Francesca Scoleri

Borsellino e Craxi, i due depistaggi: uno giudiziario l’altro storico

Proprio ieri, buona parte dei cittadini italiani, compreso il fratello Salvatore in un bellissimo incontro a Palermo, ha ricordato Paolo Borsellino nel giorno in cui avrebbe compiuto 80 anni.

Sarebbe stato un bel traguardo, uno di quei giorni da festeggiare magari con l’amico fraterno Giovanni Falcone prossimo a compierne 81 di anni se fosse vivo. A maggio per l’esattezza.

Altri cittadini invece, drogati dall’opinione di giornalisti e politici, erano invece impegnati a ricordare un altro defunto che a questo Paese non ha dato nulla ma ha tolto molto. E’ stato impressionante il rimbalzare continuo sui social delle due figure: Borsellino e Craxi. In televisione invece, solo Craxi. Sui giornali, solo Craxi.

Due facce dell’Italia, quella corrotta e quella perbene, quella distruttiva e quella costruttiva, l’imputato ed il magistrato.

“Occorre maggior efficienza e maggiore garanzia nella moralità pubblica, nell’onestà di chi amministra il pubblico denaro, negli apparati pubblici del settore produttivo”

Quale dei due personaggi ha pronunciato queste parole? Verrà spontaneo pensare che siano di Borsellino, ma non è cosi. Sono le parole di chi ha fatto una vita da nababbo a spese dei contribuenti italiani che nel frattempo, vedevano impoverirsi il presente ed il futuro cioè i giorni nostri.

Sono le parole di chi non ha lasciato dietro di se la fama del grande statista, semmai, del più grande concorrente di Arsenio Lupin.

Ed è in giornate come quella di ieri che si prende facilmente coscienza di come questa Italia abbia dileguato per sempre barlumi di dignità. Comprendiamo che non si è compreso e che, come per Paolo Borsellino, anche per Craxi, c’è stato una specie di depistaggio, di carattere storico.

Poteri forti ed incontrastabili – è bene rassegnarsi – hanno dettato la linea per questi e per altri depistaggi che ricorrono ma non restano impressi nella memoria degli italiani. Complici organi di informazione inquinati come una terra dei fuochi che diffonde alimenti ed uccide. Lentamente. Inesorabilmente.

Sulla morte di Borsellino, per mano dei corleonesi ai quali Silvio Berlusconi, creatura di Craxi (com’è piccolo il mondo),  ha versato negli anni ingenti somme di denaro, è stato costruito un percorso fuorviante che le motivazioni della sentenza del “Borsellino quater” definiscono “uno dei più gravi depistaggi della storia giudiziaria italiana”.

Sulla vita di Craxi nonché sulla sua dipartita, il depistaggio è di carattere storico ed oggi, è nella fase più pericolosa perché va ad incidere su un sistema sociale fondato sulla corruzione, deviato dalla corruzione, compiacente con l’esercizio della stessa ad ogni livello.

Agghiacciante il commento di un 25enne sui social che cosi commenta un post in cui si parla delle celebrazioni ad Hammamet “un grande…ha fottuto tutti i giudici e si è sparato una vacanza da sogno in culo a tutti! Ci metterei la firma”.

Nell’orrore di queste parole, la tragedia dei giorni nostri, dove i ladri sono persone invidiabili, dove l’ignoranza supera tutti i confini e la decadenza culturale prende forma nell’accettazione della corruzione.

Il depistaggio sulla strage di via D’Amelio, ha compromesso per anni le indagini portando addirittura alla condanna all’ergastolo per sette innocenti poi scarcerati e scagionati. Dietro il depistaggio non c’è Cosa nostra, c’è lo Stato che ad oggi, combatte ancora contro la verità. In che veste? Attendiamo di scoprirlo e come sempre, la puzza dei servizi segreti si è ampiamente diffusa.

Secondo i giudici, “Un proposito criminoso determinato essenzialmente dall’attività degli investigatori, che esercitarono in modo distorto i loro poteri”. Come costringere il falso pentito Vincenzo Scarantino   ad autoaccusarsi di aver preso parte all’attentato del 19 luglio 1992. Ed ai piani più alti, qualcuno che aveva il potere di intercettare e di sospendere intercettazioni a proprio piacimento.

Una bruttissima vicenda che mantiene la barra dritta su ricorrenti aiuti alla mafia che oggi abbiamo il dovere di tradurre, a beneficio della storia, in azioni finalizzate a servirsi dei mafiosi, non certo a contrastarli.

La vicenda di Craxi è oggetto di altro tipo di depistaggio intrapreso per riabilitarne la memoria screditando l’azione giudiziaria di chi, scoperchiando un sistema politico imprenditoriale tossico per l’economia del Paese, ha fatto semplicemente il proprio dovere.

Perché? Perché questa nazione ha una gestione della Cosa Pubblica fondata su intrecci di potere che non può permettersi un cambio di rotta. Sarebbero troppi i soggetti colpiti da un rinnovo del sistema e tutti eccellenti. Non sarebbe il mafioso di Palermo o il capo cosca di Reggio Calabria ad essere annientato da misure penali più severe adottate contro chi saccheggia i conti pubblici.

Questi soggetti non sottrarrebbero fondi pubblici se non ci fosse un politico o un pubblico ufficiale corrotto a concederglieli sulla base di accordi continuativi. Sono i saccheggiatori dei beni dei contribuenti quelli preoccupati da certe normative come l’interruzione della prescrizione.

Riabilitare Craxi vuol dire consolidare un sistema marcio che ha portato giovani talentuosi ad emigrare all’estero in cerca di pari opportunità e stipendi decorosi. Un sistema che ha impoverito la sanità pubblica a favore di quella privata, un sistema che ha messo le nostre scuole nelle mani di chi l’ha resa inutile e dispendiosa.

Paolo Borsellino avrebbe compiuto 80 anni e avrebbe dovuto purtroppo vedere quello che noi oggi vediamo e che nemmeno lontanamente assomiglia al periodo in cui, rivolgendosi a lui, Giovanni Falcone, diceva «La gente fa il tifo per noi». Dalle sue parole: “E con ciò non intendeva riferirsi soltanto al conforto che l’appoggio morale della popolazione dà al lavoro del giudice. Significava soprattutto che il nostro lavoro, il suo lavoro stava anche smuovendo le coscienze, rompendo i sentimenti di accettazione della convivenza con la mafia, che costituiscono la vera forza di essa”.

I cittadini esercitano favoreggiamento alla mafia senza nemmeno più rendersene conto.