Silvio Berlusconi, un incubo lungo 23 anni. La fine delle stragi di mafia iniziava con un videomessaggio simile a quello diffuso nelle ultime ore dal Presidente di Forza Italia. Oggi sappiamo che la sua discesa in campo, garantiva pace, buoni affari e lunghe latitanze ai boss siciliani.
“Borsellino diceva che la politica era in attesa delle sentenze definitive della magistratura. L’attuale classe politica non fa più nemmeno questo: Renzi, ad esempio, non ha tenuto conto della sentenza Dell’Utri e con Berlusconi ha discusso di come modificare la Costituzione”.
Nino Di Matteo, pm della Procura Nazionale Antimafia titolare del processo trattativa parla della sentenza che ha condannato definitivamente per mafia Marcello Dell’Utri il fondatore di Forza Italia, il partito di Berlusconi: “L’imprenditore Silvio Berlusconi stipulò un accordo ‘di protezione’ con le famiglie mafiose di Palermo, un patto che è stato in vigore almeno fino al 1992.”
La sentenza si attiene ai fatti, ma la storia di chi “si unge” con la mafia, non ha mai previsto contiguità a tempo determinato. Il 1992 non segnò alcuna scadenza, semmai l’inizio di un nuovo assetto. Lo spiega il Procuratore Aggiunto di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo: “Le mafie fermarono le stragi quando trovarono in Forza Italia la struttura con cui relazionarsi”
Lombardo parla di “mafie” e non di Cosa nostra, ricostruendo nei dettagli, in una conferenza stampa di pochi mesi fa, la convergenza di potere e di intenti stragisti che fra il 1990 e il 1994, hanno sparso terrore e sangue per tutta la penisola. Silvio Berlusconi dunque, riferimento politico delle più grosse organizzazioni criminali. Come coniugare queste verità storiche con la sua costante presenza sulla scena politica italiana ?
La situazione è grave e Nino Di Matteo, una vita spesa a combattere il crimine organizzato, non si spiega l’affievolirsi continuo nella lotta alla mafia. Leggi che vanificano il lavoro investigativo, scarso impegno dei media a far conoscere le collusioni politiche, accuse che arrivano da tutte le parti al processo di cui è titolare e che vede come imputati, oltre ai capi mafia Riina e Provenzano, gli ex ufficiali del Ros Mario Mori e Antonio Subranni, i senatori Dell’Utri, Mannino, l’ex ministro dell’interno Nicola Mancino e altre figure chiave per le richieste dei mafiosi come l’ex ministro Giovanni Conso ormai deceduto.
Nemico numero uno del famigerato processo, si rivela l’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano quando, adducendo un conflitto fra poteri dello Stato, si scaglia contro la Procura di Palermo colpevole, a suo dire, di averlo intercettato indebitamente.Ma i fatti dicono che non vi fu alcuna lesione alle prerogative del Colle di non poter essere sottoposto a intercettazioni da parte di un giudice ordinario. L’intercettato infatti era l’imputato Nicola Mancino. Che colpa ne avevano i magistrati se Napolitano si intratteneva con lui in conversazioni telefoniche in cui peraltro, si prestava a soccorrerlo proprio contro i giudici che lo stavano processando. Questo si fatto gravissimo.
Cosa è successo alla lotta alla mafia negli ultimi 20 anni dunque ? Perchè dopo le stragi di Capaci e Via D’Amelio, gli italiani seguivano le vicende di mafia e si informavano con impegno costante e oggi di quello spirito legalitario non è rimasta nemmeno l’ombra ? Qualcuno ha dirottato l’interesse degli italiani verso altro, qualcuno che ha avuto il potere per farlo. Quel qualcuno è il pluricondannato e plurindagato Silvio Berlusconi che grazie all’aiuto del fronte politico apparentemente avverso, quello che oggi si chiama Partito democratico, ha ottenuto il monopolio dell’informazione pubblica e privata.
Non lo dico io, bensì uno dei diretti interessati, un servitore fedele potremmo traquillamente dire, Luciano Violante che, durante un intervento pubblico alla Camera dei deputati, definiva il suo partito “garanzia” per Berlusconi. E la chiamavano opposizione.
Peraltro, più volte, proprio fra i banchi del Parlamento, abbiamo assistito al sostegno a proposte del Cavaliere che nella sostanza, erano solidissimi aiuti proprio alla criminalità organizzata. Come nel caso dello scudo fiscale del 2009. Aperti i cancelli a 300 miliardi di euro non dichiarati al fisco che con una tassa del 5%, potevano introdursi nell’economia del paese con la garanzia dell’anonimato. Capitali mafiosi e mazzette comprese.
Giuseppe Lomabrdo, magistrato notevolmente esposto sul versante della lotta alla ‘ndrangheta, anni e anni di lavoro sotto terribili minacce sempre a testa alta, ha chiesto chiaramente allo Stato da che parte sta, e le incomprensibili risposte arrivano sul fronte legislativo, come il nuovo codice antimafia, che esclude la confisca dei beni a chi è accusato di reati contro la pubblica amministrazione e visto lo stato di corruzione in cui versa il Paese, un ottimo favore ai mafiosi che senza politici corrotti, non potrebbero mai varcare le porte delle istituzioni.
“Il pentito Salvatore Cancemi in quattro udienze ha affermato che nel contesto temporale del giugno ’92, Riina si assunse la responsabilità di uccidere Paolo Borsellino, che in quel momento citava Berlusconi e Dell’Utri come soggetti da appoggiare ora e in futuro e rassicurava che fare quella strage sarebbe stato un bene per tutta Cosa Nostra”
Per Nino Di Matteo, questi sono spunti più che validi per indagare sugli appoggi esterni a Cosa nostra nelle stragi e noi vorremmo che questa fosse la richiesta di tutti gli italiani convinti che la mafia sia una piaga per la nostra vita economica, sociale e culturale. Per gli altri, ci sono gli applausi a Berlusconi i like sulla sua pagina Facebook e la falsità alle commemorazioni di Falcone e Borsellino, appuntamento ormai fisso con l’ipocria dilagante.