Francesca Scoleri

Giletti te lo insegno io come si fa informazione

Ancor prima di Silvio Berlusconi, la televisione privata di stampo commerciale, fu chiodo fisso di Renzo Villa, un impiegato di Varese che, mosso “dalla battaglia per la libertà televisiva contro il monopolio di Stato“, arrivò a diventare editore, conduttore e paladino di alcune reti private già negli anni 70.

Eviterò di soffermarmi sul monopolio di stato da subito inquadrato come monopolio politico della maggioranza di turno – ragione di più per fuggirvi lontano – l’attenzione è rivolta invece alla “libertà televisiva” che stava tanto a cuore a Villa. Esiste?

Si è davvero liberi e indipendenti quando la messa in onda di una trasmissione e lo stipendio di chi ci lavora, sono determinati dalla pubblicità?

La risposta è no e non sto certo scoprendo l’acqua calda, ma rammentare lo snodo determinante di parecchie porcherie televisive è indispensabile per fruire di alcune considerazioni.

Il pubblico va impressionato a dovere o cala l’audience e se cala chi investe la pubblicità dei propri prodotti in un programma poco seguito? La stella polare degli  autori e degli editori non è quindi la libertà televisiva ma l’audience ad ogni costo.

Dapprima strategia, attualmente, modus operandi di tutti nel settore. Un conto però, è assistere a questo scempio della libertà quando si mandano in onda gossip, lettere strazianti di famiglie spezzate che confidano in Maria De Filippi per essere ricongiunte, gialli spettacolarizzati  in prima serata con lo spirito da Conte Dracula, balli di coppie celebri che rispolverano la febbre del sabato sera…

Altra cosa però, è trattare il tema “mafia” sotto la pressione di dati televisivi che devono incrociare il business.

E’ il caso della trasmissione Non è l’Arena condotta su La7 da Massimo Giletti. Negli ultimi mesi, offre  al pubblico domenicale la vicenda di tre donne siciliane che riferiscono pressioni e minacce da parte della “mafia dei pascoli” in quel di Mezzojuso, piccolo borgo antico in provincia di Palermo.

Doveroso dare voce a chiunque riferisce vicende simili e lodevole occuparsene. Altrettanto doveroso, da parte del pubblico, farsi alcune domande: chi se ne occupa? la credibilità di chi se ne occupa? Perché se ne occupa? E nel mio personale tentativo di avere dinanzi il quadro delle risposte, le incongruenze sono risultate troppe per desistere dal ritenere ridicolo ogni tentativo fatto dal conduttore e da chi lo affianca, di parlare di “antimafia”.

Partiamo proprio da Giletti; nasce giornalista salvo poi dimettersi “dall’Ordine dei giornalisti a seguito del quarto procedimento disciplinare per commistione tra attività giornalistica e pubblicità, infatti il codice deontologico vieta ai giornalisti di fare promozione per non venire meno ai requisiti di neutralità della professione” Wikipedia.

Giletti ad un certo punto, si sente più conduttore che giornalista ed è cosi che si offre al pubblico che in questa veste lo riconosce  praticamente da sempre. Personalmente, seguendo poco la televisione, ho ricordo di lui attraverso  i commenti di amici sulle riprese mandate in onda da  Striscia la notizia; video in cui veniva definito “polipone” per quel vizio di palpeggiare qualunque donna gli capitasse a tiro.

Lo ritrovo dopo anni impegnato su tematiche diciamo…più complesse. Facile parlare di mafia dei pascoli, doveroso e facile ma la credibilità ha un prezzo e pochi sono disposti a pagarlo; vuoi parlare di mafia Giletti ? E dimmi, quando hai ospitato Silvio Berlusconi nei tuoi salottini, hai chiesto conto dei suoi rapporti con Cosa Nostra? Palermo non è distante da Mezzojuso e proprio li, ad aprile dell’anno scorso, sono emerse notizie molto importanti per la Repubblica ri-fondata su un patto sporco 

Una sentenza di portata storica, ha concluso il processo ribattezzato processo trattativa in cui, coraggiosi giudici che mai hai menzionato nella tua attività di conduttore anti mafioso, hanno portato alla luce fatti che i tuoi ex colleghi giornalisti hanno sempre fatto finta di non vedere come fanno finta oggi, di non vedere la sentenza in questione.

“Dell’Utri ha fatto da cinghia di trasmissione tra le richieste di Cosa nostra e l’allora governo Berlusconi che si era da poco insediato. E il rapporto non si ferma al Berlusconi imprenditore ma arriva al Berlusconi politico“.

Occupandoti di mafia dei pascoli queste parole ti suoneranno nuove e allora ti aiuto nella comprensione; Berlusconi pagava i corleonesi che hanno ammazzato Falcone e Borsellino e anche il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e questo lo dico a beneficio della figlia che spesso ti affianca nella litania domenicale.

“Si ritiene da parte dei giudici che Silvio Berlusconi continuò a pagare ingenti somme di denaro a Cosa Nostra palermitana anche dopo essere diventato Presidente del Consiglio”. Come può esserti sfuggito questo passaggio fondamentale che riscrive la storia del nostro Paese Giletti?

