Francesca Scoleri

Potere Legislativo al Servizio del Crimine Organizzato

Al primo convegno organizzato da Themis&Metis in collaborazione col M5S di Bergamo, l’illustre magistrato Giuseppe Lombardo, si chiedeva pacatamente, in materia di lotta alla mafia: “da che parte sta esattamente lo Stato?”

Una domanda che può risuonare inopportuna, in altri Paesi però, non in Italia.

Qui è più che pertinente, soprattutto se formulata da un uomo appartenente alla categoria più massacrata dal potere legislativo negli ultimi 20 anni : i magistrati

La domanda è più che opportuna, e per rendersene conto, è sufficiente fare il punto sulle alcune leggi che dovevano essere forti e decise contro la criminalità, sia quella mafiosa militare, che quella dei cosiddetti colletti bianchi.

Eccoci dunque:

La legge sul voto di scambio politico-mafioso, rende impossibile la ricerca della prova dello scambio

La legge sulla concussione rende impossibile la ricerca della prova della concussione

La legge sull’auto riciclaggio di denaro sporco rende impossibile la punibilità di chi compie il riciclaggio

La legge che dovrebbe punire chi evade e froda, concede la possibilità di evadere e frodare entro limiti che per alcune realtà aziendali, si traducono in svariati milioni di euro

La legge sul falso in bilancio continua a garantire l’impunità a chi trucca i conti

L’abuso d’ufficio, il reato che apre le porte alla corruzione è stato depenalizzato

La legge che dovrebbe contrastare la corruzione, non garantisce l’esito più ovvio per chi si appropria delle risorse della collettività e cioè il carcere e la restituzione dei beni rubati.

In un momento storico che ha superato la tangentopoli degli anni 90 per scandali di illeciti, sopratutto in appalti pubblici, la preoccupazione della politica è ridurre l’uso delle intercettazioni che questi scandali fanno emergere o trovare nuove occasioni di sanzioni per i magistrati, oltre al discredito nel quale vengono gettati quotidianamente.

Negli altri Paese, chi ricopre incarichi pubblici, si dimette per comportamenti penalmente o moralmente rilevanti, da noi invece, si aspetta più o meno serenamente il terzo grado di giudizio mentre l’iter giudiziario dell’inquisito, viene spesso alterato dalla legislatura. Noto il caso Ruby; l’imputato Silvio Berlusconi si vide cambiar il capo d’imputazione durante il processo grazie all’intervento della legge Severino. Un cambiamento di rotta che lo portò dritto all’assoluzione.

Ovviamente la legge interviene per questi pezzi da novanta nel panorama del potere, non per tutti i cittadini. Aberrante. Stato di diritto ridotto a lumicino.

Queste sono le riflessioni che inducono alla domanda “da che parte sta realmente lo Stato?”

La risposta mi sembra ovvia e scontata. Le istituzioni sono in ostaggio dal sistema di potere illecito costituito da mafiosi, imprenditori e politici e per questa ragione, sono al servizio degli interessi di questi soggetti. Questo il perché di queste leggi ingarbugliate, complicate, interpretabili a seconda di questo o quel punto di vista.

Questo è il muro di gomma che impedisce l’allineamento dell’Italia con altre democrazie realmente evolute e civilizzate.

Basta pensare che in quelle democrazie evolute, la denuncia di un fatto criminale rappresenta un vanto,un valore civico importante i cui benefici ricadono anche sull’economia. Un esempio, grazie alle segnalazioni dei WHISTLEBLOWER, ( persone che denunciano fatti di corruzione in totale anonimato , gli Stati Uniti hanno recuperato più di 27 miliardi in 25 anni.

In Italia invece, denunciare fatti di corruzione o di abusi di potere, fa finire in un turbine punitivo al quale consegue l’isolamento.

La legislatura, inutile dirlo, non ha mai ritenuto di intervenire.

Da noi, denunciare comportamenti disonesti, non conviene; chiunque abbia provato a farlo, ha dovuto concludere che “farsi i fatti propri” conviene.

D’altronde, dice bene Davigo, l’attuale Presidente dell’ANM: “all’estero ci vuole coraggio a commettere un reato, in Italia ci vuole coraggio per rimanere onesti”

Armiamoci di coraggio dunque.

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