Adriano Celentano di nuovo sulle reti Mediaset; su Canale 5 ha presentato il suo ultimo lavoro “Adrian” che, stando alle notizie, non ha raggiunto il successo sperato. “Mafia international”, secondo il molleggiato, è la potente società che nel 2068 controllerà ogni cosa servendosi di strumenti criminali. Ma diamo uno sguardo a “mafia national” che di delinquenti in doppiopetto ne conta diversi e Silvio Berlusconi, è decisamente il primo.
Il paradosso in prima serata: Celentano rappresenta la mafia che controllerà il Paese nel 2068 e lo fa in casa dell’uomo che ha costruito il suo potere professionale e politico sugli accordi presi con i sanguinari boss di Cosa nostra.
Un grande artista, a parere di chi scrive, ineguagliabile. Adriano Celentano, ha saputo distinguersi nell’arco della sua carriera, non solo per importanti successi canori entrati nelle case di almeno tre generazioni ma anche da attore, da conduttore e da opinionista.
Le sue canzoni hanno raccontato i continui cambiamenti della società evidenziandone i lati oscuri, i soprusi, i danni all’ambiente ed alla salute e la smania di ricchezza che non guarda in faccia a nessuno e non conosce pietà per i più deboli.
Uno di questi soggetti è proprio Silvio Berlusconi, il padrone di casa della sua trasmissione. Sorge spontaneo chiedersi, come un professionista tutt’altro che sprovveduto, senta di fruire da volto immagine all’azienda simbolo del brianzolo nato all’ombra della mafia.
Difficile pensare che un uomo abituato a far passare i quotidiani tutte le mattine, affezionato lettore de Il Fatto Quotidiano , testata che da sempre segue gli sviluppi delle trattative intercorse fra uomini di Stato e mafiosi, non sia informato sulle vicende riguardanti una particolare trattativa: quella fra Berlusconi e i boss corleonesi che hanno massacrato Paolo Borsellino e Giovanni Falcone.
Fra un consiglio dei ministri e l’altro, fra un vertice internazionale e l’altro, predisponeva paccate di milioni per chi ha stroncato oltre 1500 vite in Sicilia e nel resto d’Italia.
Celentano non può non sapere. I telespettatori imbambolati davanti alle reti mediaset possono non sapere perché l’intelletto non li aiuta, con ogni evidenza; i lettori di giornali come Libero o Il Giornale possono non saperlo, chi li salva più?
Ma Celentano non può non sapere. E che dire della commedia con gli ospiti della serata? Paolo Bonolis si appella all’informazione sana che dà “notizie vere” a casa dell’individuo che notoriamente controlla tv, radio e giornali spargendo fango su chi tenta di smascherarlo e oscurando le notizie giudiziarie che lo riguardano?
Ovviamente Massimo Giletti, anch’egli presente, si trova d’accordo; ormai è il volto noto dell’antimafia da vetrina, in versione soprammobile. Intento com’è a mostrare alle telecamere il lato in cui meglio riesce a fingere indignazione.
Adriano Celentano, quanto tempo è passato da quando il tuo pubblico annoverava Pier Paolo Pasolini che, colpito da “Il ragazzo della via Gluck”, desiderava realizzare un film che raccontasse i disastri di una civiltà moderna che andava a sostituire per sempre, irrimediabilmente, la cultura contadina. Il tuo pubblico è quello che comprende l’essenza de “La pubblica ottusità”. Su Mediaset hai trovato quello che la incarna.
Il pubblico di “Chi non lavora non fa l’amore” cosa può condividere col pubblico di un capitalista che deve le sue fortune alla criminalità organizzata?
Dimostra di mettere in atto la tua nota considerazione sui fatti che contano: “Il ragionamento tante volte mi coinvolge anche in cose che non dovrei sapere, e così ragionando scopro che capisco meglio di quelli che ne sanno di più, che però in questo caso ne saprebbero meno, in quanto io ne so il doppio.”