Torino è stato un amore a prima VISA, come direbbe Michele Ferrero (padre della Nutella). La città a cui sono affezionato. Beh anche no. Affezionato si dice al cane. Forse qualcosa di più. Perchè Torino non fa sfoggio della sua bellezza ma piace. Come diceva un famoso motorino (“io non son bello ma Piaggio”). Torino e come Pierluigi Bersani, che non è appariscente ma se gli metti la chioma diventa George Clooney.
Io e Torino. Eravano fatti per stare insieme o forse stavamo insieme perché eravamo fatti, non lo ricordo. Stupefacente. La cultura è l’unica droga che crea Indipendenza (fate tesoro di questo nonsense). Una passione difficilmente spiegabile. Ognuno la vede a modo suo. Per alcuni l’amore non è ceco, per altri è slovacco. Comunque state pur certi che avrà sempre qualcosa in serbo. So per certo che se oggi dovessi chiedere alla mia città: “come stai oggi?”, lei mi risponderebbe: “imperfette condizioni”. Come le azioni di Banca Carige dove Malacalza Investimenti ha già perso una montagna di soldi (il titolo oggi vale 0,0037 Euro). Quasi carta straccia. Ciaparat.
Sono consapevole del degrado e che la mia città è in ginocchio. Dicono che se a Torino vai a lavorare canticchiando felice hai solo 3 possibilità: sei miliardario, ti droghi o sei uno dei 7 nani. Oggi boja fauss, ho acceso il mio pc Natura Morsa e mi son accorto che questo mio malessere ora è diventato anche un videoclip virale dal titolo assai malinconico che sta spopolando in rete: “Torino Affonda”. Nel video si percepisce quest’angosciata città spettrale, avulsa in un deserto di luci spente, negozi vuoti con i cartelli Vendesi, Affittasi, Torino Subito. I luoghi simbolo dell’urbe in uno stato d’abbandono su cui aleggia il fantasma di Sergio Marchionne che se ne è andato via per sempre. Suoni e immagini che raccontano la decadenza d’una Torino che dice basta a colpi di rap-alternative-rock, che s’aggrappa alla musica per sperare nel suo riscatto! Chiaro il messaggio, per nulla criptico: Torino Ti Amo ma stai cadendo in pezzi. Purtroppo lo sappiamo bene, niente è per sempre, come la liason tra Marco Tronchetti Provera e Afef. D’altronde è il ciclo della vita, come insegna il Maestro Achille Pecoraro (grande pittore surrealista genovese): “nasciamo, respiriamo, aspiriamo, sospiriamo e poi spiriamo”. Guardacaso proprio oggi è morto a Torino l’inventore del DVD, e CD spiace.
Un Sound convincente quello del video che rimanda vagamente ai primi Subsonica, ma dai contenuti profondi che celano la preoccupata denuncia che ora arriva anche dai settori più sub-urbani dell’underground cittadino e dai Murazzi (non so se Max Casacci avrebbe avuto l’ardire di cantare il declino della sua città). “Torino Affonda” in realtà non è solo un grido di dolore per l’agonia d’una città caduta priva di sensi. E qualcosa di più. Se la città è come un pachiderma immobile che non riesce più a rialzarsi e a trovare la sua direzione, sarebbe sin troppo facile risolvere il problema come recita il saggio proverbio indiano: “se davanti a te vedi tutto grigio… sposta l’elefante”. E’ la voglia di rinnovamento che s’avverte anche nell’aria, nello spirito dei torinesi, negli editoriali della carta stampata, chi ancora crede in questo vento di cambiamento (v. ad esempio il mensile Petegol 2000 che è uscito con un’inedita campagna sociale contro l’abbandono delle nutrie in tangenziale).
