“Ora mi aspetto, da calabrese, che i calabresi perbene dicano da che parte stanno. Dicano se stanno con noi, che rappresentiamo lo Stato, o con la ‘Ndrangheta, i suoi vergognosi gesti simbolici ed i suoi ridicoli rituali. Non è più tempo di silenzi omertosi”
Giuseppe Lombardo, da poco nominato Procuratore aggiunto a Reggio Calabria, non usa mezzi termini nel condannare il comportamento di alcuni abitanti di San Luca che nei giorni scorsi, durante la cattura del boss Giuseppe Giorgi, latitante da 23 anni, si sono accalcati per baciare la mano al boss che le forze dell’ordine stavano portando via. Un’immagine davvero vergognosa e assistervi da calabrese è ancora peggio. Anche la Chiesa prende una posizione in merito, e decide di sospendere le Cresime nel paese perché “la vera fede non tollera connivenze mafiose”. Non che ci fosse bisogno del baciamano per verificarle dal momento che persino il parroco dimissionario di San Luca, è implicato in vicende di mafia e massoneria. Secondo le accuse, “mediava nelle relazioni tra esponenti delle forze dell’ordine, della sicurezza pubblica ed esponenti di rango della ‘ndrangheta”e ha più volte detto pubblicamente che la ‘ndrangheta non esiste “è un’invenzione dei giornalisti” che è peraltro la medesima versione di tutti quei preti che durante le processioni, omaggiano i boss con inchini di santi e Madonne.
“In Calabria ci sono anche persone perbene”. Questa frase l’ho sentita dire milioni di volte. Io stessa mi sono ritrovata a ripeterla. Questa è la prima violenza causata dalla presenza della ‘ndrangheta sul territorio. Una violenza psicologica che induce a dubitare costantemente di questa affermazione.Le realtà come San Luca non aiutano e non posso proprio fare a meno di indicarle al plurale.
“Ora mi aspetto la ferma condanna da parte della gente di San Luca di un baciamano inammissibile per un paese civile” Prosegue il procuratore Lombardo, “San Luca è chiamata ora a dire con chiarezza da che parte sta’. Mi aspetto che tutti i calabresi dicano, pubblicamente e ad alta voce, se stanno con i magistrati ed i Carabinieri, ai quali va il mio grazie per lo straordinario risultato raggiunto, o con la ‘Ndrangheta. È questo il momento di riacquistare dignità agli occhi del mondo. Chi sta con noi non può stare con loro. E chi sta con loro, mi creda, ha già perso”.
Queste parole del Procuratore Lombardo, fanno venire la pelle d’oca. Per due ragioni; la prima, per l’orgoglio calabrese che si evince, quello autentico e saldo la cui espressione si affianca, con grande armonia, alla bellezza indiscussa del territorio della quale lo scrittore Leonida Repaci dice “Ci fu compiacimento del creatore verso il capolavoro raggiunto”. Ma le parole del Procuratore Lombardo ci restituiscono anche il senso della realtà, in modo forte e doloroso perchè la risposta in parte già la conosciamo. Già sappiamo “chi è con loro” e con loro intende restare. Proprio un sanluchese ebbe a dire “Tra poco vedremo il paese circondato e con la scritta: carcere giudiziario di San Luca”. Scenario verosimile.
E pensare che questo piccolo paese esposto al mare e nascosto dai monti, nacque per mettersi al riparo dai pirati saraceni che assaltavano le coste joniche. Oggi proprio a San Luca o nel suo noto Santuario della Madonna di Polsi, vengono decisi gli assalti verso il resto del mondo e lo hanno quasi raggiunto tutto i pirati calabresi. Le famiglie malavitose del luogo, hanno iniziato la nota faida in modo ridicolo ed è bene tenerlo a mente per avere sempre davanti la statura di questi individui incapaci di scrivere persino il proprio nome e che ciò nonostante, hanno conseguito il potere di essere artefici del decadimento culturale ed economico della Calabria; il 10 febbraio 1991, dei ragazzini legati al clan Strangio- Nirta, in occasione del carnevale, lanciano delle uova contro un circolo gestito dalla famiglia Pelle, sporcando anche un appartenente della famiglia Vottari. Da questo episodio, han preso il via 20 anni di stragi e sangue. Assetati di vendetta senza mai saziarsene; cosi vivono questi barbari uomini del disonore calabrese. Chissà, tornando a Leonida Repaci, se è vero che “del breve sonno divino approfittò il diavolo per assegnare alla Calabria le calamità: le dominazioni, il terremoto, la malaria, la siccità, l’analfabetismo, il punto d’onore, la gelosia, l’Onorata Società, la vendetta, l’omertà, la violenza, la falsa testimonianza, la miseria, l’emigrazione”.
Quel che sappiamo con certezza, senza scomodare mistiche riflessioni, è che queste bande di pecorai, forti di armi e violenza, hanno assaltato la vita pubblica e privata calabrese e con l’aiuto di politici corrotti e pubblici ufficiali collusi, sono giunti in tutte le parti d’Italia dove hanno radicato il modello San Luca. Le porte delle città conquistate, non sono state aperte da calabresi, è bene dirlo. Voti, soldi e potere, piacciono anche ai vari “Brambilla Fumagalli” del nord Italia. Cosi non fosse, il fenomeno sarebbe relegato nei confini calabro lucani.
L’appello di Giuseppe Lombardo, non deve cadere nel vuoto, ma il timore è che non vi sia uno Stato sano capace di accogliere chi si dissocia fisicamente e moralmente dalla ‘ndrangheta e se c’è, fino ad oggi è rimasto nell’ombra.
Il mio non è un attacco al piccolo paese dai tratti medioevali; vengo da Gioia Tauro, la città che sulla mappa della ‘ndrangheta, spicca per potenza e consolidamento di rapporti criminali nazionali e internazionali. Il suo porto, riversa fiumi di cocaina in Italia e in Europa, garante di questi traffici, la famiglia Piromalli che, dal commercio di olio e agrumi, è passata ad un impero fatto di miliardi di euro. E anche qui, com’è potuto accadere ? Una recente inchiesta de L’espresso, rivela che nel 75, l’allora ministro per la Cassa del Mezzogiorno, Giulio Andreotti, si recò a Gioia Tauro per la posa della prima pietra nella costruzione del porto e dell’annesso centro siderurgico che fu, fra le altre cose, causa della prima guerra di ‘ndrangheta. Prima della cerimonia, Andreotti fu accompagnato in un albergo dove gli fu offerta una tazza di caffè. Dal Sindaco ? Dal parroco ? Dai cittadini ? No! Da Gioacchino Piromalli.
Sarà per le tante vicende analoghe a questa che, nel corso di un convegno organizzato proprio dalla Themis & Metis, il Procuratore Lombardo, rivolgendosi al potere politico e legislativo, fece la stessa domanda che oggi fa ai calabresi “Da che parte state?”