Antonino Schillizzi

La satira e la critica politica a Mezzojuso

Bisogna stare attenti a fare satira politica a Mezzojuso. Non porta bene.
Certo parlare di satira politica, in un Comune sciolto per possibile permeabilità a cosa nostra, ci fa riflettere e parrebbe un controsenso. Addirittura il nostro livello culturale e democratico è tale che ci consente anche la satira politica.
Naturalmente i destinatari sono furibondi, mentre gli altri ridono a crepapelle. E, altri ancora, prendono per serio, ciò che serio non è. Del resto siamo a carnevale … e ogni scherzo vale.
Per quanto ne sappia io, tre sono i casi di satira politica a Mezzojuso scritti e documentati e si collocano: il primo a fine 1800, l’altro alla fine del ventesimo secolo, e infine quelli che recentemente ci ha offerto Nicolò Sergio Gebbia su Themis&Metis di cui è autore come me.

GLI ÉFORI A FINE OTTOCENTO
“La stampa, nei piccoli centri come il nostro, dove non esistevano fogli locali anche di modesta portata, aveva i suoi rappresentanti nei corrispondenti dei quotidiani cittadini.
In Palermo, nell’ultimo decennio del secolo scorso, (1800), oltre al “Giornale di Sicilia” che come è noto continua la sua pubblicazione da oltre un secolo, si pubblicava il quotidiano “Corriere dell’Isola” che aveva anch’esso larga diffusione e notevole risonanza.
Corrispondente del primo per Mezzojuso era l’ing. Giovanni Schirò e del secondo per alcuni anni, il notaro Giovanni Masi che si firmava “Magi” dalle sillabe iniziali del suo cognome e nome”.
Inizia così il capitolo denominato “Gli Éfori” del libro “Mezzojuso nel ricordo delle vestigia antiche” Palermo – Tumminelli Editore – 1972 di Ignazio Gattuso.
Il “Corriere dell’Isola” ospitava la rubrica denominata “Gli Éfori” che: “Essi, a somiglianza dei magistrati spartani, dai quali avevano preso il nome, svolgevano una critica generalmente aspra nei confronti degli amministratori comunali, specie del sindaco e sull’andamento dell’amministrazione comunale”.
L’Amministrazione comunale del periodo 1890\1895 vedeva una opposizione colta e attenta, lo ricaviamo dal libro sopra citato di Ignazio Gattuso, (storico locale con 13 pubblicazioni che riguardano la storia, l’economia e le tradizioni di Mezzojuso).
Gli articoli pubblicati dove “si faceva evidente foggio di erudizione”, “hanno intonazione tribunizia, non disgiunta da accenti patetici ed espressioni romantiche, con uno stile retorico e fiorito proprio dell’epoca”.
Satira, denuncia, controllo democratico, opposizione… 130 anni fa.
Quel che sappiamo è che nel 1895 alle elezioni comunali di Mezzojuso, quella che era opposizione diventò maggioranza, e quella che era maggioranza andò all’opposizione.
Altra cosa che sappiamo è che il 10 ottobre del 1892 nella piazza principale di Mezzojuso, (attuale Piazza Umberto I), venne ucciso dalla mafia, a colpi di lupara, il consigliere di opposizione Francesco Gebbia di professione Consulente Legale.

I DIECI PICCOLI INDIANI
Oggetto della satira di alcuni fogli stampati alla buona e, di qualcosa apparsa sul WEB, furono il sindaco Francesco Nuccio e la sua Giunta comunale a cavallo degli anni duemila.
I buontemponi, chiamiamoli così, si divertirono ad affibbiare soprannomi a sindaco ed assessori e a descriverne goffaggini e ad esaltarne in negativo i loro caratteri.
“Torsolo di broccolo”, “coniglio bagnato”, “vecchio svergognato, “gallina che ride”, “raggio di mula”
“penna rossa” e altri riempirono le cronache di “Borgo Virtorio” (Mezzojuso).
Di seguito uno degli articoli:
“Licantropo a Borgo Virtorio”
Anche la scorsa notte il misterioso cane di bancata mannaro ha fatto la sua sortita per le vie del Borgo. Come i più attenti avranno notato, il suddetto animale non esce dalla sua tana segreta solo con la luna piena ma in qualsiasi notte del mese. La cosa, tanto per cambiare, ha stupito gli esperti locali di licantropia e di infestazioni parassitarie, che si sono riuniti in una seduta speciale del Centro Studi Sul Normale e Paranormale, “Lucciolae et Lanternae”, iniziando un seminario intitolato: “Mutamenti comportamentali dei licantropi e sue conseguenze sul territorio tra morte, vita e miracoli.” Ha contribuito alla discussione con notevole coinvolgimento il famoso cacciatore di licantropi, Coltello che non taglia, giunto finalmente a Borgo Virtorio dopo un lungo viaggio. “Da quello che ne sappiamo,” ha detto Coltello che non taglia, “dovrebbe trattarsi di un esemplare maschio. La sua avversione per le piume indiane è alquanto strana, da quel che ne so la presenza indiana in queste zone è più che pacifica.” Pochi posti più a destra il Magnifico Podestà Torsolo di Broccolo ha bofonchiato tossendo qualcosa che non siamo riusciti a comprendere, al suo fianco l’assessore Gallina che ride annuiva energicamente e con sorriso sarcastico. “Vorrei tranquillizzare la cittadinanza,” ha proseguito Coltello che non taglia, “dicendovi che sono fiducioso sul fatto che cattureremo questo animale…” Il seminario è proseguito a lungo anche con gustosi interventi e siparietti dell’indiano onorario Alce Stitica. Le conclusioni a cui ha portato questo incontro fanno ben sperare per il futuro.
Piuma Nera
Il tutto finì quando volò qualche “timpulata” (ceffone).

