Tredici anni, poco più di una bambina. Violentata per mesi da un branco di otto giovani, tra cui un minorenne.
Anna (nome di fantasia, ndr) aveva raccontato l’accaduto solo alla cugina. Ma l’omertà, a Melito Porto Salvo, in provincia di Reggio Calabria, dove questa incredibile storia è avvenuta, è legge. Nessuno, dunque, sapeva. Non i genitori, con i quali Anna era “arrabbiata”, come dice lei stessa, perché se tua figlia sta vivendo un periodo difficile dovresti accorgertene.
A salvare Anna è stato un tema scolastico, sul rapporto con i genitori. Tema nel quale la ragazzina, evidentemente esausta di essere sottoposta ad atti di violenza, ha raccontato tutto. La cosa incresciosa è che la madre, trovando la brutta copia di quel tema, dopo averle detto “che belle cose hai scritto”, si è rifiutata di sporgere denuncia, per non gettare fango sulla stessa ragazzina e sulla famiglia.
Una storia di degrado mentale, culturale e sentimentale. Una storia d’illegalità, di omertà, di sofferenze atroci inflitte ad una bambina, a causa di una mentalità gretta che ha tutto l’odore marcio della ’ndrangheta. E dell’omertà che ne deriva. Mentalità da mala vita, quella che regna in Calabria, nella maggior parte dei paesi, almeno. Una di quelle storie che, come rarissimamente accade, mi fa vergognare delle mie origini.
Anna, ora, è uscita da quella trappola infernale in cui era stata rintanata dalla superficialità e dalla grettezza dei genitori. A salvarla, è stata la scuola, il Liceo delle Scienze Umane e Linguistiche di Reggio Calabria.
Le 133 pagine dell’ordinanza, firmata dal gip di Reggio Calabria, Barbara Bennato, evidenziano il clima di omertà diffuso che ha circondato questa storia. “ La ragazzina si era sentita sola – scrive il gip – senza alcuna protezione e, pur sopraffatta dalla rabbia per l’abbandono dei genitori, si era trovata nelle condizioni di dover subire in silenzio un penoso rosario di violenze, atteggiamento paradossalmente impostole a protezione dell’incolumità degli stessi genitori, distratti ed inadeguatamente interessati alla sua crescita evolutiva”.
La buona notizia è che gli otto giovani del luogo, colpevoli dell’inferno inferto ad Anna, sono stati tutti arrestati. Tra loro, guarda un po’ il caso, anche Giovanni Iamonte, figlio di Remigio, capo dell’omonima famiglia di ‘ndrangheta.
Il dato drammatico è che, con ogni probabilità, questa ragazzina non potrà mai riprendersi del tutto dal supplizio inflittole per mesi. Si tratta di ferite che non si rimarginano facilmente, soprattutto se subite durante un’età delicata, come quella di Anna: 13 anni, una bambina cresciuta troppo in fretta.
Danila. S. Santagata
Sito: www.danilasantagata.it