Antonino Schillizzi

Mezzojuso, conoscere per capire la verità

Quella delle sorelle Napoli è una vicenda complessa che è difficile da capire se non si hanno le giuste chiavi di lettura. Noi di Mezzojuso siamo una Comunità, per noi che siamo di parte è il posto più bello dell’universo e siamo capaci di fare una guerra contro tutti per difendere il nostro buon nome. Insomma, siamo l’ombelico del mondo.

I parigini presero la Bastiglia nel 1789, noi, nel nostro piccolo, nel 1563, duecento anni prima dei francesi, assaltammo il Castello perché angherie e soprusi non li sopportiamo. (Per chi vuole conoscere l’argomento, si rimanda all’articolo pubblicato su questo sito dal titolo: pillole di storia locale..).

Da cinque secoli abbiamo una classe media, fatta di piccoli proprietari terrieri, artigiani, notai e chierici. Di chierici ne abbiamo avuti talmente tanti che si erano organizzati in due Comunie, una latina e una greca, cooperative ante litteram di sacerdoti.

Delle nostre bellezze artistiche, architettoniche e paesaggistiche non possiamo nemmeno accennarne per mancanza di spazio e di tempo. Ma diciamo soltanto, che dopo Venezia, possediamo il più ricco patrimonio iconografico.

 

Siamo democratici. A Mezzojuso dopo il risultato elettorale delle amministrative piangiamo. Chi di gioia e chi di dolore. Siamo abituati a partecipare, e tutti partecipiamo in modo diretto ad ogni elezione che conta, e per noi conta soprattutto il Comune, perché lo sentiamo e lo vediamo da vicino.

Se mi è consentita l’allegoria, abbiamo aggiunto al contrasto e all’emulazione tra greci e latini, l’impegno a stare da una parte o dall’altra ad ogni rinnovo dell’amministrazione comunale.

Le parentele contano e pesano ma non in modo assoluto, perché la nostra storia è piena di dissidi familiari per questioni elettorali, ed si rinnovano ad ogni elezione amministrativa.

 

Siamo solidali. Nel 1990 accogliemmo ottantadue albanesi fuggiti dalla dittatura comunista. Comune, parrocchie, istituti religiosi, associazioni culturali e ricreative, tutto il nostro tessuto sociale si prodigò nel dare una sistemazione ai rifugiati, e tutto ciò senza i (ghiotti) contributi governativi di oggi. E potremmo aggiungere tanti altri esempi di solidarietà e accoglienza.

 

Protagonisti del Risorgimento. La fallita impresa di Carlo Pisacane  viene ricordata per la poesia “La spigolatrice di Sapri” … Eran trecento erano giovani e forti e sono morti…  Altrettanti miei compaesani parteciparono alla rivoluzione antiborbonica di Palermo del 1848 con in testa Salvatore Maddi , che fu ucciso assieme ad altri, mentre numerosi altri ancora furono incatenati e condannati ai lavori forzati.

I Dottori Dario Battaglia, Rosario Schirò e Rosario Gebbia di Mezzojuso prestarono assistenza medica  a tutti i feriti in un ospedale da campo da loro stessi allestito.

Mezzojuso, in quegli anni, dai rapporti di Polizia, era considerato, a ragione, un covo di Carbonari.

Lo stesso Francesco Bentivegna, martire del Risorgimento, nativo ed abitante a Corleone, catturato a Palermo, venne appositamente fucilato davanti all’odierno municipio di Mezzojuso per dare un ammonimento ai carbonari locali.

Michelangelo Barone di Mezzojuso è una delle 13 vittime del 1860 , ricordata nell’omonima piazza cittadina Quando poi sbarca Garibaldi, Mezzojuso fornisce uomini e mezzi.

 

Siamo colti. La categoria di lavoratori di Mezzojuso più numerosa, a tempo pieno, è quella degli operatori scolastici. Non c’è famiglia che non abbia almeno un insegnante. Vi sono interi nuclei familiari in cui tutti i componenti insegnano a scuola. Maestri ed insegnanti di lettere sono talmente tanti che li esportiamo in tutta la penisola. Un vecchio detto recita: allevatori a Cefalà, artigiani a Villafrati, professori  a Mezzojuso.

 

Eppure tutta l’Italia è ora convinta che noi di Mezzojuso siamo omertosi, arretrati, mafiosi. Odiati dal popolo dei social, che di noi non sa niente e purtroppo non vorrà saperne niente, desideriamo fare comunque, di seguito, alcune considerazioni per i pochi che avranno la voglia e la pazienza di leggerci.

Ho detto più volte che nella vicenda delle Sorelle Napoli abbiamo sbagliato tutti, e quindi anche noi di Mezzojuso; registi, attori protagonisti e non, sceneggiatori, produttori, autori, sicurezza, microfonisti, truccatori, spettatori e non, tutti quelli che in un modo o nell’altro si sono interessati o non interessati alla questione in argomento a partire dalla prima puntata della trasmissione Non è l’Arena de La7 condotta da Massimo Giletti.