LA SATIRA DEL GENERALE GEBBIA
La satira di Sergio Gebbia è quanto di più pesante ci possa essere.
Si tratta di un gioco a cui ha preso gusto ed ha una maggiore efficacia in quanto proveniente da un altissimo ufficiale dell’Arma dei Carabinieri. Egli, figlio di un generale dell’Esercito Italiano, (eroe della guerra contro i nazifascisti) e di una nobile donna a cui competeva il titolo di principessa, si può permettere di guardare dall’alto in basso quasi tutti, perché è anche molto colto.
Mi risulta che faccia disperare sua madre, che all’età di novantasei (96) anni, lo supplica, “FALLO PER ME, lascialo stare GILETTI”. Sua “MAMMA” lo ha minacciato di cambiare serratura e fargli trovare la porta chiusa la prossima volta che ritorna a Palermo.
Nell’unica volta che incontrai la “principessa” tenne a farmi sapere che aveva due (2) lauree (una in giurisprudenza e una in lingue e letteratura inglese, insegnante di liceo classico ecc. ecc. e che nella sua casa c’erano 2 generali ma il vero generale era LEI.
Per il comandante della Stazione dei Carabinieri il Maresciallo Pietro Saviano, Sergio Gebbia nutre una avversione dovuta alla brutta figura che il Maresciallo gli fece fare con il suo primo amore, sua cugina Eloisa Princiotta. E il primo amore non si scorda mai.
Il nonno di Eloisa Princiotta era il dottore Santi Di Marco, il fascista della prima ora per antonomasia. Il Generale Gebbia racconta che Eloisa Princiotta rassettando la casa del nonno materno abbia rinvenuto una pistola. La prima cosa che fece fu di telefonare a suo cugino Sergio per chiedere consiglio, il quale le disse di portarla subito alla Caserma dei Carabinieri di Mezzojuso. E così fece.
Il Maresciallo Saviano, redatto il necessario verbale, si portò con altri carabinieri nella casa che fu del dottore Di Marco per una perquisizione – “assolutamente non rituale”- dice Gebbia .
I carabinieri scoprirono due “Pugnali dei moschettieri del Duce” con l’impugnatura smaltata e procedettero al relativo sequestro.
Sul valore economico dei pugnali non vi è concordanza di vedute. Cinquemila euro, se cadauno o di tutti e due, non si sa.
A Luisa, come la chiamiamo noi di Mezzojuso, nonostante suo zio era il Generale Carlo Casarico e suo cugino il generale Nicolò Sergio Gebbia entrambi dei Carabinieri, i pugnali non vennero mai restituiti.
Tralascio tutti quelli che sono stati o sono ancora oggi oggetto della sua, pesante(?), pesante(!), satira, ci dilungheremmo a non finire.
Nicolò Sergio Gebbia ha ricoperto diversi incarichi operativi, anche all’estero in teatri di guerra. Mi sembra di avere capito che non è uomo di mezze misure, e, viene definito “uomo fuori dai ranghi” che … “incarna gli ideali del nuovo umanesimo militare”.
Ha tanti difetti e molti pregi.
In privato mi sono sforzato di dargli qualche consiglio, mi dice che li terrà in considerazione …
Come non detto! Punto e a capo.
Gebbia, si definisce uno “sbirro di campagna”, se del contadino si dice “scarpe grosse e cervello fino”, figuriamoci uno come lui… Dei quattro smartphone che maneggia, ogni tanto quando ci incontriamo mi capita di fargli le battute, … allora questo e quello tuo personale, questo è dell’AISI, quest’altro è dell’AISE e il quarto …
A parlare dei suoi difetti sono in molti, i dispregiativi usati nei suoi confronti sono tanti, e io posso parlare pubblicamente solo dei suoi pregi, … che sono pure tanti.

Per ritornare alla satira politica, consiglio al Generale Gebbia, visto che chi ha scritto la Relazione pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del Prefetto di Palermo trasmessa al Ministro dell’Interno avente per oggetto: Comune di Mezzojuso (PA) – Relazione ai sensi dell’art. 143 del T.U.E.L., ad esito dell’accesso ispettivo. (Supplemento ordinario n. 7 alla GAZZETTA UFFICIALE – Serie generale – n. 24 del 30 – 1 – 2020), non è in grado di distinguere cosa è serio e cosa è satira, di trovare il modo, di fare capire “urbi et orbi” “quannu babbìa”, (quando scherza) e quando scrive seriamente.
Concludendo sulla satira politica a Mezzojuso.
130 anni fa, in mezzo ci scappò il morto, (Francesco Gebbia), 20 anni fa volò qualche ceffone, speriamo che adesso possa finire a tarallucci e vino. Ne abbiamo molto bisogno.
Anche perché la ragione e il torto non stanno, mai, tutte dalla stessa parte.

 

 

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