Francesco Erspamer

Sociopatici e liberismo

Perché da qualche parte in America, ormai ogni giorno, un sociopatico entra in un bar o in un ufficio e ammazza una decina di persone che non conosce, prima di spararsi? (Poche ore fa a Los Angeles: andate in vacanza o a studiare l’inglese da qualche altra parte, ve lo consiglio). Non solo perché la lobby delle armi paga il partito repubblicano per bloccare, non dico qualche restrizione ma qualsiasi controllo di pistole e fucili automatici; e non solo perché gli Stati Uniti sono un paese che esalta l’individualismo e dunque il diritto di armarsi e difendersi da pericoli reali o presunti: sono entrambe condizioni che esistono da decenni ma le stragi sono diventate quotidiane solo da pochi anni. La ragione è che il neocapitalismo ha finalmente completato la rottamazione di strutture sociali e morali che erano state faticosamente costruite in millenni di civiltà; molte di esse imperfette, alcune sbagliate, ma che andavano corrette gradualmente e collettivamente, non eliminate di colpo per dare mano libera a una piccola casta di speculatori che infatti si è oscenamente arricchita approfittando di quel vuoto di regole (la deregulation celebrata dai liberisti e dai globalisti).

I vincenti sono generalmente dei sociopatici anche loro, morbosamente egocentrici e incapaci di vera empatia, altrimenti non diventerebbero mai dei milionari bisognosi di ostentare lusso e privilegi, di certo non dei miliardari, con molti più soldi di quanto ne possano mai spendere e tuttavia determinati ad accumularne di più, a qualsiasi costo. Non hanno mai veri meriti: le circostanze e il caso li favoriscono così come penalizzano altre persone, meno brillanti, più fragili, che magari avrebbero prosperato in altri tempi o ambienti ma che non sanno adattarsi alle nuove circostanze e crollano. Buona parte degli economisti e tutti i fanatici delle nuove tecnologie lo ammettono apertamente, con il tipico cinismo di chi non ha dubbi di possedere una verità assoluta: il progresso lascerà tanti indietro, peggio per loro.

Peggio per noi tutti perché si stanno ribellando, istericamente, violentemente. Per millenni lo scopo della civiltà è stato assorbire e ridistribuire gli eccessi, proteggere i disadattati o almeno renderli innocui. A che altro pensate che servissero la famiglia, le abitudini e i riti comuni (mangiare insieme gli stessi cibi, che in America non si fa più), i simboli e gli ideali e persino i pregiudizi? A opprimere il popolo, come vi hanno detto e dicono i radicali e i liberal per consentire la privatizzazione dei sistemi pubblici? Le regole e le istituzioni hanno sempre aiutato i più deboli costruendo identità collettive che li includessero e che limitassero i cambiamenti improvvisi; ai forti e agli stronzi fa invece comodo l’anarchia, il permissivismo, la libertà di prevalere sugli altri. L’America è la patria di quella libertà: oggi un 10% di vincenti si sta prendendo tutto, anche le risorse accumulate in passato: lucrano sulla disgregazione sociale, sulla mobilità, creando decine di milioni di poveri e milioni di squilibrati, abbandonati a sé stessi, isolati, privi di dignità, speranza e di qualsiasi possibilità di dare senso alla propria vita. Inevitabile che ogni giorno qualcuno arrivi a un punto di rottura. Né bastano le immense carceri, più grandi dei lager nazisti e dei gulag staliniani: sono troppi, e una soluzione finale (a cui certamente qualche tecnocrate sta pensando) non è ancora proponibile e probabilmente non sarebbe efficace. Per cui se ne fregano: i loro media fanno finta di niente, la gente si abitua, si consola con più pornografia, più anfetamine e soprattutto più consumismo, tutto acquistato online, in solitudine, in modo da poter far finta che il mondo sia quello che appare sullo schermo.

Volete questo anche in Italia? È l’americanizzazione che per decenni hanno strenuamente perseguito berlusconiani e piddini, i nostri vincenti, più le loro stampelle. Non è un destino, non ancora. Ma non basta stare a guardare.