenza dell’Italia dalle ingerenze delle potenze e dei poteri stranieri. Gramsci teorizzò la necessità politica e sociale di tale dimensione nazionale popolare, a impedire che la demagogia di destra ne acquisisse il monopolio. Che è ciò che sta accadendo: per la sinistra, populista e sovranista sono diventati degli insulti.
Così ieri a Milano Salvini ha potuto riempirsi la bocca di slogan nazionalisti per far passare il suo vero programma, che è il taglio della pressione fiscale per i milionari e le loro corporation (spesso straniere), come vogliono il libero mercato, Macron e gli americani. Ancora trent’anni fa nessuno gli avrebbe dato retta perché l’alternativa di sinistra (ma anche democristiana) era un nazionalismo statalista oltre che assistenzialista. Però ieri radicali, piddini e stampelle sono scesi in piazza contro Salvini non per denunciarne il liberismo ma per invocare un golpe che liquidi il governo “fascista e razzista di Di Maio e Salvini” e per chiedere l’apertura delle frontiere a un’immigrazione incontrollata e senza limiti. Spostando inevitabilmente (e intenzionalmente) il discorso dalla questione dello stato sociale a quella dell’identità culturale.
Il grande merito del M5S non è solo aver iniziato un ciclo di riforme che ha fermato la deriva delle privatizzazioni e del lobbismo come pratica istituzionale; è anche aver contenuto la Lega. Li voto perché ne condivido il programma sociale ed economico e perché difendono la sovranità italiana e gli interessi del popolo italiano, come imposto dalla Costituzione. Ma c’è un pericolo. Se la corrente cattogrillina riuscisse a spostare il baricentro del movimento su posizioni globaliste e in sostanza la scelta secca fosse fra il liberismo terzomondista della pseudo-sinistra e il liberismo nazionalista della destra, dovrei scegliere il secondo. Per un motivo semplice: a livello locale e nazionale le rivolte e le rivoluzioni sono sempre possibili, perché in un pianeta frammentato si troveranno alleati; dal possibile impero universale del neocapitalismo non ci sarà invece uscita. In regime di deregulation totale la macchina finanziaria di multinazionali come Amazon, Apple, Uber, più la macchina mediatica dei network televisivi, più la macchina militare americana, con i suoi drone e se servissero le sue bombe atomiche, sarebbero imbattibili. Scordatevi il Vietnam, che combatté una guerra nazionalista in un mondo diviso in blocchi. E fate invece caso al fatto che dal liberismo finora nessun popolo è riuscito a liberarsi. O la sinistra (qui intesa come opposizione al liberismo) sarà popolare e nazionale, o non sarà.