Come puoi risultare credibile quando parli di lotta alla mafia se quando hai davanti un soggetto del genere ti metti a parlare di evasione fiscale omettendo al tuo pubblico che è stato condannato per frode fiscale, falso in bilancio, appropriazione indebita?

Tutto più facile con le sorelle Napoli me ne rendo conto, ma come vedi, qualcuno fra il pubblico è più esigente di altri su questo terreno particolare e non si accontenta dei primi piani che indurrebbero in gelosia Mario Merola  convinto com’era, di essere lui e non altri, il re della sceneggiata.

Difficile strapparti la promessa che parlerai di mafia col cavaliere in un prossimo passaggio nel tuo salottino – le europee sono alle porte vuoi che non faccia una salto da te per la campagna elettorale ? – il tuo editore, nonché suo carissimo amico, ne avrebbe a male.

Meglio restare nella posizione di galleggiamento; quando finisce la trasmissione, ti togli la cravatta, dai un’occhiata all’audience e se i risultati sono soddisfacenti tu sei a posto. Il tuo pubblico mantenuto nell’ignoranza meno.

Ma fossi solo tu il problema Giletti; prendiamo ad esempio Klaus Davi, guai a parlar male di Berlusconi in sua presenza come potrebbe agire diversamente poi respirando la sua stessa aria, frequentando i suoi stessi amici, collaborando coi giornali di sua proprietà.

Ricordo ancora quando in un’intervista, riprendeva il cavaliere con toni da figliuolo rammaricato per una dichiarazione che aveva fatto sulla riforma della giustizia; Klaus rispondeva, Silvio, non puoi dire  “o giustizia o voto”. perché “l’immagine che passa è quella di chi pensa prima ai fatti suoi e poi al Paese”.

Ma dici davvero Klaus ? Rischia di dare questa immagine di se? E dimmi, hai dato un’occhiata a tutti i procedimenti giudiziari in cui se l’è cavata perchè ha messo mano alle leggi cambiandole financo abolendo reati?

E’ facile dire che uno è mafioso quando tutto il mondo sa che è un mafioso – Piromalli per citarne uno – più difficile raccontare che un uomo potente, più volte presidente del consiglio, ha intrecciato affari sporchi con Cosa nostra sin dalla sua nascita professionale. Con queste verità non si lavora, non si guadagna e l’importante è quello giusto? La verità al pubblico la diciamo poi, “il 30 febbraio” dicono al mio paese…

Nella lista dei prestati all’antimafia da audicence, non posso lasciare fuori Nunzia De Girolamo che col partito di Silvio Berlusconi è entrata in Parlamento.

Non si può trattare l’argomento antimafia dimenticando la valenza di interviste come quella rilasciata da Paolo Borsellino ad una rete francese poche settimane prima della sua morte; Borsellino se n’è andato dicendoci  Berlusconi chi fosse e che legami avesse in Sicilia. Candidarsi col suo schieramento politico, è quanto di meno antimafioso ci sia.

Ma Borsellino ha detto anche altro: “L’equivoco su cui spesso si gioca è questo: si dice quel politico era vicino ad un mafioso, quel politico è stato accusato di avere interessi convergenti con le organizzazioni mafiose, però la magistratura non lo ha condannato, quindi quel politico è un uomo onesto. E no! Questo discorso non va, perché la magistratura può fare soltanto un accertamento di carattere giudiziale, può dire: beh! Ci sono sospetti, ci sono sospetti anche gravi, ma io non ho la certezza giuridica, giudiziaria che mi consente di dire quest’uomo è mafioso. Però, siccome dalle indagini sono emersi tanti fatti del genere, altri organi, altri poteri, cioè i politici, le organizzazioni disciplinari delle varie amministrazioni, i consigli comunali o quello che sia, dovevano trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze tra politici e mafiosi che non costituivano reato ma rendevano comunque il politico inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Questi giudizi non sono stati tratti perché ci si è nascosti dietro lo schermo della sentenza: questo tizio non è mai stato condannato, quindi è un uomo onesto. Ma dimmi un poco, ma tu non ne conosci di gente che è disonesta, che non è stata mai condannata perché non ci sono le prove per condannarla, però c’è il grosso sospetto che dovrebbe, quantomeno, indurre soprattutto i partiti politici a fare grossa pulizia, non soltanto essere onesti, ma apparire onesti, facendo pulizia al loro interno di tutti coloro che sono raggiunti comunque da episodi o da fatti inquietanti, anche se non costituenti reati”.

Rileggere queste parole e pensare ad alcune intercettazioni in cui una persona delle istituzioni diceva quanto segue: “Stronzi, qui a Benevento comando io…” – “Miché, scusami, al Fatebenefratelli facciamogli capire che un minimo di comando ce l’abbiamo. Altrimenti mi creano “coppetielli” con questa storia. Mandagli i controlli e vaffanculo”. 

“…fatti inquietanti, anche se non costituenti reati” diceva Borsellino.