Questo articolo è stato pubblicato il 25 aprile 2019. Il 14 maggio, è stato premiato come 3° classificato dell’iniziativa “Lo sguardo dei ragazzi sul valore della democrazia ricordando Giovanni Falcone”
Le nuove leve sono la speranza per un futuro lontano dall’illegalità e votato alla lotta alla corruzione, ma sono pronte ad esserlo?
“Se la gioventù le negherà il consenso, anche l’onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo”. Rimbomba, come un eco alle generazioni dalle orecchie tappate, una delle celebri frasi proferite da Paolo Borsellino. In linea generale, si tratta non solo di una generazione che non vuol sentire, ma anche che non vuol vedere, o meglio, piega la testa, come gli oppressi fanno di fronte alla mafia, e vede lo schermo di un telefono. Un atteggiamento in crescita, la cui estremizzazione porta a una falsa percezione della realtà circostante. Sebbene come merito l’era digitale abbia permesso un accesso facilitato e istantaneo alle informazioni, parallelamente ha negativamente causato l’aumento esponenziale della circolazione di notizie false (fake news) e di un’informazione “flash”, approssimativa e inconsistente.
Questo fenomeno si riflette nella scarsa coscienza che i giovani possiedono su tematiche come la mafia e la corruzione. Secondo una rilevazione (del 2009), a cura di Marta Nicoletti, effettuata su 150 studenti provenienti da nord a sud, emergono dati che certificano questa piaga: il 51% non ha mai partecipato a progetti di educazione alla legalità, nel 52% dei casi si parla poco o per niente di mafia/antimafia in famiglia, e clamorosamente questo dato peggiora in rapporto alla scuola, infatti il 74% degli studenti afferma che si parli poco o per niente di mafia/antimafia a scuola.
Complessivamente il 38% dichiara di avere una scarsa conoscenza del fenomeno mafioso. Ma come si fa a combattere un fenomeno così complesso come quello dell’illegalità, se non si hanno le armi per farlo, ovvero non se ne conoscono le cause, gli aspetti e le conseguenze?
Si tratta di un’analisi statistica che, seppur risalente a dieci anni fa, evidenzia un ruolo marginale delle istituzioni e, nel caso specifico, della scuola, quasi assente e ancora incapace di stimolare nella totalità dei ragazzi che la frequentano una capacità critica e riflessiva.
Si predilige una formazione eccessivamente nozionistica, la quale soffoca gli spazi dedicati al commento delle notizie di cronaca e alla rielaborazione intellettuale di esse. E’ evidente, dunque, quanto sia importante che all’interno delle aule avvenga un’evoluzione fisiologica e contestuale coi tempi affinché si possiedano i mezzi attraverso i quali possano costituirsi le menti del futuro.
Uno sforzo maggiore da parte del sistema scolastico in questo senso garantirebbe una conoscenza e una percezione più approfondita delle problematiche contemporanee che affliggono la nostra società. Per attuare interventi efficaci di educazione alla legalità diventa imprescindibile coinvolgere gli studenti in approfondimenti tematici che permettano loro di comprendere il complesso fenomeno mafioso evitando i più diffusi luoghi comuni.
Seguire l’evoluzione del dibattito sulla mafia significa seguire l’evoluzione dell’organizzazione stessa e dell’idea che essa ha voluto (non) trasmettere di sé. Sono ancora tante le idee prive di fondamento che definiscono “l’immaginario collettivo mafiologico” e che sono purtroppo alla base di molti articoli, approfondimenti televisivi, fiction e film.
Ad esempio l’idea secondo la quale la mafia esiste solo quando spara e uccide, quando diventa protagonista della cronaca nera, e si trasforma in questione nazionale solo all’indomani dei grandi attentati. Oppure la concezione che vede la mafia come antistato; spesso infatti viene descritta come un’organizzazione unitaria, verticistica e in contrapposizione netta con lo Stato e le sue leggi.
Nella realtà il rapporto della mafia con lo Stato e con il potere è qualcosa di estremamente complesso, e comprende tutte le sfumature che vanno dallo scontro alla complicità, e questo è vero sin dalle sue origini. La mafia nasce e prospera dove lo Stato è debole.
I giovani reagiscono in modi diversi difronte alla mafia: c’è chi la vede come un mondo chiuso, diverso, con cui è possibile e consigliabile non avere rapporti, da cui deriva la concezione che “se ti fai i fatti tuoi, i mafiosi non ti toccano”. Oltre che errato, questo presupposto è pericoloso, perché tende a minimizzare la pericolosità dell’organizzazione e a sporcare l’operato o la memoria di chi si è trovato, suo malgrado, a dover fare i conti con questo tipo di criminalità.
Altri ritengono il mondo mafioso come universalmente onnipotente, onnipresente e invincibile.
Quanto descritto è uno spaccato desolante dell’attuale contesto in cui i giovani si muovono. Per evitare che il fenomeno mafia venga sottostimato e travisato, è importante che i mass-media e l’informazione in generale sensibilizzino le nuove generazioni in merito a tali tematiche trasmettendo il ricordo del passato, o meglio, affinché venga fatta memoria degli uomini che hanno contrastato la criminalità organizzata.
Davide Di Stefano
Classe 5° D
Liceo Classico Pitagora
Crotone