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Provenzano E Matteo Messina Denaro: Il “Piatto Sporco”

Se  qualcuno  avesse  fatto  il  suo  dovere  quest’articolo  non sarebbe  mai  nato. Per  cui oggi  vi parlerò del  “Piatto Sporco”.

Il piatto  è  quello d’argento di cui ha parlato il Generale  dei Carabinieri Nicolò Gebbia nella  sua lunga (e sconcertante) deposizione resa al Processo  tenutosi a Roma  lunedì 10 dicembre 2018 nel  corso del quale  son  stati  evocati  persino i  Servizi Segreti  Russi, Putin (e  gli  Americani): “Nel  2002  ero  a  Sarajevo ed  un’autorevole fonte confidenziale mi  rivelò il  luogo  del possibile rifugio di  Bernardo Provenzano. Sapevo dove avrei  potuto trovare non  solo Provenzano ma anche   Matteo  Messina  Denaro. So  dove  sono, ve  li servirò  su  un  piatto  d’argento… L’ho  detto, raccontato,  verbalizzato…  ma  nessuno m’ha  dato  ascolto”. Chi  parla è un’Alto  Ufficiale  dei  Carabinieri,   un Generale un po’  atipico  (come  capirete) che  si  svela per  come  proprio non v’aspettereste.

Lui è un tipo determinato senza tanti  ‘peli  sulla  lingua’  che  non le  manda  a dire. Amabilmente definito ‘Cavallo Pazzo‘ da  alcuni  suoi  colleghi perché è uno schiacciasassi  che  va dritto  per  la  sua  strada  come un Caterpillar senza  guardare in  faccia  a  nessuno,  né  a destra né  a sinistra.

Dice sempre quello che pensa e soprattutto, pensa sempre quello che dice.

Infatti nel corso  di  questo  procedimento,  con  la  determinazione d’un Samurai,  è  andato  avanti  per  3  ore  di fila snocciolando, fatti, nomi e date. Ma  è un’Ufficiale  dell’Arma capace anche  di  grandi sensibilità,  come  quel  giorno che si  trovò a tu per  tu, a faccia  a faccia  con  i  due  figli  di  Bernardo  Provenzano…   (non  vi  voglio  togliere  la  sorpresa  di  scoprire  da  soli cosa  si  son  detti).

Leggerete delle autentiche rivelazioni, ma non sconcertanti. Almeno, non  più  di  tanto.   Se  avete seguito l’intervento  di Marco  Travaglio  de Il  Fatto  Quotidiano al convegno organizzato dall’Associazione  Themis  & Metis: “Giornalismo d’inchiesta pilastro  di  democrazia” (tenutosi alla  Sala Aldo  Moro della  Camera  dei  Deputati di  Roma il 4  ottobre 2018), sapete forse di  cosa sto parlando. Del  “Patto Sporco”. La  Trattativa  Stato-Mafia di  cui  Travaglio,  con  amarezza,  ha raccontato: «… Io  sulla  trattativa Stato-Mafia mi  son  sempre  domandato perché  ci  fosse  sempre  tanta  reticenza  nel  parlarne. E  non  solo  da  parte  dell’informazione… che  la  politica  trasversalmente  non  volesse  sentir  parlare di  “trattativa”,  diciamo,  era  abbastanza  comprensibile, nel  senso  che  “parlare di  corda  in  casa  dell’impiccato” è  sempre  spiacevole per  l’impiccato… E’  evidente  che  il  più pulito  aveva  la  rogna, e  quindi  è  evidente  che  nessuno  volesse  che  s’andasse  a scandagliare  quel  terreno… Quì  stiam  parlando  di  Presidenti del  Consiglio, Ministri  dell’Interno,  Ministri della  Giustizia, altissimi  Ufficiali  dell’Arma  dei  Carabinieri, i  massimi  vertici  di Cosa  Nostra, non  Pietro Savastano. Salvatore  Riina, Bernardo Provenzano, Leoluca  Bagarella, Giovanni  Brusca, quelli  che  hanno  fatto  saltare  in  aria  l’autostrada  di  Capaci, e  poi  la  piazza  antistante  l’abitazione  della madre  di  Paolo  Borsellino. Stiamo  parlando dei  massimi  livelli dello  Stato e  della  Mafia, processati,  coinvolti ed  alla  fine raggiunti da  una  sentenza che  fa  accapponare  la  pelle,  per  chi  l’ha  voluta  leggere.  … hai  il rappresentante  della  Mafia  che  dice  che  Riina gli  raccontò  della  ‘trattativa’, hai  i  rappresentanti dello  Stato  che hanno  condotto  quella  ‘trattativa’, che  la  chiamano  entrambi  ‘trattativa’, ma  di  quale  prova  abbiamo  ancora  bisogno… Anche  quelli  che  non  amano  sentirsi  dire  che  lo Stato ha  sempre  fatto  il  “doppio  gioco” e  nel  1992  con  il   “doppio  gioco” pubblicamente  annunciando  guerra dura  alla  Mafia  e sottobanco trattando  con  la  Mafia, non  ha  fatto  altro  che  rafforzare  la  Mafia e prolungare  una  stagione  di  stragi,  che se non  si  fosse  fatta  la  ‘trattativa’ sarebbero  probabilmente finite  prima. Lo  sappiamo  benissimo…  quel  clima  generale  di  omertà che  tiene  insieme  Destra  e  Sinistra e  che  in  questi  anni  ha  garantito a  un  personaggio,  ad  esempio,  come  il  Generale  Mori, di  fare  una  carriera  meravigliosa, prima  di  andare  in  pensione  ed  anche  dopo. Ci  sono  persone in  Italia che fanno  carriera  anche  dopo  la  pensione. Uno  dice: finalmente  è  andato  in  pensione. NO, continuano a  progredire  pure  dopo! Anche  su  questo  bisognerebbe  domandarselo,  ci  sono  persone  che  anche  quando  vanno  in  pensione non  possono  essere  lasciate sole. Devono  essere  continuamente  sostenute.  Perchè? Perchè  devono  continuare  a  ricevere incarichi  sempre  più  prestigiosi? In  fondo, sapete, io  non penso  che  il  Generale  Mori  alla  sua  età  debba  finire  in  galera,  spero che  non  ci  finisca. E’  un  anziano  signore. Ma la  domanda  è: nel 1992  arresti Riina  e  non  perquisisci il covo. In  un Paese serio  ti  mandano  addirittura  a  dirigere  il  traffico. Perchè  evidentemente sei  un incapace.  Se  ti  dimentichi  di  perquisire il  covo  del  più importante e pericolo  latitante del  mondo  (forse). Non  perquisisce  il  covo.  Questo  nel 1993. Pochi mesi  dopo  un  suo collaboratore  gli  porta su un  piatto  d’argento Nitto  Santapaola. Gli  dice  anche  dov’è  nascosto: in  un  villino. Il  ROS  organizza  un’operazione  talmente  maldestra che  riesce  a  perquisire  il  villino  accanto, facendo  un  casino  tale  per  cui Santapaola  vedendo tutti  i  Carabinieri  che  arrivano  e perquisiscono il  villino sbagliato, capisce  l’antifona  e  s’allontana. Che  cosa  gli  fanno a  questi, che  come  minimo sono dei  cialtroni? Li  mandano  a dirigere  il  traffico? NO, li  promuovono tutti  quanti. Nel  1996  un’altro  collaboratore  di  Mori gli  porta  su  un  piatto  d’argento Bernardo  Provenzano. Gli  dice:  “guarda  che  c’incontriamo in  quel  casolare  di Mezzojuso… fatevi  trovare … l’ora  è  questa… non  potete sbagliare stavolta”.  Stavolta  non  essendoci  altri  casolari alternativi  da  perquisire a  posto  di  quello  giusto si  limitano  a  non  fare nulla. Fanno  un  servizio  di  osservazione a  distanza,  così vedono  Provenzano  che  entra,  fa  la  riunione  ed  esce. E  non  lo  prendono. Che  gli  fai  a  uno  così? Magari  è  soltanto  un  incapace recidivo. E’ uno che  non  è  portato  per  quel  mestiere  lì. Lo promuovono  Comandante e Direttore del  SISDE (Servizio Segreto  Civile) dopo  averlo  promosso  comandante del ROS,  perché prima era  solo  Vice e  quindi il talento  và  premiato. Allora,  queste  carriere è  evidente,  che  funzionano  all’incontrario, cioè più  sbagli, più  agevoli  la  Mafia e  più vieni  favorito  nella  tua  carriera. Ma  domandiamoci  il  perché! Perchè  quelle  carriere  mica  le  decide  il  Generale Mori  per  sé  stesso.  Le  decidono  i  Ministri, le  decidono i  Governi».

