Finalmente è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana la Relazione del Prefetto di Palermo trasmessa al Ministro dell’Interno avente per oggetto: Comune di Mezzojuso (PA) – Relazione ai sensi dell’art. 143 del T.U.E.L., ad esito dell’accesso ispettivo. (Supplemento ordinario n. 7 alla GAZZETTA UFFICIALE – Serie generale – n. 24 del 30 – 1 – 2020).
Ben 240 pagine di Relazione che mi ci sono volute circa due ore solo per stamparla.
Prima di parlarne desidero leggerla in “trasparenza”. Anche se una opinione me la sono fatta. Forse scriverò un libro. Titolo provvisorio: CORNUTI E MAZZIATI. Sottotitolo: Quando la forza con la ragion contrasta, vince la forza e la ragion non basta.
Vedremo.
Vorrei prima esaurire le premesse sullo scioglimento degli organi elettivi del Comune di Mezzojuso e richiamare a me stesso i due precedenti articoli pubblicati dal titolo: Taurianova e Mezzojuso.
Perché è nata, e come è nata la prima legge sullo scioglimento dei Comuni per infiltrazioni mafiose ne abbiamo parlato nel primo articolo, mentre nel secondo ci siamo soffermati sull’importanza delle motivazioni di un provvedimento amministrativo.
Pare che la normativa sullo scioglimento dei Comuni, (risparmio ai lettori tutte le precisazioni), non contrasti con la Costituzione. Il TAR del Lazio sollevò più di un dubbio sulla legittimità costituzionale della Norma, ma la Consulta dichiarò con la sentenza n. 103 del 1993 che erano manifestamente inammissibili le questioni di legittimità costituzionali concernenti
“l’art. 15- bis della legge 19 marzo 1990, n. 55 (Nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosità sociale), introdotto dall’art. 1 del decreto-legge 31 maggio 1991, n. 164 (Misure urgenti per lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali e degli organi di altri enti locali, conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso), convertito con modificazioni dalla legge 22 luglio 1991, n.221, sollevate … dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, in riferimento agli artt. 48, 51 e 125 della Costituzione;
e dichiarava non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art.15-bis sopraindicato, sollevate con la stessa ordinanza in riferimento agli artt. 3, 5, 24, 97, 113 e 128 della Costituzione”.
Come tradurre alla generalità dei lettori, con parole semplici, la disputa sulla legittimità costituzionale della legge contro le infiltrazioni mafiose nei comuni è parecchio difficile.
Speriamo di essere all’altezza di tale gravoso compito e farmi perdonare da quelli che con le leggi ci lavorano per professione.
Intanto occorre dire che la legge fondamentale dello Stato è la Costituzione e tutte le leggi che il Parlamento approva non possono essere in contrasto con la Carta Costituzionale.
A sollevare dubbi di costituzionalità di una determinata norma legislativa può essere un’Autorità Giudiziaria in via incidentale (nel corso di un processo), lo Stato, le Regioni o le Provincie Autonome di Trento e Bolzano.
La Corte Costituzionale è formata da Giudici, eletti dal Parlamento, che in sessione plenaria (tutt’assieme) si pronunciano sulle eccezioni di costituzionalità delle leggi.
Le decisioni della Consulta sono inappellabili.
Su retribuzioni e privilegi di questi giudici se ne discute parecchio. Guadagnano, anche loro, più del Presidente della Repubblica. Ma questo non c’entra.
Ma, andiamo al motivo del contendere.
Con un ricorso al TAR del Lazio, nel lontano 1992, gli avvocati di due amministratori del Comune di Trabia (PA) sciolti per mafia, (semplificazione necessaria), sostennero che la legge presentava parecchi dubbi di costituzionalità. Il TAR del Lazio ritenne fondati questi dubbi e trasmise alla Consulta la questione per il giudizio di costituzionalità. Quali erano questi dubbi?
a) consente di attribuire rilevanza a “collegamenti indiretti” di taluni amministratori con la criminalità organizzata;
b) prevede lo scioglimento dell’intero organo elettivo anche in presenza di collegamenti – nel senso detto – riguardanti soltanto alcuni amministratori;
c) stabilisce il permanere degli effetti dello scioglimento per un periodo da dodici a diciotto mesi.
“L’apprezzamento della sussistenza di collegamenti tra l’organo elettivo e la criminalità organizzata viene ad essere affidato a valutazioni, di consistenza inferiore anche a quella richiesta per gli elementi indiziari, che non consentono un adeguato controllo in sede giurisdizionale; di qui il dubbio di conformità ai principi di ragionevolezza (art. 3 della Costituzione) e di buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 della Costituzione), sia nel raffronto con le altre norme sopra indicate, meno “afflittive” – in quanto limitate al singolo amministratore – e tuttavia ancorate a presupposti maggiormente verificabili, sia per le insufficienti garanzie di obiettività e coerenza rispetto alla finalità della norma”.
Il Ricorso del TAR del Lazio si soffermò su altre considerazioni che per brevità sorvoliamo.
Grossolanamente. In buona sostanza per la norma così com’è, si può sciogliere un comune per valutazioni anche se non ci sono fatti concreti e non contrasta con la Costituzione.
Insomma, non si può lasciare alla opinione maturata dal Prefetto su un determinato Comune lo scioglimento per mafia.
L’Avvocatura dello Stato sostenne che era un atto amministrativo e di natura politica. Insomma era la Ragion di Stato a dovere prevalere sull’antistato.