O basta là, è una conclamata e “Chiara” decadenza che la Sindaca Appendino, la più amata dagli italiani (ma non sembra dai torinesi) non pare cogliere. Come abbiamo fatto a diventare capitale dell’automobilismo ed ora dell’immobilismo? Comunque se io “sarei” sindaco sistemerei intanto le buche nelle strade di Torino e poi alcune zone di verde pubblico dimenticate (dove bisogna farsi largo nella giungla col machete mentre in centro ci son i prati inglesi). Pardon, chiedo venia, rettifico, “fossi” sindaco. Si sistemerei pure i fossi. E poi lascerei perdere le processioni per Ronaldo e farei qualcosa per le periferie dimenticate e l’Arte. Ormai neppure il Prof. Vittorio Sgarbi si fila più Torino (“Torino l’unica città dove accade sempre qualcosa” scriveva).
Infatti, d’accordissimo. Però è da scellerati pensare che calamitando tutti i tombini della città questa diventerà più attraente. Ci vuol qualcosa di più. Possibile che nessuno si porga certi interrogativi: perché saliamo le scale della Mole Antonelliana ed invece non zuccheriamo i gradini della Gran Madre? Questo deve insegnarci che non dobbiamo per forza credere sempre a tutto ciò che vediamo (ricordatevi che anche il sale sembra zucchero). Anche la rana se la rivolti può diventare un cavallo e ceviversa. Lo sapete che il il cervello nasconde le cose inutili? Sapevatelo! (come il secondo “il” nella mia frase precedente che la vostra mente ha cancellato). Eppure in un modo o nell’altro dovremo buttarci il passato alle spalle. Il sugo Mutti secondo me è il top (Inserto pubblicitario).
Purtuttavia non si può disconoscere che dal 1824 in poi Torino ha ospitato il Museo Egizio più antico del mondo che percorre oltre 4000 anni di storia. Arte e Archeologia che hanno regalato alla comunità torinese un’immenso patrimonio antico e contemporaneo, dai Faraoni al Dio Osiride. Una città con il suo orgoglio, la sua voglia di riscatto, con la sua storia secolare che sta scritta lì nei suoi Fori Imperiali, che non sono quelli delle strade sconnesse, come a Roma Capitale. Lì per davvero Osiride o si piange. Si potrebbe dedicare una hit anche alla città eterna, Raggi, Casaleggio Ass. e ☆☆☆☆☆ permettendo, perché no. Sai come spacca. O le metropolitane torinesi – scusate se salto di palo in frasca – fiore all’occhiello di tutte le Giunte cittadine. Su cui sommessamente, con il rispetto dovuto, mi permetterei unicamente di contestare la committenza. Io avrei affidato l’appalto dei lavori ad un’azienda italiana e non ai Figli del Sol Levante. Però ripeto, lungi da me l’idea di voler criticare la scelta dell’impresa cinese, (la Cian Cianin, giusto per non fare nomi). Spero vivamente non si aggiudichino pure l’appalto del Ponte Morandi. Ormai si stanno pappando tutto loro.
Tanto per darvi il polso della situazione, alcuni giorni fa ho fatto un giro in ‘centro’ passando vicino a Statuto dove son incappato in un giaciglio fatto di cartoni e stracci da un clochard sotto i portici, quasi in mezzo alla strada; lì si son spente tutte le mie speranze. Mi son chiesto: questa è la mia Torino dell’accoglienza? Il mito Penta☆☆☆☆☆Torinese del cambiamento, dell’onestà e dell’accoglienza m’è crollato addosso. Altro che reddito di cittadinanza (quello che doveva esser “una battaglia di civiltà” come recita un noto slogan 5 stelle), altro che dignità quì siamo al reddito d’esclusione. Questa non è la mia Torino da Bere. Non può esserlo questo tipo di metropoli matrigna che mi dice: “oh mi raccomando, se hai bisogno di qualsiasi cosa non esitare ad arrangiarti”. Anche Carlo Quinto imperatore, dopo aver pranzato, lasciava che anche i suoi servi avessero di che sfamarsi (Carlo Quint imperadùr, quand a l’avia disnà chiel, a lasava disné i so servidùr). Questo vale non solo per Torino; lo dico a tutti coloro che si vergognano che la propria città sia paladina di questo spostare l’asticella del declino sempre più in alto, ogni giorno di più. Balenghi. Per fortuna poco più in là ho incrociato OMAS, un senegalese che pulisce i marciapiedi, toglie erbacce e disottura tombini, insomma quello che una Pubblica Amminiatrazione di governo di una grande città dovrebbe normalmente fare e fare bene. A lui ho chiesto: “cum al’è Omas?” (come va Omas). E lui silente m’ha risposto facendomi vedere il suo cartello con su scritto: “Gentili Signori e Signore, desidero integrarmi onestamente nella vostra città, senza chiedere l’elemosina.!!!! Da oggi terrò pulite le vostre strade, chiedo soltanto un contributo di soli 50 centesimi per il mio lavoro. Buste, scope, palette ed altro materiale per le pulizie son bene accetti. Grazie”. Ho promesso a Omas che la prossima volta che passo nei paraggi gli porterò un bel Micio Vileda (pulisce bene e se non è allergico al pelo gli fa anche le fusa).