Travaglio e  Gebbia, un giornalista ed un Generale dei  Carabinieri, che  sostanzialmente  raccontano una storia per  molti  versi coincidente. Il  primo  partendo da una  meticolosa analisi  di  fatti, carte, sentenze, incrocio di dati, il secondo venendo invece da  un’esperienza  professionale sul  campo,   ‘on the  road‘ (come  direbbe  Jack  Kerouak), rischiando anche  fisicamente,  giorno dopo giorno  per il solo  fatto  d’esser  stato depositario  di simili  notizie  esplosive.   Ma  torniamo  a bomba. Com’è  possibile  che  un  Generale dei  Carabinieri, in  allora Comandante  di  uno  dei  contesti operativi  più  caldi  del  Paese (come il Reparto Operativo  di  Palermo) con oltre  40  anni  di  onorata carriera militare,  con  più di 500  uomini  alle  sue  dirette dipendenze,  abbia saputo  dov’era  possibile rintracciare  2  dei  più  pericolosi  latitanti  di  Mafia e  dopo  i  suoi  rapporti  di servizio,  le  informative  scritte,  nessuno  ha  mosso  un dito? (mi  correggo … qualcuno per  la  verità s’ è mosso… per  frapporre ostacoli e intralci).

Lo  so, tutto  questo  ha  dell’incredibile, ma  per  farci  un’idea senza  pregiudizi dobbiamo  necessariamente  ascoltare  cosa racconta il  diretto interessato.  Avendo la necessità di dovermi  “attenere ad un  linguaggio obiettivo  e  disincantato” (come raccomandano  – giustamente – dal Giudice  che ha  istruito questo processo) cedo subito la  parola al protagonista  di  questa  storia.  Non prima  di  avervi preavvertito che  si tratta d’una  deposizione  “fiume” di  oltre  3 ore.  Ritrascrivo  quindi pari-pari dalla  sua deposizione in  Aula sintetizzando  per  quanto più  possibile. La trascrizione  completa  comunque potete  leggerla nel documento pdf  che trovare (e potete  uploadare)  →  QUI’  ←   oppure che potete  sentire  integralmente (incluse domande/risposte) ascoltando  il file  mp3 archiviato →  QUI’  ←.

Domanda: «Generale lei come  arrivò  a Palermo?».

Risposta: «A Palermo  io  arrivai  per  una singolare  circostanza. Nel senso  che  mi  trovavo a Sarajevo nell’agosto del  2002 e  andai  a  far  visita al Metropolita  Ortodosso (che  mi  ringraziò perché  avevo  fatto costruire  un  piccolo  acquedotto che  portava  acqua  ai frati  del  Monastero  dove  lui  era  cresciuto),  e  il  Metropolita  Ortodosso  mi  disse: “Colonnello,  lo so che  lei  è  qui  perché  pensa che  io  le  farò  catturare  Karadzich ma  la  devo deludere, però  come premio  di  consolazione le  posso  dire dove  sta  nascosto Bernardo  Provenzano”.

Foto  di copertina: Sarajevo – Da sinistra a destra il Generale  John B. Sylvester (tre stelle), comandante di SFOR nel 2002, Laura Carboncini, crocerossina italiana (moglie  del Gen.le Gebbia), Gen.le dei Carabinieri Nicolò Gebbia, comandante battaglione MSU di Sarajevo 2002. Foto scattata dal Brigadiere Generale David Petraeus, allora Capo di SM di SFOR (poi direttore della CIA).

E  me  lo  disse. Mi  disse  che  Bernardo  Provenzano era  nascosto nel Monastero dei  Monaci Basiliani di Mezzojuso. Essendo  io  originario di  Mezzojuso come  Masi, e conoscendo  la  trista  fama di quel  monastero che  risale  addirittura  alla Prima  Guerra  Mondiale per  cose  strane  che  vi  sono  accadute, siccome  sapevo  anche che  l’ultimo  avvistamento di  Provenzano era  accaduto  nel  1995 alla periferia  di  Mezzojuso, ritenni  quella  notizia particolarmente  accreditata. Gli  chiesi  anche come  mai  lui lo  sapesse. E  lui  mi  spiegò che  malgrado  i Monaci  Basiliani di  Mezzojuso sono  di  rito  ortodosso ma  in  realtà  inglobati nella  Chiesa  Cattolica, anzi  proprio  per  questo  motivo, diversamente  da  lui  e  gli  ortodossi  veri (che  non  si  farebbero  mai  comprare) questi  signori, a  pagamento, offrono ospitalità ai  latitanti… Fin  dalla  Prima Guerra  Mondiale nascondevano renitenti  di  leva,  gente  che  non  aveva voluto  andare  al  fronte, tant’è  che  il  Ministero della  Guerra,  per  tagliare  la  testa  al  toro, li  trasformò  in  un ricovero per  civili  dell’impero  Astro-Ungarico,  che  si  fossero  trovati all’interno  del  Regno d’Italia al  momento della  nostra  dichiarazione  di  guerra… Io  non  avevo  nessun  interesse  particolare  a  Palermo. Telefonai  al  comandante del Reparto  Operativo,  mio  intimo  e  caro  amico, Davide  Bossone, e gli  dissi: “Davide ho  una  notizia  che  ti  consentità  di  catturare  Provenzano”. E  lui  mi  stoppò subito e  mi  disse: “Nicolò, la  dirai  al  mio  successore perché  io  ho  avuto  il  trasferimento per  il SISMI. Per cui  per  cortesia, non mi  angosciare”. Prima  scrissi  un  biglietto, poi  telefonai al  Generale  Gualdi,  Comandante dei  Carabinieri di  tutta  la  Sicilia, offrendomi  in  prima persona,  gli  aggiunsi  anche  che il Metropolita, Nicolai Mrdjc si  chiama, mi  aveva  spiegato che  il  capomafia  di Mezzojuso dell’epoca, tal  Napoli,  non  mi  ricordo  ora  il nome  di  battesimo, siccome  aveva  solo  tre  figlie  femmine, e temeva … ed  era  anziano,  faceva  in  modo che  Provenzano  fosse  ospitato nel  territorio  di  sua  competenza, perché  si  appoggiava  all’autorità di  Provenzano  visto  che  la  sua veniva  erosa alla  base  dalla  sua età  anagrafica e  dal  fatto  di  non  aver  eredi maschi. Mi  misi  in  contatto  col  Generale  Gualdi,  che  mi  conosceva  e  sapeva  esser  io un  investigatore  di  discreto spessore, e  Gualdi nell’arco  di  pochi  giorni mi  fece  trasferire al  posto  di Bossone… Non si  aspettavano  che  arrivassi così  in  fretta  perché  il  primo  settembre  ero  a Sarajevo e  il  15  settembre  ero  già  comandante del Reparto  Operativo a Palermo. Normalmente in  queste  circostanze uno  si  fa  prima tutta  la  licenza  che  ha  maturato, poi  addirittura deve  passare un  esame  all’ospedale   Militare per  riacquistare l’idoneità  fisica, ed  io  mandai  una  diffida  all’Ospedale  Militare  di  Padova  dicendo che non  avevo mai  perso  la  mia  idoneità  fisica,  quindi  non  si  permettessero di  farmi  transitare  dall’ospedale militare. Insomma  io arrivai  in  tempi assolutamente  enaspettati  per  l’establishment palermitano… Gualdi  mi  convocò e  mi  disse  che  in  questo  “lago putrescente” mi  considerava un pietrone che  avrebbe  potuto  smuovere le  acque visto  che  nessuno  faceva  niente… infatti  la  prima  cosa  che  feci,  andai  nell’ufficio  di  Sottili… dissi  loro  che  ero  venuto  con  quel  preciso  intento  di catturare  Provenzano e  che  ogni  mattina intendevo  riceverli e  sorseggiando  un  caffè  avremmo  fatto una  full-immersion nelle  notizie  che  ogni  Comandante  di  Sezione poteva  portare  sul  tavolo del  Comandante  del  Reparto  Operativo… Sottili  era  Maggiore,  io  Tenente  Colonnello… Io  stavo  proponendo  una  cosa  che  ritenevo  commendevole, la  cattura del  più  grosso  latitante che  ci  fosse  in  Italia e  allora  me  ne  andai  dal  Comandante  Provinciale, Riccardo Amato, attuale  Vice  Comandante  Generale dell’Arma,  eravamo  stati  molto  intimi  quando  lui  comandava  la  Compagnia  di  Monreale ed  io  quella  di  Marsala…  gli  dissi: “Riccardo, Sottili  mi  dice  queste  cose, ma cos’ha  quest’uomo..”  e  lui mi  spiegò …”tu  devi sapere  che fu  mandato  a  comandare  il  Nucleo  Operativo  di Catania e  avviò  d’iniziativa,  senza informare  nessun Magistrato, un’indagine su  un  Sostituto  Procuratore di  Catania, che  a  suo  modo  di  vedere colludeva  con  suo sognato per degli  affari  illeciti”. Quando  i  Magistrati  di  Catania se  ne  sono  accorti il  Procuratore della  Repubblica  gli  ha  revocato la  fiducia (il  Comandante  del  Nucleo  Operativo  e l’unico  che  costantemente  deve  poter  godere  della  fiducia del  Procuratore della  Repubblica  del  luogo)… e  io  dico,  gliela  revocata, e  da  Catania lo  hanno  mandato  a  comandare  il  Nucleo  Operativo  di  Palermo che  è  ancora  più  importante? E  lui  mi  rispose: “Questo  lo  devi  chiedere  al  tuo  amico  Gualdi perché  ne  è  il  responsabile”. Io  allora  me  ne  andai  da  Gualdi, e  gli  chiesi: “com’è  sta  storia?”. “Si  ho  commesso  uno  dei  più  grossi  errori della mia  carriera  perché  io  credevo  molto  in  Sottili  ed  invece  son  rimasto deluso,  se  non tu  non  saresti  quà”. “Ma  mi  vuoi  dire  esattamente  questa  indagine?”. E  lui mi  fece  il  nome  del  Magistrato sul  quale investigava Sottili senza  aver  informato  nessuno. Carlo  Caponcello.  Attuale Avvocato Generale  dello  Stato  di Catania… Telefonai  a  Caponcello  e  gli  chiesi: “Carlo mi  spieghi  un  poco  questa situazione?”.  E lui mi  disse: “Non posso  entrare  nel  merito perché  l’indagine  è  ancora in  corso e  non  sarebbe  deontologicamente  opportuno  da  parte  mia  entrare  nel  merito. Tuttavia  ti  dico  una  cosa  sola, GREMBIULINI, GREMBIULINI, GREMBIULINI, cattiveria  gratuita, ottusità”. Io arrivato  a questo  punto mi  dovetti  fare una  full-immersion nei  precedenti  di  Sottili… esiste  un’organizzazione  molto  commendevole alla  quale  dobbiamo  tutto  il  nostro  Risorgimento e tante  benemerenze  patrie  che  si  chiama  Massoneria. Nella  Massoneria  quando ci  si  riunisce i  frà  Massoni indossano un  grembiule… Io  personalmente  ho  sempre  avuto  una personale e assolutamente  non giustificata idiosincrasia per  la  Massoneria e  i  Massoni e  tutte le  volte  che  mi  ci  son  imbattuto ho  cercato  di  evitarli perché  sono  estremamente  pericolosi. Dentro l’Arma, purtroppo…  sono  moltissimi.

