La rovina dell’Italia e di tanti altri paesi è il pragmatismo come scusa per la mancanza di idee e di qualità e per la deregulation economica, morale e culturale.
Contano i risultati, proclamano sugli schermi e sui giornali quelli che hanno raggiunto il potere barando, ossia ignorando le regole del gioco a cui stavano giocando per fregare gli altri, i fessi che le regole le rispettavano; salvo poi, in decenni di dominio assoluto, ottenere come unici risultati l’impoverimento dei lavoratori e della classe media, le migrazioni incontrollate di massa, un consumismo compulsivo che crea insicurezza e che sta rendendo il pianeta inabitabile.
No, non contano i risultati. Contano i progetti, che certo vanno valutati anche e soprattutto attraverso i loro esiti, però misurati attraverso criteri e norme che sono a loro esterni e che li precedono.
Conta la consapevolezza che c’è dietro quelle scelte, contano le sue basi etiche, conta l’ampiezza del consenso popolare e conta che quel consenso sia raggiunto con la partecipazione e la trasparenza, non con la pubblicità e la manipolazione mediatica di chi ha più soldi.
La differenza non è, come i liberisti vogliono farvi credere, fra un governo forte e decisionista e un governo debole e prudente; la differenza è fra un buon governo che miri al bene comune e di lungo termine, e un cattivo governo che miri agli interessi individuali e immediati della casta e delle multinazionali.
Per questo disapprovo chi in queste elezioni ha votato Pd. Votare Pd in queste elezioni significava votare Renzi, Boschi, Orfini, Migliore, De Luca, Del Rio, Veltroni.
Votare Pd in queste elezioni ha significato consentire lo squallido spettacolo che sta avvenendo ora all’interno di quel partito, a distruggere ulteriormente l’immagine e la credibilità della sinistra, con una banda di politicanti disposti a sacrificare l’intera nazione per conservare le loro poltrone; il che peraltro è comprensibile perché anche loro sanno bene di essere privi di qualsiasi capacità, preparazione, intelligenza, e dunque di essere destinati, quando perdessero privilegi e immunità, all’irrilevanza e forse alla galera, e comunque a vivere come la gente normale, lavorando e scontrandosi con difficoltà e ingiustizie, cose che loro non hanno mai dovuto fare e che proprio non pensano di saper fare.
Solo il rigore morale e la lucidità politica avrebbero potuto salvare il Pd e insieme al Pd la sinistra e in prospettiva il paese; virtù che anche ad averle in misura ordinaria avrebbero comportato, già anni fa, l’espulsione di un inetto megalomane (una combinazione catastrofica) come Renzi e della sua corte di megalomani e inetti.
Invece il Pd ha deliberatamente scelto, con il consenso e la complicità dei milioni di italiani che hanno continuato a sostenerlo, la strada dell’irresponsabilità e della superficialità, insomma del liberismo all’americana, apertamente esaltato alla Leopolda e fondato sul mito del successo, delle celebrity, dell’attualità, oltre che sulla rottamazione di qualunque valore, tradizione, istituzione e regola che potesse ostacolare il cammino dei vincenti.
I risultati elettorali aprono una finestra di opportunità per il paese. Ma non si tratta soltanto di uscire dalla crisi economica. Ancora più importante è riportare la politica e la vita sociale e intellettuale sui binari (metafora di un percorso pensato e non improvvisato) della legalità, della democrazia, della competenza.