Va bin, visto che la giornata si stava profilando alquanto intrigante, già che c’ero ho pensato bene di fare un giretto con lo “spostapoveri” (il mitico TRAMVAI). Sulla linea “13” son incappato in un “speaker corner”, dove un’improvvisato oratore m’ha intrattenuto un tot di minuti su temi di attualità, geo-politica, macroeconomia, etc etc.. Non l’ha calcolato nessuno manco di striscio, tranne il sottoscritto. Vincendo la mia proverbiale inquietudine, ho colto quindi l’occasione per fare anch’io un piccolo sondaggio, chiedendo in giro: “lei come vede Torino?”. Interessanti le risposte. Un ragazzo m’ha risposto: “Torino è come un salame che chiede al coltello: “che provi per me?”. “Affetto”’. Uno studente del Politecnico m’ha detto: “Torino è come andare al ristorante con Capt Schettino e tu prendi una carbonara. Lui invece prende uno scoglio”. Un’altro: “Torino è come farsi un selfie dentro un rotolo di carta igienica e fingere di essere sulla luna”. La più interessante una nonnina di 90 anni, alla quale, per familiarizzare, ho detto: “nonna, complimenti per i suoi 90 anni”. “Come?”. “No dico, complimenti per i suoi 90 anni”. “Come ha detto?”. “RIPETO: COMPLIMENTI PER I SUOI 90 ANNI!!!!” …. “COME DICE?” Accidenti, 90 anni, e non sentirli. Chapeau.
Una signora di mezz’età invece: “Questa città è come andare davanti la gabbia di un Fila Brasileiro dove c’è il cartello: ‘Esiste la vita dopo la morte? Salta dentro e scoprilo!’”. Un goliardo e palindromo emigmista invece m’ha rivelato tra il serio ed il faceto: “Per me Torino è come leggere “ANGOLO BAR A BOLOGNA” tutto al contrario”. Un’impiegato del San Paolo in pausa pranzo: “ho il frigo intelligente, il forno intelligente, la lavatrice intelligente e poi mi capita un sindaco ignorante. E non posso spossessarmene non è in garanzia”. Infine un ragazzo seduto davanti a Porta Susa intento a raschiare un Gratta e Vinci: “Per me Torino è come comprare un Turista per sempre sperando di non lavorare più e scoprire che ho vinto un Turnista per Sempre”. Visto che avevo pur io qualcosa da dire mi son autointervistato, rispondendomi: “io ho provato a vedere se a Torino i servizi funzionano facendo un singolare esperimento. Ho domandato all’ufficio anagrafe un certificato via mail (residenza e stato famiglia). E’ più d’un mese che aspetto (e spero). Poi si lamentano che gli haker birichini accedono al server del Comune per prendersi i documenti e stamparseli da soli (già che ci sono magari approfittano per ramazzare qua e là nelle stanze dell’intranet). Come ha fatto il mefistofelico Mr. Bean – Interceptor di Indymedia (buon’anima). Le cui memorabili devastazioni hanno lasciato traccia QUI’, nonché QUI’, poi nuovamente QUI’, ed ancora QUI’, QUI, QUI e QUI’”.