“Del resto – conclude l’Avvocatura – se autorevoli opinioni attribuiscono natura di atto politico allo scioglimento di consigli comunali e provinciali per motivi di ordine pubblico già previsto dall’art. 323 del T.U. n. 148 del 1915 e ora ridisciplinato dall’art. 39 della legge n. 142 del 1990, a maggior ragione tale natura va riconosciuta al decreto emanato in base alla norma denunziata”.
La Corte Costituzionale dopo avere spiegato punto per punto perché la legislazione, di cui abbiamo parlato prima, era costituzionalmente legittima mise l’accento su alcuni punti:
“… che in questo particolare tipo di atti si debba adeguatamente dar conto della sussistenza dei presupposti di fatto, del nesso logico fra questi e le determinazioni che, muovendo da essi, vengono adottate, della congruità dei sacrifici operati in relazione alle finalità da perseguire”.
… “Ad escludere che la norma, intesa in modo conforme alla sua struttura complessiva ed agli scopi che si propone, possa dar luogo ad interpretazioni tali da dar corpo ai sollevati dubbi di costituzionalità relativamente ai parametri invocati, soccorre d’altronde il significato che ad essa è stato attribuito dalla circolare esplicativa (n. 7102 M/6 del 25 giugno 1991) del Ministero dell’Interno, sul punto dei presupposti che debbono sorreggere i provvedimenti di scioglimento. In tale circolare si afferma che dagli “elementi” oggetto di valutazione debba emergere “chiaramente il determinarsi di uno stato di fatto nel quale il pro cedimento di formazione della volontà degli amministratori subisca alterazioni per effetto dell’interferenza di fattori, esterni al quadro degli interessi locali, riconducibili alla criminalità organizzata”.
“Vi è dunque la piena consapevolezza, da parte dell’autorità che deve applicare la norma, che questa renda possibile lo straordinario potere di scioglimento solo in presenza di situazioni di fatto evidenti e quindi necessariamente suffragate da obiettive risultanze che rendano attendibili le ipotesi di collusioni anche indirette degli organi elettivi con la criminalità organizzata, sì da rendere pregiudizievole per i legittimi interessi delle comunità locali il permanere di quegli organi alla guida degli enti esponenziali di esse”.
La Corte Costituzionale esaminò nel dettaglio tutti i dubbi sollevati e dichiarò manifestamente inammissibili le questioni di legittimità costituzionale ….
Il dibattito politico e giuridico a quasi trent’anni dai fatti di Taurianova, si è cristallizzato essenzialmente su alcuni punti:
1) Le responsabilità dell’apparato burocratico di un Comune;
2) I collegamenti concreti degli Amministratori con la mafia e le decisioni assunte;
3) La mala gestio (cattiva gestione) in presenza di collegamenti, infiltrazioni o condizionamenti della criminalità organizzata;
4) l’impossibilità degli Amministratori di potere obiettare, e replicare preventivamente allo scioglimento degli organi elettivi.
Concludendo le premesse, e non tediando più chi ci ha seguito sin qui, possiamo dire che è lo Stato che prevale sull’antistato.
Che alla luce dei fatti di Taurianova, bene fece il legislatore a reprimere sul nascere qualsiasi possibilità di infiltrazione, collegamento o influenza mafiosa. Che, però, come ha recentemente stabilito il TAR del Lazio, “lo scioglimento del Comune per infiltrazione mafiosa deve essere posto in essere solo laddove l’influenza della criminalità organizzata sugli organi elettivi dell’amministrazione locale sia fondatamente e univocamente percepibile, sulla base di dati fattuali e concreti, risolvendosi altrimenti l’applicazione della norma in un’inammissibile ingerenza dello Stato nei governi locali”.
“Si ribadisce, inoltre, l’irrilevanza dei casi di cattiva gestione amministrativa, in carenza di prove dei collegamenti mafiosi”.
Io che vivo a Mezzojuso e che ho servito la mia Comunità per tantissimi anni, ne conosco pregi e difetti, non mi arrendo alle ingiustizie, ai pregiudizi e soprattutto ai luoghi comuni. So cos’è la mafia. E ad occhio e croce nella Relazione del Prefetto c’è solo fumus boni juris.
Da una lettura sommaria mi sovviene un detto siciliano: “parenti di me parenti ca a mia un mi veni nenti” (parente di un mio parente che a me non mi viene niente).
Quando ieri sera ho finito di stampare la Relazione del Prefetto fui preso da una risata compulsiva.
Ci siamo meritati, noi di Mezzojuso, un supplemento della Gazzetta Ufficiale di centinaia di pagine. Pensavo da un lato agli avvocati degli ex amministratori che dovranno scrivere, imprecando, il corposo ricorso, e dall’altro il TAR del Lazio che dovrà pronunziarsi su detto ricorso che sicuramente sarà di altrettante centinaia di pagine.
Il ricorso potrebbe iniziare così: Embè! Aria fritta! Fumus boni juris! …. E con linguaggio da strada …. Lasciamo perdere. Continuai a ridere per tutta la sera.
Voglio tranquillizzare i miei concittadini di Mezzojuso che lo scioglimento del Consiglio Comunale è solo un atto amministrativo. Ci hanno scippato la Democrazia ma lotteremo per ridare prestigio ed onore alla nostra grande Comunità.
Mi candido a scrivere la premessa per il ricorso al TAR del Lazio dal titolo: Il contesto democratico e solidale del Comune di Mezzojuso.
MA MEZZOJUSO (è) COME TAURIANOVA?
LA STORIA DEMOCRATICA DI MEZZOJUSO CI FA DIRE: NO! E POI ANCORA NO!
… e diremo perché. Con cognizione di causa.
Mezzojuso, 31 gennaio 2020