Italian Whistleblowers

Nei paesi di cultura anglosassone, la parola whistleblower indica ‘una persona che lavorando all’interno di un’organizzazione, di un’azienda pubblica o privata si trova ad essere testimone di un comportamento irregolare, illegale, potenzialmente dannoso per la collettività e decide di segnalarlo all’interno dell’azienda stessa o all’autorità giudiziaria o all’attenzione dei media, per porre fine a quel comportamento’.

Ralph Nader nel 1972, in una conferenza sulla “Responsabilità professionale” così definisce il whistleblowing: “l’azione di un uomo o una donna che, credendo che l’interesse pubblico sia più importante dell’interesse dell’organizzazione di cui è al servizio, denuncia/segnala che l’organizzazione è coinvolta in un’attività irregolare, illegale, fraudolenta o dannosa”
Nader individua un referente preciso con un tratto connotativo positivo di impegno civile ed etico.

Nella cultura italiana il termine Whistleblower viene associato ai concetti di spia, delatore, talpa, informatore o anche spifferatore, soffiatore, gola profonda, fischiettatore. Termini che veicolano connotazioni negative di segretezza e anonimato legati a slealtà, al tradimento di un patto di fiducia, generalmente motivato da un tornaconto o un interesse personale. Anche i termini sentinella e vedetta non sono idonei in quanto rimandano all’idea di un ruolo codificato, istituzionalizzato, quasi professionalizzato e non di una scelta che si potrebbe presentare a chiunque.

In nessun modo, dunque, queste voci sono associabili in italiano a un comportamento etico, virtuoso, manifestazione di senso civico.

Identificare e dare dignità al comportamento ed all’impegno civico del Whistleblower è fondamentale anche per garantire la tutela della sua posizione lavorativa e sociale.

La scelta di denunciare irregolarità e comportamenti illegali riscontrati sul luogo di lavoro comporta spesso (se non sempre) ritorsioni e conseguenze negative per chi denuncia e, dunque, in tempi diversi e in diversi paesi, si è profilata la necessità di legiferare a tutela di queste persone.

Negli Stati Uniti addirittura nel 1863 il False Claim Act o legge Lincoln prevede una ricompensa per chi denuncia frodi ai danni del Governo Federale.

Ma è nel Regno Unito che è stata elaborata e adottata la legge più estesa e completa in materia: il Public Interest Disclosure Act del 1998.

In Italia soltanto con la Legge “anticorruzione” 190/2012 si prevede l’inserimento dell’art. 54 bis “Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti” nel decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165.

Successivamente, con la Legge 30 novembre 2017, n. 179, recante “Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato” è stata ampliata la tutela del Whistleblower che, però, resta insufficiente a garantire la protezione del denunciate ed a stimolare l’attività di denuncia nei luoghi di lavoro pubblici e privati.
Sarà un caso che tutti i Whistleblowers italiani sono stati perseguitati ed allontanati definitivamente dal proprio posto di lavoro?

Ed è per questo che Italian Whistleblowers ha deciso di fare rete e di sensibilizzare sul tema l’opinione pubblica, il Legislatore, l’Autorità Giudiziaria.

Team Italian Whistleblowers
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