Io  mi  andai  a guardare  nei  vecchi  annuari  dove  aveva  incominciato  la  sua  carriera Sottili. Aveva  incominiciato come  Comandante  nella  Tenenza  di  Aurisina, a  fianco  a Trieste. L’Arcivescovo  di  Trieste, Ravignani (è  il  sacerdote  che mi  ha  sposato)   gli  ho  telefonato  e  gli  ho  chiesto: “Eccellenza, mi  vuole  per  cortesia  fare una  ricerca su  quest’uomo con  i  potenti  mezzi della Chiesa?” Dopo  qualche  giorno mi  rispose:  “Guarda, con  la  Massoneria  locale  non ha  più niente  a  che  vedere, aderisce ad  una  Loggia cagliaritana,  perché lui  malgrado  non sia  nato  a  Cagliari né  cresciuto a  Cagliari però  considera  Cagliari  il  suo  topos”… Me  ne  andai  dal  Magistrato  che  coordinava  le  indagini sulla  cattura di  Provenzano.  Il  Dott. Prestipino. E  gli  dissi: “Dott. Prestipino  son  venuto  qui  con  l’intendimento  di  catturare  Provenzano, e ho  il  convincimento che  latiti intorno  a  Mezzojuso. Mi  è  stato  detto che  non  lo  posso  neanche  cercare perché  mi  ha  detto  il  Comandante  Provinciale che  gli  unici Reparti che  il  Procuratore Grasso ha  delegato per  questa  ricerca  sono  una  particolare  Squadra della  Squadra Mobile   e  per  i  Carabinieri  il  ROS.  Io  però, libero  dal  servizio, con  il  fatto  che malgrado  originario  di Mezzojuso, non ho mai  frequentato,  ho  tanti  cugini, tanti  legami  familiari  che  posso  millantare  di volere  riallacciare, intendo  cercarmelo  per  gli  affari  miei.

E  questo  nessuno  me  lo  può  impedire. Siccome  verosimilmente sarò ripreso da  qualche  microtelecamera della  Squadra  Mobile o del  ROS son  venuto  a  dirglielo in  modo  che  Lei  non pensi che  io  sia  un fiancheggiatore  di  Provenzano”. Prestipino mi  guardò  così e  mi  disse: “Colonnello,  non  glielo  posso  impedire,  però  qualsiasi  cosa  emergesse … A ME’!!”. E  io  dissi:  “Senz’altro!!”. Dopodichè, comunque,  convinto  che fosse  opportuno che  queste ricerche fossero  fatte  proprio  da  quei  Reparti che  il  Procuratore  Grasso aveva  stabilito fossero  devoluti  alla  ricerca  di  Provenzano, chiamai  il  Maggiore  che comandava il ROS  a  Palermo il  quale  venne  da  me vestito  come  un  “barbone”,  mi ricordo  che  non riuscii  a  capire questo … io  ero  un  anzianissimo  Tenente Colonnello  e  lui  un  giovane Maggiore. Esser  vestito  in  questa  maniera veramente  oscena mi  parve  uno  schiaffo  che  mi  voleva  dare, come  per  dirmi: “Tu  non conti  niente”.  In  ogni  caso  gli  misi  in  mano l’appunto in  qui  c’era  questa  notizia, e la  notizia  che  avevo avuto  tempo prima: che  probabilmente Provenzano aveva  una  protesi  dell’anca in  titanio applicatagli  all’Ospedale Ortopedico Codivilla di  Cortina dall’ortopedico  Tripo (ortopedico  originario  di  Villafrati a  fianco  di Mezzojuso). Notizia  che  non  mi  son  mai potuto  togliere  il  piacere  di  sapere,  neanche  quando  è  morto Provenzano,   se  fosse vera  o  meno, perché  nessuno  gli  ha  fatto  un’esame ed è stato cremato. Gli dissi  anche  che  avevo  una  terza chance, nel  senso  che, l’allora  Capitano Canale, tre  anni  prima mi  aveva fatto  avere  questa  notizia: “Si  faccia  trasferire  a  Palermo  che  le faccio  catturare  Provenzano”. Però  Canale  quando  io  arrivai  a  Palermo e  gli  contestai  questa cosa  mi  disse:  “Lei  è  arrivato troppo  tardi”. In ogni  caso  io  questa  notizia (appena  Canale  me  l’aveva  fatta avere) la  detti  in  prima  persona a  Mori e  a  De  Caprio. Per  cui  non  me  l’ero  tenuta  per  me. Quando  questo  Maggiore  tornò in  ufficio,  prese il  mio  appunto, lo  appallottolò  e  lo  buttò nel  cestino  della  spazzatura (e  da  un Maresciallo  alle  sue  dipendenze questo  mi  fu  riferito), me  ne  andai  dal  Capo  della  Squadra  Mobile e  detti  anche  al  Capo della Squadra  Mobile questa  notizia.

