Francesca Scoleri

Per la mafia è un buon Natale: Santa Claus generoso è lo Stato. Ancora

Freschi di retata storica, 330 arrestati fra politici, imprenditori, finanzieri, poliziotti, carabinieri  e mafiosi – gli unici fuori contesto – in ben 11 regioni italiane, non ci resta che consolarci nonostante i grandi manovratori, siano a piede libero.

Si perché troppo spesso vien da chiedersi se la mafia rappresenta ancora un problema in questo Paese.

Forse è il caso di parlare di “difficile convivenza” fra Stato e mafia solo nel periodo delle bombe dove, punti di incontro pure ne trovavano nella fase del “depistaggio”. Quale strage non ne ha attraversate?

Ma nei fatti, la mafia non rappresenta un problema.
Non per i cittadini, tendenzialmente disinteressati al fenomeno che nel frattempo, secondo il presagio di Sciascia, ha superato “la linea della palma”; si guardi alla Valle d’Aosta, ultima ma non unica regione del nord interessata da metodi mafiosi.

Non rappresenta un problema per i mezzi di informazione che, nella migliore delle ipotesi, esercitano un fugace dovere di cronaca durante alcuni processi. L’approfondimento dei fatti è superato.

Dalla mappa dei processi in corso, e da quelli mai celebrati grazie alle menti raffinatissime, rischiamo di rimanere con l’idea che la mafia, sia quella cosa male trattata nella stucchevole litania domenicale di Massimo Giletti.

Non ci accorgiamo di come gli amici più fidati dei mafiosi, siano ancora oggi i registi occulti di un sistema che probabilmente, non sarà mai scardinato.

Marcello Dell’Utri è libero di attendere il bianco Natale nella sua confortevole dimora nonostante penda su di lui una condanna a 12 anni emessa dalla corte di Assise di Palermo nel processo trattativa Stato-mafia.

“Da Berlusconi soldi a Cosa nostra tramite Dell’Utri anche da premier e dopo le stragi”, ma pende su di lui, non su chi scrive, e nemmeno sulla maggior parte di chi legge; per noi ci sarebbero manette e Natale al fresco, per lui, l’albero illuminato, il presepe il panettone e i torroncini.

Il generoso benefattore dei corleonesi stragisti invece, è stato mandato dai cittadini – quelli sopracitati –  al Parlamento europeo. Non era sufficiente che ad essere infangate, fossero solo le istituzioni nazionali.

Marcello Dell’Utri da mediatore a mediato nel processo Breakfast da un altro soggetto graziato dall’opinione pubblica connivente, Claudio Scajola. Non è servito infatti l’essere sotto processo per gravi fatti riconducibili alla ‘ndrangheta – il favoreggiamento della latitanza di Amedeo Matacena – ad impedire che i cittadini di Imperia, lo eleggessero sindaco.

Ebbene, i fatti sviscerati da uno dei migliori magistrati d’Italia, il Procuratore Aggiunto di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo, indicano il suo pieno coinvolgimento anche nella latitanza di Dell’Utri.

Cosa nostra e ‘ndrangheta perfettamente allineate. Magari Lo Stato e il diritto. Magari i cittadini e la legalità.

E torna alla mente un episodio che racchiude il totale senso di smarrimento in cui forse, pretendere la consapevolezza dei cittadini, è fuori luogo; Nel 2016, Claudio Scajola partecipa alla festa della polizia in qualità di Ministro dell’Interno emerito e siede sul palco delle autorità accanto al numero 1 della DIA; i suoi uomini lo avevano arrestato per i fatti contestati nel processo di Reggio Calabria giunto quasi in dirittura di arrivo.

La fotografia dell’evento è sconcertante. Vien da esclamare “fosse la mafia il problema…”

Da destra – senza manette – Claudio Scajola; in mezzo, l’ex ministro Enzo Scotti, un prescritto d’alto bordo “. Rinviato a giudizio per peculato e abuso d’ufficio per lo scandalo dei fondi neri del SISDE nel 1993, le accuse penali sono poi decadute per sopravvenuta prescrizione. La Corte dei Conti gli ha imposto di risarcire allo Stato 2.995.450 euro, giudicandolo colpevole insieme all’ex direttore del Sisde”. 

A fianco, Nicola Mancino, il ministro che non ricordava di aver incontrato Paolo Borsellino dopo la strage di Capaci – un volto che era su tutti gli schermi televisivi solo 24 ore al giorno – e che limpido come l’acqua del fiume Lambro, necessitava dell’aiuto dell’ex presidente Giorgio Napolitano per sfuggire all’accusa di falsa testimonianza mossa nel processo trattativa Stato mafia.

Tanto che il pm Nino Di Matteo, durante la sua requisitoria, disse: “Con le sue spontanee dichiarazioni, con le produzioni documentali, in certi momenti è sembrato che l’imputato Nicola Mancino più che difendersi dalle accuse che muoviamo ( falsa testimonianza appunto, ndr) si difendesse e intendesse difendersi dall’accusa di concorso in associazione mafiosa che non gli è stata mossa”.

Ovviamente, il tutto è relegato alla voce “chi ha avut ha avut chi ha rat ha rat…scurdammcc o’ passat” perché la tradizione è sacra e la mafia non rappresenta un problema.

Difatti il problema è l’assuefazione, l’indolenza, nonché la convinzione che si tratti di un fenomeno distante e ininfluente al buon funzionamento della democrazia e dell’economia. E non siamo più in grado di riconoscerlo. Il quadro è confuso come nella foto della festa della polizia.

E non siamo più in grado di reagire come ai funerali di Paolo Borsellino. Non siamo più nemmeno convinti che le istituzioni pulite siano un bene per la nostra vita. I risultati elettorali che si susseguono, lo dimostrano. Chissà, forse si teme la monotonia di una vita regolata dall’eredità morale che Falcone e Borsellino ci hanno lasciato.

Per la mafia è un buon Natale dunque, anche per quella che pubblicamente non si può chiamare cosi; Salvatore Buzzi va ai domiciliari perchè se il giudice stabilisce che gli stessi metodi mafiosi esercitati a Palermo vengono esercitati a Roma, non si chiama mafia ma: “l’intervenuto ridimensionamento di taluni profili di particolare gravità delle originarie contestazioni, fermo restando comunque l’intrinseco disvalore notevolmente elevato dei fatti” fa “ritenere adeguata la meno gravosa misura degli arresti domiciliari”.

Sembra Peppino De Filippo quando in “Totò Peppino e la malafemmina” parlava a vanvera e poi esclamava “E ho detto tutto!”

E per la mafia è un buon Natale anche perché secondo la Consulta, l’ergastolo ostativo “è incostituzionale” e allora abbondiamo coi regali “permessi premio anche a chi non collabora con la giustizia”. 

E che avranno mai fatto in fondo? Qualche strage, d’accordo, ma o pagano tutti o non paga nessuno e da noi, non paga nessuno.

Questa è la “Repubblica delle stragi impunite”, come racconta Ferdinando Imposimato nel libro che ha dedicato alla vittima di un delitto – anche questo impunito – quello del giudice Antonino Scopelliti.