Debbo confessare che nel tempo che sono stato in trasmissione, alla mia sinistra sentivo una grande sofferenza, tanta tenerezza. Noi siciliani diciamo piatusi, (pietosi) ma il termine ha una accezione più larga. Commentando con Salvatore Giardina mi confessò: pure a me.

“Anna da piccola era abbonazzata”, (bonacciona) mi disse mia moglie qualche tempo fa. Del suo ricordo mi fido.

Acide, false, cattive, maligne, antipatiche, asociali. I dispregiativi che corrono sono innumerevoli. Ciò non può che dispiacerci. Mezzojuso ha parlato con le Sorelle (uso la maiuscola volutamente) per televisione; se prima c’era un fosso adesso si è creato un baratro.

Di chi è la colpa? Di Giletti dice la gente di Mezzojuso; dei caproni di Mezzojuso dicono le Sorelle Napoli; dei mafiosi di Mezzojuso dice il resto dell’Italia. Io ho preso subito a cuore queste donne e non li abbandonerò dice Massimo Giletti. Vedremo.

 

La trasmissione dalla piazza principale di Mezzojuso pare che non sia andata bene per lo share, si è sfiorata la rissa, ed è quanto dire. Poteva andare peggio. Si! Poteva andare peggio, in tutti i sensi.

Immaginiamo per un attimo che il Sindaco avesse deciso di non andare in trasmissione, non ci sarebbe stato il pubblico, non ci sarebbe stata nessuna attrattiva a vedere la puntata da parte degli spettatori televisivi. Del resto ebbi a dire a Danilo Lupo: ma chi vuoi che ci sia la domenica in tarda serata nella piazza di Mezzojuso? Nemmeno a piazza Navona, domenica sera d’inverno, trovi qualcuno. Credetemi, la mafia non c’entra un  bel nulla!

Anche perché noi di Mezzojuso veniamo da una storia in cui la mafia, al massimo, è un odore sgradevole. Per quello che mi è dato sapere, a Mezzojuso, non è mai esistita l’ala stragista, tuttavia annacamenti (ondeggiamenti, un modo di camminare) e ragionamenti fanno parte di una subcultura minoritaria che in qualche modo ancora esiste e resiste.

Durante una pausa pubblicitaria della trasmissione di domenica sera a Mezzojuso, il giornalista Palazzolo mi ribadì quello che aveva detto in trasmissione: il tesoro dei La Barbera non è mai stato trovato, perché? Come mai?

Non gli risposi.

Mio padre non era un uomo di grandissima cultura, però leggeva ogni giorno La Repubblica. L’editoriale domenicale di Eugenio Scalfari era, per lui, un appuntamento imperdibile, e mi chiedeva a pranzo se l’avevo letto, tanto per parlare con me.

Articoli di grande respiro, editoriali interessantissimi, giornalismo di altri tempi.

Non me ne voglia Palazzolo, ma credo che lui faccia riferimento ai La Barbera, famiglia mafiosa degli anni ’60 di Palermo che non hanno niente a che fare con i La Barbera di Mezzojuso. Semplice omonimia, un abbaglio giornalistico.

Giova ricordare che il cognome La Barbera è il più diffuso di Mezzojuso e le categorie sociali sono molteplici: allevatori, artigiani, avvocati, insegnanti, medici ecc.

 

Nel mio intervento in trasmissione non dovevo dire che il Sindaco non sa comunicare, mi pento di averlo detto. Dovevo entrare in studio con Pietrangelo Buttafuoco e invece mi hanno introdotto alla fine. Ho fatto quello che ho potuto fare.

Tante altre considerazioni avrei da fare, da non finire più.

Certo, la trasmissione di domenica poteva andare diversamente. Personalmente ho sperato che si svolgesse secondo un copione condiviso dal Conduttore e dal Sindaco, secondo me non si sono fidati l’uno dell’altro ed è andata in scena una resa dei conti in cui tutti siamo usciti con le ossa rotte.

Massimo Giletti forte della sua esperienza e della sua bravura ha fatto una sottovalutazione del Sindaco Giardina, e non ha nemmeno considerato che potesse avere un pubblico totalmente, o quasi, ostile. Del resto il piano di sicurezza prevedeva un pubblico di massimo 630 persone, da fuori dovevano arrivare i sostenitori, che aggiunti a quelli di Mezzojuso, dovevano costituire la maggioranza a sostegno delle Sorelle Napoli. Niente di tutto questo.

Ma chi era quel pubblico? La pancia di Mezzojuso! Che applaude l’imprenditore palermitano Andrea Piraino che si ribella alla mafia del pizzo e caccia gli estorsori, e contesta le Sorelle Napoli.

La partecipazione di Salvatore Giardina al funerale di Nicola La Barbera vietato in forma pubblica della Questura assume una valenza pirandelliana. Il Conduttore Giletti chiede al Sindaco Giardina come mai partecipò a quel funerale vietato dalla Questura ed il Sindaco rispose che essendo cristiano lui partecipava e partecipa a tutti i funerali. Apriti cielo.

La trasmissione a questo punto diventa incandescente e finirà con l’abbandono dello studio da parte del Sindaco. Cosa c’entra Pirandello? Salvatore Giardina al funerale di Don Cola non ci andò.

 

 

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