Lui  fu  molto  più  gentile del  mio  collega e  non ho  idea di cosa  abbia  fatto  con  questa  notizia.  Comunque devo  dire  che ormai  ero,  come  dire, molto  scoraggiato  (sulla  cattura  di  Provenzano). Ma  ebbi il  destro che  il  mio  migliore  informatore  di  quando,  tanti  anni  prima,  avevo  comandato per  6  anni  la Compagnia  di Marsala, col  quale  m’incontravo  a  Palermo ogni  domenica  in  Via  Ruggero VII. Gli  dicevo  di  passeggiare fra  le  12  e  l’1 (se  aveva  notizie),  e  io  l’avrei  fermato.  Non  sapeva  che  i  miei  genitori  abitavano  lì.  Io  ero solo  affacciato  alla  finestra e  vedevo se  passava. Lo  rincontrai  in Via  Ruggero VII e  lo incaricai di  portarmi  qualche  notizia che  afferisse comunque  alla  cattura  di  latitanti. Poco  tempo  dopo questo  informatore mi  disse  che Matteo  Messina  Denaro, dopo  la  cattura  di  due  suoi favoreggiatori alla  periferia  di  Marsala (e  lui  era   nascosto  lì) era stato  caricato  su  un fuoristrada  Rover di  proprietà di  un  certo  Biagio  Dugo  di  Altavilla. Altavilla è  un paese dei  sobborghi  di  Palermo molto vicino  a Bagheria. Bagheria  diventa  fondamentale  in  quello  che  vorrei  dire… Lui     Dugo  Biagio,  figlio  del vecchio Capomafia  ma  mai coinvolto  da  padre in nessun…  praticamente  incensurato. Con  il  figlio  che  era  un  poco  stupido,  avevano  preso  Matteo  Messina  Denaro e  lo  avevano  portato  a nascondersi in  un   rifugio che  era  stato  trovato personalmente  dal  Dugo  Biagio, che  di  professione  faceva  l’immobiliarista. Subito  feci  un’informativa al  Dott.  Massimo  Russo. A mia  firma  perché,  sia  ben  chiaro, io  ero  un  ufficiale  di  Polizia  Giudiziaria, che  poteva  tranquillamente effettuare indagini in prima persona. Visto  che  Sottili  non mi  avrebbe  coadiuvato feci  un’informativa a  mia  firma, al Dott.  Massimo Russo  che era  il  titolare  delle indagini per  la  cattura  di  Matteo  Messina  Denaro, chiedendogli  di  poter  mettere una  telecamerina  e  un microfono  nell’ufficio immobiliarista  di  quest’uomo, un  microfono  nella  sua  Rover, quella  con  la  quale  sarebbe stato spostato  Matteo  Messina  Denaro, e  mettere  sotto  controllo sia  il  telefono del  suo  ufficio sia  il  suo  telefono  di  casa. Il  Dott.  Russo  mi  disse  che ci  voleva  ‘qualcosina  di  più‘ perché  lui  potesse darmi  provvedimenti. Il ‘qualcosina  di  più‘ lo  trovai,  perché trovai  un anziano  di  Altavilla, che  spiegò  e ci  mise  a verbale. Era  un  anziano  illividito  nei  confronti  della Mafia  perché suo  figlio  era  morto  di  “Lupara  Bianca”. Per  cui  riteneva  di  non  aver  niente  da  perdere. Se  no  non  avrebbe  mai  messo  a verbale  quello  che sto dicendo.  Cioè  ci  mise  a  verbale  che il  Dugo  Biagio  che  io  avevo attenzionato,  cugino,  e  solo  cugino di  un omonimo  Dugo  Biagio, macellaio,  che  invece  era  il  vero capo della  famiglia di  Altavilla  in quel momento, era  coetaneo  di Provenzano. E  Provenzano  aveva  cominciato  da  giovane a  delinquere  proprio alle  dipendenze  del  padre di  questo  Dugo  Biagio.  Per  cui  i  due  ragazzi erano cresciuti  insieme  ed  erano molto  amici. Ragione  per  cui,  da  sempre, era  uno  dei canali  con  cui lui,  Provenzano, trovava  rifugi  nei  quali nascondersi.  Per  esempio, le  abitazioni,  le  villette disabitate di cui  Dugo  Biagio aveva  le  chiavi  e  la  disponibilità perché  i  proprietari gliele  avevano  date  per  affittarle. Tutto  questo,  messo a  verbale, senza  ‘fonte  confidenziale‘, con  nome  e  cognome di  quello  che  ha  dichiarato, fu  utile  al  Dott.  Massimo  Russo per  darmi  quei  provvedimenti. Tornato  in  caserma  con questi  provvedimenti li  misi in  mano al  Tenente  di  cui  ora  non  ricordo  il  nome, era  un  tenente  relativamente anziano  che  proveniva dai marescialli, che  era alla  Sezione  Catturandi. Sottili  non  c’era  in  caserma. Devo  dire  che  non  è  che  ho  scavalcato  Sottili… Tenente  Geraci. Sottili  non  c’era,  ma  appena tornò, Geraci  gli  riferì e  Sottili  gli  tolse questi  provvedimenti e  li  dette  a  quell’altro  ufficiale  di  cui scordavo  il  nome,  Nicoletti. Che non era  però  il  titolare della  ‘Catturandi’. Io  vorrei che  fosse  chiaro,  per  intelligenza  comune  di  tutti, che  la  suddivisione  in  Sezioni,  dei  quattro  principali   Nuclei Operativi d’Italia, che  sono: Roma, Milano, Palermo e  Napoli, è  una  suddivisione solo  virtuale. Nel senso  che  per antica  tradizione ognuno  fa le  indagini che  il  destro  gli consente  di  ritenere  che  possa portare  al  successo. Io  che  per  anni  ho  fatto servizio  al  Nucleo  Operativo  di Milano  e  poi  l’ho comandato, ho  catturato  il  più grosso  latitante  che  c’era all’epoca,  il  Marietto  D’Argento,  che era  il  Killer della  Famiglia  Fidanzati, con  tre  ergastoli sulle  spalle, ed era  sfuggito  da un’aula del Palazzo di  Giustizia di Milano a  noi  Carabinieri  due  anni  prima. Ma  non  ero  io  il  titolare  di  quella sezione  catturandi,  era il  Capitano  Ultimo il  titolare  della  sezione  catturandi,  il  quale  mi  disse: “Bravo  sono  contento”. Nel senso  che,  ripeto, questa  suddivisione  in Sezioni è  molto virtuale.

Però  quando  Sottili  dette  a  Nicoletti quei  provvedimenti, io  capii  che  era  una  forma  di  boicottaggio,  perché  lui  mi  aveva  detto  che  Nicoletti  era  un  pessimo  ufficiale, che  aveva  il  malvezzo che, finito  l’orario  d’ufficio, se  ne  andava  a casa dalla  moglie. Nicoletti  era  l’unico che  teneva  testa  a Sottili, nel senso  che  non  subiva  questa  forma di  dittatura  che  Sottili  imponeva  ai  suoi ufficiali, agitando loro  lo  spauracchio delle  espressioni  di  lode  nelle  note  caratteristiche… Nicoletti  malgrado  la  disistima di  Sottili, portò  a  compimento alla  perfezione l’onere  di  mettere quelle microspie,  ma  dettero – fino  ad  un  certo  punto – scarso esito,  fino a  quando il  Dugo Biagio  si ferma  con  la  sua macchina, noi non  avevamo  telecamere,  avevamo solo l’audio, gli si  avvicina qualcuno  che  evidentemente  era per  strada  fuori  della  macchina, gli  si  avvicina  e  gli  dice: “Iddu  ti  manna  a saluta”. E  il  Dugo  Biagio  risponde: “Iddu  cu?”. E  il  personaggio  che  ha  detto “Iddu  ti  manna  a saluta” gli dice: “Binnu”. Binnu  sta  per “Bernardo”. Era, per conoscenza comune a tutti,  il  nome  con cui  veniva  chiamato  Bernardo Provenzano. Tuttavia, quando  questa  registrazione viene  ascoltata da  Sottili  ed  Ottaviani – faccio  un  piccolo  inciso – i  due  erano inseparabili e graziosamente i  loro  militari li  avevano  definiti “Yoghi & Bubu”.

Glielo  dissi  pure  una volta  in  faccia a  tutte  e due: “Ah  voi  siete Yoghi  & Bubu”. Quando  ascoltarono  questa  registrazione dissero  che  non  era  vero  che  si  sentiva così  bene che  diceva  “Binnu”  e mandarono questa  registrazione al  RIS  a  Roma che  rispose  facendo  perdere 3  o  4  mesi  che effettivamente  “Binnu” diceva  quello  che  si  era  avvicinato alla  macchina di  Dugo  Biagio. Ma  arrivo ad  un  punto  ulteriore dell’indagine. Ad un  certo  punto al  telefono  di   Biagio arriva  una  telefonata in  cui  il  Dugo Biagio viene  invitato a  fare  da  paciere e  risolvere  una  diatriba fra  un  grosso  mafioso palermitano,  un  Lo  Piccolo  se  non ricordo  male, e  la  Cosca di Altavilla,  di  cui  ripeto Dugo  Biagio  non  faceva  parte ma  era  un alto rappresentante onorario,  e  gli  veniva  chiesto di  far  da  paciere,  di  risolvere  questa vicenda. E il  Dugo Biagio  diceva: “io non sono  tanto  importante chiedetelo a mio genero  Lipari”.

