Nella via dove abitavano i miei a Roma (parlo di un lungo periodo che include i quattro o cinque sindaci precedenti Virginia Raggi) vigeva, e forse vige, la legge della giungla: le auto venivano parcheggiate ovunque, marciapiedi inclusi, anche se significava impedire il passaggio degli anziani o delle carrozzine e l’ingresso nei garage dei condomini. Figuriamoci il rispetto dei divieti di sosta, che intimavano anche la rimozione forzata per i trasgressori: ma i vigili non passavano mai ed era inutile chiamarli. Tutto questo per 364 giorni all’anno. Nel trecentosessantacinquesimo la zona si trasformava in un quartiere della Svizzera tedesca: neanche un’automobile che sporgesse di dieci centimetri dalle strisce; le altre non venivano solo multate ma portate via dai carri attrezzi, numerosi ed efficientissimi almeno quanto i netturbini che improvvisamente avevano deciso di pulire a specchio strade normalmente trascurate. Come mai? Perché era il giorno della solenne apertura dell’anno accademico della LUISS, l’università della Confindustria, alla presenza di qualche ministro e a volte del presidente della Repubblica. Badate: non è che per quella occasione venissero promulgate delle ordinanze speciali per ragioni, mettiamo, di ordine pubblico, cosa comprensibile e che succede in quasi tutti i paesi del mondo e succederà sempre finché alla classe dirigente si concederanno privilegi e protezioni invece di maggiori oneri e vincoli. No, per portare l’ordine e la pulizia era sufficiente applicare le norme ordinarie.
È solo un piccolo caso ma a me aprì gli occhi sul significato delle innumerevoli leggi presenti in Italia e che restano in vigore anche se non vengono rispettate o fatte rispettare e persino se non possono essere rispettate. In modo da poterle usare come strumento di pressione politica e sociale, di ricatto, di ritorsione. Volete mettere il vantaggio per i potenti? Diventano gli arbitri della legalità, usurpando i ruoli che spetterebbero, secondo la dottrina della separazione dei tre poteri, al governo, al parlamento e alla magistratura. In sostanza, se qualcuno dà fastidio e non basta il gossip, una legge per screditarlo o ancora meglio punirlo la si trova sempre; e non una legge speciale, come facevano i fascisti (che sciocchi! inutilmente arbitrari): basta una legge ordinaria. E nel frattempo, a ulteriore vantaggio, si induce la gente all’abuso, la si abitua all’illegalità, spianando la strada all’individualismo e alla deregulation liberista, che i liberal spacciano per emancipazione mentre favorisce solo i più ricchi, i più forti, i più furbi. Come accade nel caso della normativa fiscale: che da un lato massacra i piccoli e medi imprenditori e li costringe all’evasione per sopravvivere e resistere alle multinazionali (che evadono impunemente o addirittura legalmente), dall’altro con la sua assurda complessità mette anche i cittadini più onesti nella paura di poter essere accusati di qualche irregolarità.
Gli attacchi contro Di Maio per le vecchie infrazioni del padre sono semplicemente una clamorosa ed estrema manifestazione di questa situazione tipicamente italiana – la via italiana al neocapitalismo e all’egemonia delle multinazionali e dei loro media. Resa possibile dal fatto che coloro che usano i cavilli e i formalismi per tradire la giustizia sanno di poterlo fare in assoluta impunità, anche da un punto di vista politico in quanto controllano interamente giornali e telegiornali e buona parte degli intellettuali italiani, tradizionalmente codardi e meschini ma mai come in questo momento. Che fare? Nel breve termine quello che gli antifascisti avrebbero dovuto fare dei primi anni venti nei confronti delle camicie nere: non sentirsi moralmente superiori ma rispondere alla pari, occhio per occhio, dente per dente, e propaganda per propaganda. Possibile che il ministero degli interni non abbia un armadio in cui ci siano gli scheletri di Renzi, Berlusconi, Boschi, Veltroni, Prodi, Bonino, dei loro amici degli amici, a cominciare dai pennivendoli? Possibile che un partito votato da un terzo degli italiani non possa assicurarsi il sostegno di un paio di giornali o fondarne uno suo? Possibile che un governo con un alto indice di consensi non riesca a ripulire la Rai e a lottizzarla in modo democratico, ossia in proporzione al peso elettorale dei partiti?
Nel medio e lungo termine la strada è invece l’eliminazione sistematica delle leggi inutili o che non si riesce a far rispettare, imponendo invece, rigorosamente, il rispetto di quelle rilevanti. Non sto parlando di condoni o depenalizzazioni; al contrario, sto parlando di una semplificazione della burocrazia accompagnata da maggiore intransigenza; e a vantaggio dei cittadini comuni, non delle grandi Corporation, in particolare straniere, che devono invece essere costrette a normative asfissianti. Niente più scorciatoie, perdonismi, complicità: il regime liberista lo si distrugge alle radici solo ricostruendo lo stato di diritto, la certezza della pena e la fiducia del popolo nello Stato e nelle istituzioni.