L’onnipresenza televisiva di Berlusconi non accenna a diradarsi. Tutt’altro. Si aggira fra Rai, La7 e Mediaset dando l’impressione di sentirsi a casa in ogni rete. La sua è una figura imbarazzante da ogni angolatura la si guardi ma la vera tragedia, è rappresentata dai suoi interlocutori: giornalisti, showman e conduttrici che sbattono le ciglia compiaciuti ad ogni frase di B. grondante di autocelebrazione.
Che dire poi del siparietto in cui, nella trasmissione Povera Patria, B. si esibisce in un motivetto francese col quale ricorda i bei tempi trascorsi a Parigi; raccapricciante assistere agli applausi che dei ragazzi presenti in studio gli rivolgono divertiti e compiaciuti.
Selfie, baci, auspici per il futuro, mani spellate ovunque e chi, come chi scrive, non si capacita di un tale sovvertimento di ciò che è presentabile e ciò che non lo è, anche fra persone che una frase ogni tanto contro la mafia, pure la spendono.
“La mafia”; Berlusconi la conosce meglio di tutti noi. Lo comunica ad un Paese distratto dalle sue barzellette, la Corte di Assise di Palermo che, nelle motivazioni della sentenza in cui hanno trovato condanna uomini del Ros, politici e mafiosi, dichiara “Da Berlusconi soldi a Cosa nostra fino al dicembre del 1994”.
Aveva accordi con i corleonesi che hanno assassinato Falcone e Borsellino in base ai quali, elargiva loro somme di denaro prima e durante la sua carica alla presidenza del consiglio eppure, nessun giornalista, trovandoselo davanti, ritiene di accennare non dico a tutte le 5252 pagine in cui viene raccontato dai giudici quanto Cosa nostra si sia fortificata proprio grazie a lui e a Dell’utri che da questo processo esce con 12 anni di carcere da scontare ma quanto meno, alle condanne riportate da B. per corruzione, falso in bilancio e appropriazione indebita, giusto per far capire ai telespettatori chi è l’individuo che, a favore di telecamere, racconta come renderà l’Italia un Paese meraviglioso.
Prima anteponevano il garantismo (spesso travisato in diritto di sottrarsi ai processi come un marchese del Grillo qualunque) a tutte le inchieste che partendo da Arcore conducevano a Corleone ora, condanne alla mano, grazie al lavoro di magistrati come Nino Di Matteo, contrastato da buona parte delle istituzioni nell’arco di tutto il processo come se l’imputato fosse lui, che fanno questi conduttori di talk show degni del circo Orfei ? Le oscurano.
Si ricordano della loro esistenza solo per chiedere migliori condizioni per il condannato Marcello Dell’Utri omettendo rigorosamente il perché se la sia beccata la condanna e per conto di chi.
Ecco perché poi assistiamo agli applausi di giovanissimi che, sicuramente, vedono in B. un modello vincente. Uno spettacolo indegno per un Paese che conta la mattanza di oltre mille morti in 3 anni per mano dei corleonesi che da B. hanno preso milioni.
Paolo Borsellino se n’è andato avvisandoci di come fossero stretti i suoi rapporti con la mafia e anche Giovanni Falcone ne ha lasciato traccia firmando la prima inchiesta che ha incriminato Vittorio Mangano il mafioso che aveva dimora presso B. ma l’indecenza di questi pseudo giornalisti va oltre le testimonianze di uomini i cui sacrifici, non abbiamo decisamente meritato.
Prendiamo ad esempio le parole di uno che crede davvero di essere un intellettuale di riferimento per la nazione, Corrado Augias il quale, cosi si esprime: Berlusconi al governo, “badava ai suoi affari e a scansare la galera con qualche legge su misura ma non ha danneggiato struttura ed equilibri dello Stato come rischiano di fare questi”, rifererndosi agli attuali esponenti di governo.
Quegli affarucci prevedevano mafia, sangue, corruzione, buchi nei bilanci pubblici e privati, distruzione e un decadimento morale che ad oggi, anche grazie a chi si esprime con la leggerezza di Augias, non conosce battute d’arresto.
Si fa presto a dire giornalista; come hanno raccontato ad esempio, l’indegno spettacolo delle celebrazioni di Giulio Andreotti al Senato in un falso storico dai contorni drammatici? Ci hanno forse raccontato che l’individuo santificato fra i senatori (si fa presto anche a dire senatore), si recava a Gioia Tauro per prendere caffè insieme a Mommo Piromalli ? Senza scomodare Totò Riina e le relazioni dimostrate tra lui e Cosa nostra fino al 1980 oggetto di prescrizione non di assoluzione come insistono i suoi fedelissimi che scrivono a questa redazione invitandola ad informarsi dalle memorie dei suoi avvocati Bongiorno e Coppi ( ma fateci il piacere…).
Ci sono tutte le premesse per future commemorazioni di questa bassezza anche per il cavaliere mi pare ovvio. Il nostro invito è, quantomeno per salvare il salvabile, oscurate quell’uomo il prima possibile con ogni mezzo! Raccontate all’Italia come ha piegato più legislature al volere della mafia e pentitevi del supporto che gli state dando per mero servilismo.