Questo  Lipari era  un infermiere dell’Ospedale  di Bagheria che  nel  corso  di  successive indagini è  emerso  essere  l’infermiere di  Provenzano, quello  che  una  volta la  settimana, gli  andava  a  fare  le  iniziezioni  di  cui  Provenzano necessitava. In  gioventù  addirittura negli  stessi  luoghi – fra  Bagheria  ed  Altavilla – aveva  fatto  la  stessa  cosa per  il  padre  di  Matteo  Messina  Denaro quando latitava  da  quelle  parti. Questo infermiere  da  quel  momento  fu attenzionato,  ma  con  i  pochi mezzi di  cui  io  disponevo, perché Sottili e  gli  altri chiamavano  questa  mia  indagine ‘l’hobby  di  Gebbia‘, e  a  quest’hobby supplivo  con il  mio  autista,  un  Carabiniere,  un Appuntato  che  avevo fatto  trasferire  apposta che  si  chiama Prestigiacomo (che  è  in  gambissima). Avevo  fatto  anche  trasferire  il  Maresciallo  Alongi apposta,  ma Sottili  non volle applicarlo a quell’indagine. Faccio un  inciso, il  Maresciallo Alongi  è l’unico sottufficiale che  quando l’attuale Procuratore  di  Roma lo  incontra, lo  bacia,  lo  abbraccia,  tanto è  stimato universalmente come  investigatore. Non aveva  voluto  farmelo applicare  a  queste  indagini  ed io   le conducevo in  maniera  residuale. Ad  un  certo  punto però, capito che  difficilmente avrei  ottenuto  quello  per  cui  mi  ero sacrificato nel  venire a  Palermo e  poiché si era  liberato  l’incarico dove  io  intendevo … … (Sottili) che lo aveva delegato (l’Alongi) ad  un’altra  indagine,  ma appena  andai  via  io ce  lo  misi a  questa  indagine. Io  lo  scrissi  anche a Sottili e  al  Comandante  Provinciale dell’epoca, se  volete  vi  leggo … lo  scrissi  dopo  esser  andato via…  Mi  erano  venuti  a  cercare  a  Venezia perché  mancava  una placca  di  quelle che  i  Carabinieri in  ‘abito  simulato‘ nell’Arma  utilizzano nel  momento in cui  devono qualificarsi e  siccome  queste placche stavano  in  un armadio  che  stava  nell’ufficio  che  occupavo  io  ma  che  non  era  il  mio e  di  cui  non  avevo  mai  avuto  le chiavi,  io  risposi per  le  rime  dicendogli: “ma  perché  cercate  da  me  questa  placca”  e  risposi  al  Maggiore Gosciu … Ad  un  certo  punto questo  Lipari và  a Corleone, gli  si  avvicinano  dei  favoreggiatori,  gente  che  dopo  la  cattura  di  Provenzano è  emerso  fossero  suoi  fiancheggiatori, gli  si  avvicinano  dei  fiancheggiatori  di  Provenzano, spaventatissimi, e  gli  dicono (sempre  ascoltato  dalla  miscrospia  che  aveva  dentro  la  macchina):  “ma  sei  assolutamente  sicuro  che non ti  ha  seguito nessuno?

Erano veramente  preoccupati perché Lipari  si  era  spostato  a Corleone così  vicino  a Montagna  Cavalli  dove  poi  fu  catturato  Provenzano. Quando  il  Maresciallo  Alongi tutto  questo  mette  per  iscritto,  Sottili  lo  prende, se  ne  va  in Procura e  torna  dicendo: “Siamo  stati  spogliati  dell’indagine che  sarà proseguita dal  ROS”. Al  Maresciallo  Alongi è  stato  poi  chiesto  in  vari  processi perché  questo (l’affidamento al ROS) e non ha saputo spiegarselo. Dopo la cattura di Provenzano,  quando  furono  trovati i  90  o  i 100  ora  non  ricordo, fiancheggiatori  con  il  loro  numero,  il  Lipari  era  il  numero  60, la  Polizia  non  aveva  nemmeno  idea  di  chi  fosse.  Se   non ci  fossero  state  le  nostre  indagini  non  avrebbe  avuto  i  12  anni  di  carcere  a  cui  fu  condannato. Quando  il  Dott.  Di  Matteo, Pubblico  Ministero  in  quel processo, quello  in  cui  il  Lipari  fu  condannato,  gli  chiese  al  Maresciallo Alongi  se  lui aveva  idea  del  perché il ROS, appena  avuta  questa  indagine, l’avesse  archiviata, gli  potè  rispondere: “non ne  ho  la  minima  idea”.

Io posso  dire  che Alongi, mentre  io  ero ormai alla sezione  di  Polizia  Giudiziaria  di Venezia, mi  teneva  informato su  questa  indagine  perché  ci  teneva  moltissimo  anche  lui. Nel  frattempo  Gualdi era  stato trasferito ed era  arrivato  il  Generale Gennaro  Niglio. Mi feci invitare dal  Capitano  Nicoletti ad  una  festicciola  che  teneva  in  casa sua  perché  sapevo  che  c’era il Generale  Niglio  e  volevo far  in  modo che  quello  che  avevo intenzione  di  fare  non  fosse  fatto  dentro  una  caserma  dell’Arma. Al Generale  Niglio che un  uomo  in  assoluta  buona  fede e  che  quando  gli  chiesi  a  quale  Loggia appartenesse, mi  rispose  piccato  che assolutamente  lui  non  era  Massone (cosa  che  mi  rincuorò); al  Generale  Niglio consegnai un  appunto (che  ho  qui), formulato  su  due punti.  Uno era  questa  indagine che  avrebbe  potuto  portare  alla  cattura di  Provenzano e  l’altro erano alcune notizie  che avevo  avuto dalla  zona  di  Castel Vetrano, circa  possibili  favoreggiatori di  Matteo  Messina  Denaro.

Tempo  dopo lo  richiamai per  chiedergli  se  avesse  fatto  qualcosa e  lui  mi  rispose: “Guarda,  sono  andato al  Comando  Provinciale,  mi  sono  materializzato alle  10  di sera nel  cortile, e  gli  ho  stretto  le  palle…”. … Io  lamentavo  il  fatto  che  li  avevo  messi  nelle  condizioni di  avere almeno  due  indagini che  potevano  portare  alla  cattura di  Provenzano  e Matteo  Messina  Denaro e che non  ne  vedevo risultati…  Io il  fascicolo che  ci  stava  al  Nucleo  Operativo  di  Bernardo  Provenzano, che  constava… era  alto  40 centimetri, quando  arrivai  me  lo  presi,  come  sono solito  fare  quando voglio studiare  qualche  cosa, lo  rivoltai e  cominciai a  leggerlo  una  pagina  dietro  l’altra. E  a  un  certo  punto ci  trovai un’appunto che  riguardava  quello  che era  accaduto  con  il collaboratore  Ilardo  nel  1995, cosa  di  cui  io  nulla  sapevo, e  le  indagini  successive che non  furono  fatte  solo  dal  ROS ma  anche  dall’Arma  Territoriale. C’era citato un mafioso di  Mezzojuso, che  guadacaso era cugino  di  quel  Napoli,  capomafia  di cui  mi  aveva  parlato  il Metropolita… Lipari era  un infermiere dell’Ospedale  Civile di  Bagheria,  lui e  la  moglie. Entrambi  infermieri  dell’Ospedale  Civile  di  Bagheria…

Il  Colonnello  Sottili detestava il  Capitano Nicoletti  per  un  motivo  banale. Che però mi  costringe  a  dare  una  leggera spiegazione, Presidente. Da  epoca  immemorabile l’Arma  fa  l’orario  continuato di servizio. E’ però  costume dei  ROS o  dei  Reparti  Operativi , dei  luoghi  dove  ci  sono,  tra  virgolette, ‘pierini’, che  come  è  costume della  Questura, dove i  funzionari  di  Polizia  se  ne  vanno  a  mangiare a  mezzogiorno  e mezza, poi  tornano  fra  le  5  e  le 6  del  pomeriggio,  e  restano  fino  alle  8  di sera. Questo  genere  di  cose,  cioè  di  restare  fino  alle 8 di sera,   era  il  modo con  cui  i  vari Sancricca, Ottaviani  etc  etc mostravano  a  Sottili  la  loro  ‘laboriosità’. Nicoletti  non  stava  a  questo  gioco  e finito  l’orario  d’ufficio diceva  a Sottili: “io me  ne  vado  da  mia  moglie”,  moglie  che  tra  l’altro  Sottili  ha  trasformato in  una  collusa,  semplicemente  perché era  un’architetto ed  era  uno  dei  200 consiglieri  scientifici del  Presidente della  Regione  Sicilia  dell’epoca Cuffaro, ed  in  funzione  di  questo  fatto, ne  ottenne  il trasferimento al  Battaglione  Mobile  di  Palermo, ragione  per  cui  io  so  bene come  Sottili  lo  giudicava perché  gli  fece  le  ‘note  caratteristiche’ ed  io  ero  il  primo  revisore  delle  sue  ‘note  caratteristiche’. Sotto  20  voci  delle  24 che  ci  sono  io,  ci  scrissi: “Non concordo  e  così modifico”. In  senso  migliorativo  naturalmente. L’ultimo  revisore era  il  Colonnello  Amato, il  quale  concordò  con  le  mie  modifiche punto  per  punto. A  riprova  che lo  stesso  Amato riteneva  che Nicoletti non  fosse quel  personaggio  descritto da Sottili…

