Francesca Scoleri

Nave Diciotti, basta passarelle di ipocrisia. Parliamo di libertà per il popolo africano

Nave Diciotti, passerella di ipocrisia e problemi rimasti irrisolti. Basta viaggi della speranza in attesa di diventare merce da distribuire. Uomini e donne africane lottino per la libertà della propria terra.

A fine agosto, in genere, la passerella più nota ai riflettori è la mostra del cinema di Venezia ma questo fine agosto sarà ricordato per un’altra passerella, quella improvvisata sulla nave Diciotti attraccata nel porto di Catania con a bordo, sino a due giorni fa, 170 anime.

Paparazzi ovunque per fotografare le celebrità che il popolo italiano ha rifiutato con fermezza alla urne; niente abiti da sera, tacchi alti o paillettes ma l’abbigliamento è tutt’altro che sobrio; tute bianche monouso, guanti, mascherine e sotto scarpe tanto che la destinazione, sembrava essere Černobyl’ del post incidente nucleare e non l’avvenuta commedia della pacca sulle spalle agli eritrei a bordo della nave.

Fra le  anime pie della sinistra buonanima, spiccavano Maria Elena Boschi e Laura Boldrini, la prima in fuga permanente dalle vittime del decreto banche popolari , e la seconda, con ancora attaccata al sedere il paracadute del sistema plurinominale  che ce l’ha imposta a busta paga nonostante il rifiuto degli elettori.

La scena è stata occupata da attori talmente bravi a recitare da far ombra ai colleghi hollywoodiani: Davide Faraone, Emanuele Fiano, Gianfranco Micciché, Stefano Fassina e il segretario del Pd Maurizio Martina agguerrito contro il governo con la consueta grinta di un porcellino d’India.

Questo è lo spaccato sul fronte italiano ma anche oltre confine l’aria che si respira è la medesima: sceneggiate, commedie e confusione pilotata. Per dirla alla Marco Travaglio, i capi di Stato esteri “fanno i Salvini a casa propria e i  samaritani a casa nostra“.

Nazioni con frontiere chiuse accusano l’unica con frontiere accessibili, la nostra, di essere egoista, disumana e vomitevole nel porre un problema di arrivi non convenzionali. Da loro o arrivi con carte in regola o sparano ma questa clamorosa incongruenza viene usata per dare addosso al governo Conte.

A questo punto della lettura sarò già tacciata di razzismo e “salvinismo” che è quanto di peggio io possa sentirmi dire ma qui non c’è alcun sostenitore di Salvini men che meno della sua propaganda interminabile sulle spalle di ogni individuo, bianco o nero che sia.

Chi scrive cerca semplicemente di andare oltre i preconcetti politici, ideologici e personali al fine di favorire la centralità della questione in essere –  la gestione dell’immigrazione – in un Paese che ha la malsana abitudine di dare risalto, in modo sistemico e mirato, a spaccati di vicende che allontanano dalla soluzione e alimentano confusione e razzismo.

Osservo con profondo sconforto l’atteggiamento dell’Unione Europea, questa ammucchiata di Stati che nega qualunque forma di umana pietà; in quale modo i crocerossini da salotto del morente Pd, intendono gestire l’afflusso di uomini, donne e bambini dal continente nero senza il sostegno dell’Europa?

Accendiamo i riflettori anche sul momento successivo all’acclamato sbarco, quando tutte quelle persone oggetto d’attenzione e solidarietà a chiacchiere, finiranno ammassate in veri e propri lager e si renderanno conto di cosa si intende per “accoglienza”! Inaccettabile. Schierarsi contro sbarchi continui vuol dire solidarizzare con l’Africa sfruttata, comprata e venduta.

L’auspicio di chi scrive, è che il riscatto parta proprio da loro, dagli uomini e dalle donne d’Africa che troppo hanno sopportato questo stato di cose. Si parla di loro come merce da distribuire ma vengono da una terra colma di ricchezze e semmai fosse partita da li la chiusura delle frontiere, saremmo noi occidentali, oggi, ad elemosinare la cittadinanza presso di loro.

Dovrebbero ritrovare  l’orgoglio di Rosa Parks che nel 1955 in America, col suo rifiuto di cedere il posto sull’autobus ad un bianco che lo pretendeva di diritto, diede uno schiaffo autentico alla segregazione razziale al pari di James Howard Meredith, il ragazzo di colore che scelse coraggiosamente di iscriversi all’Università del Mississippi frequentata, fino ad allora, solo da bianchi e lo fece tra le proteste violente di gente stupida convinta di appartenere ad una razza superiore.

Dovrebbero nutrirsi della storia di Martin Luther King, della sete di giustizia che lui alimentava ad ogni forma di razzismo dimostrata alla sua gente; dovrebbero nutrirsi delle parole che King pronunciò durante la marcia su Washington: …Il negro ancora vive su un’isola di povertà solitaria in un vasto oceano di prosperità materiale; cento anni dopo; il negro langue ancora ai margini della società e si trova esiliato nella sua stessa terra…”

Parole inimitabili: “Questo è il momento di realizzare le promesse della democrazia; questo è il momento di levarsi dall’oscura e desolata valle della segregazione al sentiero radioso della giustizia.; questo è il momento di elevare la nostra nazione dalle sabbie mobili dell’ingiustizia razziale alla solida roccia della fratellanza…”.

L’Africa deve vivere questo amore per l’uguaglianza, deve incarnare la pretesa di libertà da quei cappi al collo che il capitalismo criminale ha posto sulla popolazione più antica del mondo e l’occidente, quella parte di occidente scevra da razzismo, deve contribuire alla rinascita del continente nero.

Nelson Mandela, Pretoria, 10 magio 1994: “L’abbiamo capito ora che non vi è nessuna strada facile per la libertà.
Lo sappiamo bene che nessuno di noi da solo può farcela e avere successo.
Dobbiamo quindi agire insieme come un popolo unito, per la riconciliazione nazionale, per la costruzione della nazione, per la nascita di un nuovo mondo.  Abbiamo, finalmente, raggiunto la nostra emancipazione politica. Ci impegniamo a liberare tutto il nostro popolo dalla schiavitù continua della povertà, della privazione, della sofferenza, della discriminazione di genere e altro…”