Oggi Torino era un fiume in piena come il suo Po. Sto parlando della marcia dei 30.000 che si son ribellati all’isolamento andando a protestare – a loro rischio e pericolo – in Piazza Castello (so di altri 30.000 che di Piazza San Carlo non conservano un bel ricordo). Una storia d’abbandono e tradimento che parte da lontano, quando a Torino nel 1980 ci fu la marcia dei 40.000 FIAT. Quel tristissimo anno morì anche John Lennon, quel visionario che scriveva: “Immagina che non ci sia alcuna nazione. Non è difficile da fare. Niente per cui uccidere o morire… Immagina tutte le persone vivere la vita in pace. Diresti che sono un sognatore, ma non sono l’unico…” (Imagine). A Torino il 12 novembre 1980 un’altro grande sognatore prendeva carta e penna scrivendo una commovente lettera alla figlia Donatella (vi consiglio caldamente di leggerla per intero). Era un triste pomeriggio d’autunno inoltrato e faceva molto freddo. Mentre il cielo triste piangeva pioggia Achille scriveva:
«Cara Donatella … il Paradiso era su questa terra tanto tempo fa …Dove gli uomini non si ammazzavano per dimostrare la loro superiorità sui loro fratelli. Dove i bambini e gli animali non morivano di fame e di malattie come avviene adesso! Dove gli uccelli non erano costretti a stare in gabbia, ma erano liberi di volare e di posarsi sulle tue mani, se tu li chiamavi. Invece oggi corrono il pericolo che qualche uomo forte e robusto si nasconde dietro un albero prendendo la mira, li uccidono, tornando a casa soddisfatti di aver fatto centro, e con il pensiero fisso di aver rimediato un sughetto per la pasta asciutta… Cara Donatella il Signore Iddio ci creò per goderci la vita … Rispettandoci gli uni e gli altri senza cercare di far di tutto per essere superiori ai propri fratelli, a volte facendo anche del male… Achille»
Scusate la disgressione sugli utopisti. La marcia del 30.000 dicevamo (altri idealisti). Pochi o tanti non conta. Sono tanti cittadini insoddisfatti, anche se alcuni malignamente affermano che tra loro c’erano tante borghesi madamin radical chic con borsa firmata Hermes e barboncin, o altri col gianduiotto in mano che dicevano: “anduma a beive il bicerìn”. Zio fa, non m’interessa. La situazione è tragica, non possiamo nascondercelo (lo dico a quelli che vivono ancora nel loro mondo parallelo, fatto di arcobaleni dove corrono indisturbati i mini pony), ma abbiamo come imperativo l’obbligo morale d’esser ottimisti, le cose si risolveranno in un modo o nell’alcool. Ve lo dico con il liCuore in mano. “Il temp a rangia tút”, il tempo aggiusterà tutto (la prossima volta che qualcuno mi dice “il tempo cura le ferite” gli dò una coltellata, mi siedo vicino e poi gli dico: “va bene, ora aspettiamo”).
Comunque mi dissocio sin d’ora dai giudizi pesantemente critici che in questi giorni son stati espressi su vari media e blog. Io amo Torino, anche se sta morendo. Ma poi non è neanche vero, son fanfalüche, le Bocciofile se fate caso son tutte aperte. E poi comunque ci rifaremo con le Olimpiadi di Torino 2026 (dov’è la coda per prendere a calci in culo …?). Voglio fare un dispetto alla tristezza e sorrido. L’amore per questa città è più forte della peggiore delle disperazioni, quella di vederla morire. Quand’anche fosse, io giuro che spargerò petali di rose ad ogni suo passo. Verserò oli essenziali e profumati lungo il suo cammino e ricoprirò di miele ogni suo sentiero, da C.so Unione a Piazza Castello. Tanto ormai siamo già scivolati. E più in basso di così non si può.