La  confidenza  che  mi  fece  più  ridere la ebbi   poco  dopo  che  ero  arrivato e  capii  che Sottili,  come  dire, assomigliava  a  quella  descrizione che  aveva  fatto il  Giudice Carlo  Caponcello. E  cioè  che  aveva  chiesto che  ogni  Ufficiale  di  Polizia  Giudiziaria  del  Nucleo  Operativo, trascrivesse  in  un  foglio le  generalità  dei  suoi  confidenti, le  mettesse  in  una  busta  chiusa e  queste  buste  chiuse dovevano  confluire  tutte nell’armadio dell’ufficio  di  Sottili a  sua  disposizione per, virgolette – scusatemi  la  volgarità – “per  pararvi  il  culo  in  caso  di ...”.  Ma  era  una  bestialità. E  spero  che  non mi costringerete  a  spiegarlo… Per  antica  tradizione,  perché  così  il  codice  prevede, l’ufficiale  di  Polizia  Giudiziaria è  gelosissimo dei  suoi  confidenti e  non  li rivela neanche  al  Padre  Eterno. Sono  personali. Tant’è  che la  Legge  glielo  consente… Certo  ognuno  di  questi  Ufficiali di  Polizia  Giudiziaria capiva  che le  sue  iniziative sarebbero state vagliate in  maniera  ottusa. Per  cui  si  ritirava  nel  suo guscio e  ‘faceva  quanto  gli  veniva  ordinato’…  il  26  giugno  2015 l’avvocato  Giuseppe  Piscitelli mi  venne  a  trovare a  casa  mia e  mi  chiese  se  volevo  rendere dichiarazioni utili  alla  difesa  di  questi  signori (i  Marescialli  Masi  e Fiducia  che  avevano  formalizzato davanti  alla  Procura  della  Repubblica una  denuncia  nei  confronti  di  superiori asserendo d’essere  stati  ostacolati  nelle  indagini –  ndr). Prima  di  quel momento nulla  avevo  saputo, non  avevo  mai sentito  Radio  Radicale, godevo della  mia  pensione tranquillamente  avulso da  qualsiasi … avevo  la  serena coscienza che  in  tutta  l’Arma,  ripeto  in tutta l’Arma  non  c’è  né  un  Ufficiale, nè un sott’ufficiale, né  un  Carabiniere che  può  dire  di  me che  quando  è stato  alle  mie  dipendenze io  non ho  fatto  di  tutto per  proteggerlo  sotto  la  mia  responsabilità dalle  fesserie  eventualmente  fatte  in  buona  fede… Dico  di  più: credo  che  qualcuno  fosse  anche –  di  questi  Ufficiali alle  dipendenze  di  Sottili – fosse anche  in  buona  fede.  Perchè il  Maresciallo  Alongi   quando  è  stato sentito  in  relazione al  Lipari, mi  ha  raccontato che  è  stato sentito  lo  stesso  giorno  in  cui  è  stato  sentito  Ottaviani, e  uscendo  tutt’e due  dall’aula, Ottaviani  gli  disse: “Ma  allora Gebbia  aveva  ragione”. Come  per  dire: “possibile che  quel  cretino  aveva  ragione?”…

Ragione  sul  fatto  che  avevo  trovato una  pista  giusta per  arrivare  a  Provenzano… Assolutamente  sì, le  Forze  c’erano,  semplicemente  che  non  mi  veniva  consentito  di  utilizzarle. Avrei  dovuto  fare  un  braccio  di  ferro con ..avevo il  Comandante  Carabinieri della  Sicilia Gualdi,  che  stava  dalla  mia  parte  ma  che  non  si  voleva  esporre  perché  mi  disse: “Guarda  che  Amato è  pericoloso. Per  cui  io  non mi  posso permettere  di  litigare  con  lui”. Testuale… Sottili  pensava che  non  ne  sapessi  nulla  (delle  talpe  in  Procura  ndr), era  un’indagine delegata  dalla  Magistratura peraltro, non  fatta d’iniziativa, alla  fine  della  quale è  emerso  che un  sott’Ufficiale del ROS, in  soldoni,  ed  un  sott’Ufficiale della  Guardia  di  Finanza, erano  delle  ‘talpe’ della  Mafia… i  nomi  non me  li  ricordo… tuttavia  vorrei  precisare che ho sentito  più  volte Sottili  dire  che lui  era  costretto  a  questo clima  da  ‘inquisizione  spagnola’ perché  il  Nucleo  Operativo  di Palermo  era  un  colabrodo e  noi  siciliani tutti  mezzi  mafiosi.

E  io  sono  qui  anche  per  difendere l’onorabilità di  questi Sottufficiali, Appuntati  e  Carabinieri fra  i  migliori investigatori  d’Italia, mai  colpiti  da  nessun  sospetto… Borzacchelli  era  un  ex  sottufficale del  Nucleo  Operativo che  si  era  dato  alla  politica ed  era  parlamentare regionale. Perchè  dovete  qualificarlo  con  quello  che  era  stato prima  che  si  desse  alla  politica? … Il  nostro  regolamento  generale  dice  che “il  Carabiniere  cerca sempre  e  comunque i  latitanti” possibilmente  sfruttando le  occasioni  liete  e  funeste della  sua  famiglia. Sempre e  comunque.  Non dice  ‘il  Carabiniere  di  un  certo Reparto’. Di fatto però, ed  è  una stortura  tutta  italiana, quella  che  dovrebbe  esser  un’operazione  di  Pubblica Sicurezza, e  cioè  la  cattura dei  più  grandi  latitanti a  livello  nazionale, diventa invece un’indagine  di  Polizia  Giudiziaria diretta  dalla  Magistratura.

Io  personalmente  ho  sempre  creduto  che fosse  un’errore. …..  Ero  a Venezia e  abitavo,  come  abito,  a  Treviso con mia  moglie, quando  il  Maresciallo Alongi mi  chiese  un’entratura in una  ditta  del  trevigiano  che  produce  scarpe sportive perché  bisognava  mettere dentro una  di  queste  scarpe un  GPS e  poi  sostituirla durante  una  perquisizione nell’abitazione  della  moglie  di  uno di  questi  Lo Piccolo  in  modo che  lei  non  si  accorgesse della  sostituzione e  si  potesse  proseguire.  Se  non ricordo  male quell’indagine  andò a  buon  fine però  non  ricordo  se  c’era ancora Sottili oppure  no. Onestamente son  passati  vent’anni… E’  evidente  che  il  pedinamento … è  “uno  zucchero  che  non  guasta  bevanda” ma  solo  nella  circostanza in  cui  questo  pedinamento è  fatto  con forze  cospicue.  Perchè  se  tu  metti un GPS e  poi  ci  metti  dietro  una  macchina che  non  viene  alternata frequentemente  è  peggio  che se ci  sia il  GPS  da  solo. Tanto  vale  lasciare  solo  il  GPS…

 

A Sarajevo era l’agosto  del  2002… a  Gualdi  dissi: “c’ho  una  notizia  bomba”… Gli  mandai  un  biglietto in  cui  c’era  scritto: “So  che  Bossone va  via mi  dia  il  suo   incarico e le  servirò Bernardo Provenzano in  un  piatto  d’argento”… Non  avevo  nessuna  fiducia  nel  Procuratore… Grasso… L’unico  con  il  quale  avevo  avuto –  di  quelli che  c’erano  all’epoca – …  a  Prestipino  lo dissi neanche  una  settimana  dopo  che  ero  arrivato… io  ritenevo  di  avere  la  necessità di  approfondire personalmente quella  notizia  con ulteriori  riscontri e  quando  capii  che  non  lo  potevo  fare in  ogni  caso la  misi  per  iscritto  a disposizione del ROS (senza  citare  la  fonte  perché il  Metropolita  di  Sarajevo era il mio confidente) ed  a  disposizione  della  Squadra Mobile. L’unica  cosa  che  mi  son  tenuto  per  me – e  lo  rivelo  oggi  per  la  prima volta  in  quest’aula – è  che  la  mia  conversazione con  il  Metropolita non  avveniva  direttamente  fra me  e lui, perché  lui  parlava  solo  il  serbo-croato e  io  parlavo  l’inglese. C’era  il  suo  segretario. Secondo l’intelligence  del  Reggimento  Carabinieri di Sarajevo era  un  sacerdote che  era  stato mandato a  questo  Metropolita , che  era  considerato un  sant’uomo  ma un  po’  con  la  testa  fra  le  nuvole,  dal  Metropolita  di  Mosca. Noi  avevamo  scritto da  qualche  parte che  lo  aveva  scelto  personalmente Putin che  era  un  agente  del  Servizio  Segreto  Russo. Questo  quando  mi  congedò dopo  che  il  Metropolita  mi  aveva rivelato  quelle  cose;  mi  disse: “sempre  che  gli  Americani glielo  facciano prendere. Sempre  che  gli  Americani  glielo  facciano prendere”… Non  era  stato  il  Segretario  ad  aver  avuto  la  notizia, ma il  Metropolita, che  mi  disse: “Noi  Monaci  Ortodossi...”  (lui  si  sentiva  un  Monaco  Ortodosso)- era  un Monaco  diventato  Cardinale ma  sempre  Monaco  era- “...Noi  Monaci  Ortodossi siamo  una lobby ristretta e  fra  noi  le  notizie  circolano”…

Per  Messina  Denaro  sono  andato (quando  ero  ancora  convalescente) …  mi  sono  incontrato  con il  Capitano  Canale ed un’Appuntato  che  avevo  avuto alle mie  dipendenze quando  ero a Marsala, mi  sono  incontrato  con  loro a  Castelvetrano perché questo  Appuntato mi  voleva  far  vedere un  luogo, un ristorante, dove secondo lui ogni  15 giorni,  almeno  ogni  15 giorni, Matteo  Messina  Denaro andava  a  mangiare con  una  cornice  di  sicurezza che  avrebbe  comportato  che se  si  interveniva sicuramente  si sarebbe sparato.  Se  il  Giudice  me  lo  consente,  sono  5  righe, io  le  avevo sunteggiate  tutte per  il  Generale Niglio  e gliele  ho  consegnate quando  sono  andato  via. Le  avevo  apprese meno  di  20  giorni  prima. Mi  consente  di  leggerle? Grazie. Una  copia  l’ho  data  naturalmente anche al  mio  Comandante  Provinciale: “Il  latitante  Matteo  Messina  Denaro almeno  una  volta  al  mese cenerebbe  al  Ristorante ‘LE  DUE  PALME’ di  Santa  Ninfa. Egli  sarebbe  accompagnato da  2  o  3  accoliti  armati come  lui  e  determinati come  lui  stesso  afferma a  non  farsi  catturare  vivi. Favorirebbero la  latitanza  del  Messina Denaro due  fratelli, entrambi  medici, il  Dott.  Giuseppe  Cangemi, Direttore Sanitario della  ASL  N. 9  di  Trapani ed  abitante a  Partanna,  nonché  suo  fratello  Aurelio,  chirurgo all’Ospedale  di  Castelvetrano, sposato  con  la  nipote dei  famosi  fratelli Accardo, entrambi  uccisi  anni  fa. Oltre  ai  due  medici anche  il  loro  amico gioielliere Lentini  da  Partanna, sarebbe  coinvolto  nell’attività  di  favoreggiamento del  Messina  Denaro.  Incidentalmente giova  menzionare  che l’esattore  Corleo  da  Salemi dopo  il  sequestro  di  persona di  cui  fu  vittima, venne  nascosto  nella  villa  di  campagna del gioielliere  citato, che  sarebbe  l’ultima  persona in  vita  a conoscere  il  luogo esatto della sepoltura  del  Corleo,  il  cui  cadavere  non  è  stato  mai  rinvenuto. Tale  Santonastasi,  consulente del  lavoro  abitante  a  Castelvetrano in Via  Manzoni  numero 28/30, con  studio  in  quella  Via  Garibaldi, avrebbe una  figlia che  quasi  ogni  giorno a  bordo  di  una grossa  auto  fuoristrada si  sposterebbe  nel  palermitano e  sarebbe  latrice  di  corrispondenza ‘pizzini’, da  e per  Matteo Messina  Denaro. Altrettanto  farebbe  tal Raimondo  Monachino nato  a  Castelvetrano il  14/10/1945 ed ivi residente in  Via  Vittorio  Emanuele 134, pensionato  delle  Ferrovie, noto organizzatore  di  gioco  d’azzardo, prescelto  quale  messaggero anche e sopratutto per  la  cordialità  che  intrattiene  con  tutte le  Forze  dell’Ordine  del  luogo. La  ‘fonte’   suggerisce  che le  notizie  riferite andrebbero  sviluppate e  sottoposte  a verifica senza  coinvolgere le  forze dell’Ordine della  Provincia  di  Trapani…”…

 

Domanda: “Questo chiaramente  è  un  suo  appunto… Lei questo  suo  appunto,  che  è  importante perché  cita persone  che  possono  essere  fiancheggiatori diretti l’ha  girato alla Direzione  Distrettuale  Antimafia?

 

Risposta: “No  non  l’ho  fatto.  L’ho dato al  Generale  Niglio”.

 

Domanda: “Rispetto al  momento  in  cui  lei  ha  appreso  queste  notizie  dopo  quanto  glie  l’ha  date  al Generale Miglio?

 

Risposta: “Io le  ho  apprese  intorno a  Novembre  del 2003  e  glielo  date  prima  del 31  dicembre del  2003”.

 

Domanda: “Sa  se su  questo  spunto  d’indagine Niglio  aveva trovato  dei  riscontri?

 

Domanda:  “Niglio…  forse  ricorderete che  vi  ho detto  che  da  Venezia più  d’una  volta gli  ho  telefonato per  sollecitare che l’indagine di Lipari non venisse  abbandonata e per  chiedergli –  perché  ero  molto  curioso – lui  mi  disse,  perdonatemi  ora  dico  una  cosa  sgradevole, ma  è  così, nell’incontro  che  avevamo  avuto io  e lui, a  proposito del ROS, lui mi  disse:  “lo sai come  il  Generale  Sabato  Palazzo  chiama il  ROS?”  E  io  dico:  “No non  lo  so”. Lo  chiama: “La  Nostra Gestapo”. Quando   io  gli  chiesi  al  telefono se  avesse  fatto  fare  qualche  cosa,  qualche  indagine su  questa  cosa,  visto che il  ROS  dipendeva  da  lui, secondo  le  norme  dell’Arma  dell’epoca.  Il  ROS Regionale non  poteva  prescindere dal  Comandante dei  Carabinieri di  tutta  la  Sicilia.  Lui  mi  disse:   “La  Gestapo  ci  sta  lavorando”.

 

Domanda: “Senta  Generale,  lei  è  andato  via  il  28  dicembre 2003,  ha  chiesto  lei  di  essere  trasferito,  è  stato  trasferito…

 

Risposta: Si,  vorrei  puntualizzare perché  ho  sentito la  precedente  udienza dove sono  state  dette  delle  oscenità a  proposito… l’ho sentita  da  Radio  Radicale… Vale  a  dire  che  io  sarei  stato  trasferito per una fesseria  fatta. Il  mio  sarebbe  stato  un  ‘trasferimento  d’opportunità’. Premetto  che quando, durante  l’estate, io  già  avevo  avuto la  polmonite  e il  versamento  pleurico, passò  l’interpellanza  in  cui si diceva  che  la  Sezione di  Polizia  Giudiziaria di  Venezia si  era  liberata  perché il  Tenente  Colonnello  che la  comandava  era  andato  in  pensione  e  chi  voleva  si  poteva  segnalare, io mi  segnalai. All’inizio  di  dicembre  telefonai  al  Comandante  Provinciale di  Venezia dell’epoca,  Ilio Ciceri, attuale Generale  di  Corpo  d’Armata Comandante  della Interregionale  qui  di  Roma, mio  vecchio amico, gli  dissi: “Ilio,  io  fino ad  ora non  ti  ho  mai disturbato,  non  ti  chiedo  una  raccomandazione,  ti  chiedo  solo  una  cosa, si  sono chiusi  i  termini per la  domanda…  so  che  oltre  a  me  c’è un  Maggiore  che  viene dalla  Sardegna e  un Tenente  Colonnello che  viene  dalla  Scuola Sottufficiali di  Firenze. Se  il  Procuratore di  Venezia,  che  è  quello  che  sceglie ti  chiede chi  sono  io, ti  prego  solo  di  descrivermi  per  come  mi  conosci”. E  lui  mi  disse: “Tu  sei  il  solito  stronzo,  devi  sapere che Borraccetti” (sarebbe  il  Procuratore  di  Venezia) “mi  ha  chiesto  espressamente  di  te”  e io  gli  ho  detto: “Non  si  faccia  sfuggire  questa occasione perché  la  Sezione  di  Polizia  Giudiziaria un  investigatore come Gebbia non  l’avrà  mai”… Questo  sarebbe  il  famoso  trasferimento  punitivo di  cui  voi  avete  parlato.

 

Domanda: “In  tutto  il periodo  in  cui  lei  Comanda  il  Reparto  Operativo  chi  era  il  Comandante  Provinciale  in  tutto  il  Periodo e  … i  rapporti  che  lei  aveva  con  lui  com’erano:  buoni,  meno  buoni,  cattivi...”.

 

Risposta: Riccardo  Amato …  eccellenti umanamente.  Siamo  stati a  cena  tante  volte  insieme con  le  rispettive  mogli,  eravamo  due  gentiluomini che  si  frequentavano. Premesso  però  che  lui riteneva  che  io non  sapessi ‘mettere  il  piede sul freno’ quando  era  opportuno mettere  il  ‘piede  sul  freno’… Faceva  riferimento a  quello  per  cui  prima  ho  parlato in  termini  forse troppo  bruschi  con  il  Pubblico  Ministero. Circa  il  fatto che  io ho  sempre  mal  tollerato la  pretesa della  Magistratura di  condurmi  per  mano,  di  togliermi  qualsiasi  iniziativa… Il  Generale   Amato  credo  che  fosse  molto  soddisfatto  di  Sottili, anche  perché prima  che  io  m’ammalassi, mi  accorgevo (e  siccome  sono  un  gentiluomo  facevo  finta  di  non  accorgermi)  che  quando  Amato dopo  parecchie  ore  di  assenza dal  Comando  Provinciale  tornava, Sottili lo  andava  a trovare e  restavano  anche  tre  quarti  d’ora insieme,  evidentemente  scavalcando  me… un  rapporto  privilegiato…

 

Domanda: “Il  Procuratore  Grasso a proposito della ricerca  latitanti,  a proposito  di  Provenzano, nei  suoi  confronti ha  avuto,  ha  preso  qualche  iniziativa,  pubblicamente  ha  detto  qualcosa  di  grave  nei  suoi confronti, e se  sì  in che occasione  e  perchè”.

 

Risposta: Mi  pare  il  23  ottobre del  2002 (io  ero  arrivato  da  meno  di  un mese) il  Capitano  Sancricca  qui  presente, mi  telefona a  casa nel  primo  pomeriggio, e  mi  dice  che  ha nel  suo  ufficio  i  figli  di Provenzano ai  quali  è  stata rubata la  loro  Fiat  Uno  bianca dai  Viali  dell’Università   e  sono  venuti a  denunziarne  il  furto  in  caserma. Io  gli  dico:  “Sto  arrivando  in  caserma,  provi  a  trattenerli  dicendogli  che   voglio  parlare loro, ma  gli specifichi che  non gli  voglio  parlare  del  furto  della  loro  automobile,  per  cui  sono  padroni, se non  vogliono  aspettare,  se  hanno  finito di  fare  la  denunzia, di  andarsene”. Arrivo  in  caserma,  dopo  qualche  minuto Sancricca  me  li  porta  tutti  e  due  in  ufficio…. Io  ad  entrambi faccio  un  discorso  molto articolato  e  complesso.  Gli  dico  che  noi Carabinieri abbiamo  nei  confronti di  tutti  i  siciliani un  debito  morale  diffilmente  sanabile,  perché  ci  siamo  comportati –  da  quando  c’è  l’Unità  d’Italia –  nei  confronti dei siciliani,  più  o  meno  come  truppe  d’occupazione. E faccio  un’esempio:  nei  fascicoli personali dei  mafiosi  c’è una  grande  ‘M’ messa  sulla  copertina. E  mentre  un  Ebreo  può  convertirsi al  Cristianesimo (o  i  suoi  figli  lo  possono  fare), uno  schedato  ‘M’ non  può  che generare  altri  schedati ‘M’. Cioè,  per  noi  c’è  un  automatismo tale che figli e  nipoti non si  possano  emendare da  questa  schedatura. E  questa  cosa  grida  GIUSTIZIA  al  Padre  Eterno. Gli  ho  fatto  questo  esempio per  dire  loro che se  il  padre (che  all’epoca  era  già  piuttosto  anziano e  col  quale  io   ero  sicuro  che  in  qualche  modo avevano  periodici contatti)  se  il  padre  si  fosse costituito a  noi  Carabinieri,  siccome  la  ‘vulgata’  dice  che era  il  capo  di  un’esercito a  noi  avverso, e  noi  conosciamo  le  regole  dell’onore  militare, se  si  fosse  costituito, ad  aspettarlo  sulla  porta  della  caserma  non avrebbe  trovato  l’umile  Tenente  Colonnello Gebbia, ma direttamente  il Generale  Gualdi, Comandante dei  Carabinieri della  Sicilia. Come  dire, da ‘Pari  a Pari‘. Gli  dico  anche che io  non stavo  chiedendo di  convincere  il  padre a  ‘collaborare  con  la  Giustizia‘ ma  che  il  semplice  fatto di  costituirsi e  di …  ho  preso  questa  risoluzione  perché Provenzano ha  scelto  per  i  propri  figli che  vivessero pubblicamente e  onestamente  (erano  tutti  e  due  studenti  universitari  all’epoca) e  mai  nessuno dei  figli  di  Provenzano si  è  distinto per  aver  commesso  qualsiasi  reato. Per cui  era  evidente che  Provenzano potendo  scegliere  fra  una  vita  come  la sua e  una  vita  da  onesto  cittadino,  per  i  suoi  figli  aveva  preferito la  vita  da onesto  cittadino. E questo  la  diceva   lunga sul fatto  che  lui  sapeva  distinguere  il  bene  dal  male… Li  congedo… Loro  intanto  mi  dicono …  che  io  gli  avevo  fatto  la  premessa che erano  liberi  di  andarsene.  Il  più  grande  dei  due mi  dice  che  il  padre  gli  ha  insegnato  la  buona educazione e  non  ascoltarmi  sarebbe  scortesia. Per  cui  mi  ascoltano. Alla  fine  io  ricordo  che mentre  il  più  grande  dei  due era  cortese ma  con  una  faccia  inintelleggibile, il  più  piccolo (quello  che  attualmente insegna  tedesco) sembrava  quasi  che  mi  volesse  abbracciare.  Però,  si  è  molto contenuto.  Ho  dato  ad  entrambi  un  mio  biglietto  da  visita  con  il mio  numero di  telefonino  e li  ho  congedati. Questo  succedeva  il  23  ottobre… Un’attimo  dopo  che  sen’erano  andati alzo  il  telefono e  chiamo  Gualdi, il  mio  diretto  superiore in quel  momento.  E  gli  riferisco.  E  lui  Gualdi  mi  fa: “mmmh… io  proprio  sulla  porta  della  caserma  no,  però la  cosa  non mi  dispiace”.

 

Domanda: “Lei  ha  parlato di  questa  vicenda di  questa  conversazione tra  presenti dove si  pensava di  fosse  pronunciato  il  nome ”Binnu” lei  sa che  iniziativa  adottò Colonnello  Sottili quando  venne  consegnata  questa conversazione tra  presenti?

 

Risposta: So  quello  che  mi  ha  raccontato Alongi. E  cioè che fu  mandata al  RIS  di  Roma perché  venisse  fatta  una  perizia autentica … sembrava  proprio  che  si  dicesse “Binnu”… Io  ero  già  andato  via  e  Sottili in  quel  momento cominciò  ad  attenzionare  di  più quello che  fino  al  quel  momento era  stato l”Hobby  di  Gebbia’, fino  ad  arrivare a  Lipari  che se  ne  va  a Corleone e  viene  attenzionato  dai  favoreggiatori di  Provenzano che  gli  dicono:  “ma  tu  sei sicuro  che  non  sei  stato seguito?”… Io  sono  sicuro  che Sottili relazionava Grasso anche  quando  andava  in  gabinetto …

 

Domanda: “… la  famosa  lettera  dove  lei  dice che  siccome  il  questore ha  vietate il  funerale  di  Provenzano…”.

 

Risposta: Senta  mi  perdoni. Lei  non  la può riferire solo  nelle  parti  che le  convengono.  O  la  legge  tutta… sì  sarei  andato  al  funerale  di Provenzano. Lo  ribadisco. Sarei andato. Perchè  Provenzano è  stato  torturato  in  carcere».

 

 

Quì si  conclude  l’audizione  del Generale  Nicolò Gebbia. Ognuno di  Voi è  libero  di  pensare ciò  che  vuole.  Magari che  sia  un visionario (in  tal  caso i  visionari sarebbero  più  d’uno).  Se pensate che  tutto questo sia  fantascienza dovrete  ricredervi.  Questa è quel tipo di realtà,  che  molto  spesso  mette  la  freccia  e supera  di  gran  lunga  la fantasia. Ne conosco  altre di storie  come questa, se  vogliamo  anche più  stravaganti ed inverosimili. Come  quella del Provenzano sudamericano, e dello 007  del  Sismi (Servizio  Segreto  Militare) che un  giorno  disse ai  suoi  superiori che  “aveva  una  notizia  bomba”. “So esattamente  dove  si  nasconde il  più  grande  trafficante  d’armi  internazionale:  Carlos  Remigio Cardoen  Cornejoposso farvi  avere  la sua testa  su  un  piatto d’argento …”  Per  chi  non lo  ha  mai sentito nominare, è  stato il mercante di  morte  di  fiducia  del  rais  di  Baghdad  Saddam  Hussein, di Gheddafi  e  di  molti altri  dittatori Africani, per  molti  anni uno  dei  maggiori  “Most Wanted Fugitive”  ricercato  da  CIA ed  FBI.  Mentre le  intelligence di tutto  il  mondo lo  ‘cercavano’ in ogni  dove,  l’agente  segreto  andò pure   a  pranzare  con lui  nella  sua  bella Fazenda vicino Santiago  del  Chile.  Il  nostro italico  James  Bond  si  chiede  ancor  oggi  come  mai,  nonostante  le  sue relazioni di servizio,  le  informative  scritte,  xfiles,  documenti,  i pizzini, nessuno mai mosse  un  dito per  catturarlo (“sempre  che  gli  Americani  gliel’avessero voluto far prendere”).

 

Ma  questa  è  una  vecchia  storia,  che  (se  volete) vi  racconterò un’altra volta.