Francesca Scoleri

Intervista al PM Annamaria Fiorillo: “Non Basta Dire la Verità Bisogna Difenderla”

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– Dottoressa Fiorillo, “Se Ruby è la nipote di Mubarak, io sono Nefertiti Regina del Nilo”, con queste parole, Lei è entrata nelle case di tutti gli italiani e nel resto del mondo visto il polverone sollevato dal caso Ruby a livello internazionale. Ha mai pensato, a mente fredda, che smentire pubblicamente l’allora Presidente del Consiglio Berlusconi e l’allora Ministro dell’Interno Maroni, possa essere stato un atto “azzardato” ?

Certamente fu un atto azzardato, ma anche l’unico possibile per ristabilire la verità dei fatti e l’onore della mia funzione. Certamente avrei potuto restarmene zitta; se l’avessi fatto con ogni probabilità il corso degli eventi sarebbe stato diverso. E non parlo solo delle vicende giudiziarie che ne seguirono riguardanti Berlusconi e delle loro conseguenze politiche, non parlo solo della visibilità mediatica che non ho cercato, dalla quale anzi mi sono dovuta difendere, non parlo solo del procedimento disciplinare il cui rischio ho fin da subito tenuto in conto ed accettato . Mi riferisco anche alla mia condizione personale di ogni giorno quale magistrato delegittimato. Mi riferisco inoltre agli effetti sulla mia carriera, considerato che la mia valutazione di professionalità in pendenza del disciplinare è rimasta sospesa per quattro anni con relativo blocco degli effetti economici.

Ma vorrei citare al riguardo una celebre frase di Martin Luther King: “Non basta non commettere ingiustizia, occorre combatterla. Non basta dire la verità bisogna difenderla”.

Quando annunciai alla stampa di aver avanzato ricorso al Consiglio Superiore Magistratura per la mia tutela e quando due giorni dopo , il 14 novembre 2011, andai alla trasmissione dell’Annunziata “Mezz’ora” sulla “7” per rilasciare in diretta (e quindi in modo non manipolabile) un’intervista che aveva il valore di una pubblica testimonianza, io agii non già nell’esercizio di un diritto, ma in stato di necessità e nell’adempimento di un dovere.

Questa non è la mia ricostruzione, la mia versione . Questo è principio affermato dalla Suprema Corte nella sentenza del 28 gennaio 2014 nr. 6827 la quale mi ha reso giustizia e mi ha restituito l’onore nell’ambito del procedimento disciplinare che era stato intentato contro di me dal Procuratore Generale per violazione del dovere di riserbo del magistrato.

Fui io a rivolgermi per prima al CSM a mia tutela perché Il Ministro degli Interni aveva affermato di fronte al Parlamento in seduta comune che gli organi di polizia affidando Ruby alla Minetti avevano agito correttamente perché avevano seguito le disposizioni del magistrato, cioè le mie , dichiarazioni “che non corrispondevano alla mia diretta esperienza” . Il CSM non ritenne che ci fossero i presupposti per un intervento in mia difesa ed emise una delibera di “non doversi procedere” motivando che il Ministro effettivamente aveva detto in quella sede una cose diverse da quelle che risultavano dalla mia esperienza, ma non c’era dolo: vale a dire che egli, nell’attribuirmi (falsamente) un simile irragionevole e scorretto operato, non aveva intenzione di offendere né me né l’ordine giudiziario.

Il procedimento disciplinare invece non fu archiviato, ma andò avanti per due anni mentre si svolgeva il processo a carico di Berlusconi per concussione e altri reati, nel quale venni chiamata a deporre ai sensi dell’art. 507 c.p.p. , ossia soltanto alla fine del dibattimento e soltanto perché chiamata dai Giudici perché l’accusa non aveva ritenuto di inserirmi nella lista dei testimoni.

Il CSM mi ha giudicato due volte. La prima volta il 10.5.2013 mi ha condannato alla censura . “Il Giornale” scrisse che “era come se mi avessero dato un buffetto”, ma le conseguenze sono gravi per un magistrato perché riguardano, come ho detto, la sua valutazione di professionalità e, dunque, la carriera e la retribuzione. Io l’ho vissuta come un’umiliazione che mi delegittimava , offuscando tutti i valori ai quali mi ero ispirata.

Contro questa decisione ho avanzato ricorso davanti alla Corte di Cassazione. L’ho fatto a mie spese, consapevole che gli annullamenti dei provvedimenti disciplinari sono veramente rari.

La Corte nella sentenza – che è molto importante perché non riguarda solo me, ma tutti i magistrati per i casi simili a venire e investe la questione dei rapporti con i mezzi di comunicazione – ha espresso la seguente massima: “ La condotta con la quale il magistrato si difende dall’attribuzione, sulla base di dichiarazioni diffuse dagli organi di informazione, di un provvedimento non solo di contenuto diverso da quello adottato, ma anche inconciliabile con i doveri del magistrato e con l’immagine che il magistrato deve dare di sé per la credibilità propria e della magistratura, non si pone di per sé, ma solo eventualmente per i mezzi concretamente usati, in contrasto con il valore dell’imparzialità , al quale anche sul piano dell’immagine il magistrato deve sempre uniformarsi. Ne consegue che nel caso in cui il magistrato faccia ricorso per difendersi ad interviste e comunicati stampa , la legittimità della condotta sul piano disciplinare in relazione alla configurabilità delle esimenti dello stato di necessità e dell’adempimento di un dovere, deve essere valutata con un giudizio ex ante avendo riguardo alle specifiche circostanza che hanno connotato la lesione dell’onore del magistrato…”

La Corte Suprema, dunque, ha accolto la mia impugnazione annullando la condanna con rinvio al CSM che il 17.7.2014 mi ha giudicato una seconda volta e, applicando quel principio, mi ha assolto.

In conclusione il mio sarà stato pure un gesto azzardato, ma gli effetti prodotti almeno per quanto riguarda la libertà di espressione dei magistrati sono stati positivi e rilevanti.

 

– In un contesto storico che vede l’Italia sprofondare sempre più in basso dal punto di vista etico e morale proprio dentro le istituzioni, ( quel caso celebre che la vide protagonista, ne è esempio e la cronaca giudiziaria racconta una realtà parallela dove la dinamica più diffusa è il perseguimento di arricchimento personale o di gruppi di potere ), che idea si è fatta rispetto alle leggi messe sul piatto dagli ultimi governi in materia di corruzione, abuso di ufficio e concussione ?

Io mi occupo di giustizia minorile e quindi non ho alcuna esperienza applicativa in materia di reati contro la Pubblica Amministrazione . Tuttavia, nell’ambito della formazione ho potuto accedere alle relazioni dei colleghi .

In particolare Raffaele Cantone, magistrato che ha lavorato presso l’Ufficio del Massimario della Suprema Corte , nominato nell’attuale Governo Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione ha individuato molti punti deboli nella legge . Lo “ spacchettamento” della concussione in due ipotesi –costrizione (art. 317 c.p.) e induzione indebita (art. 319 quater c.p. ) – oltre a creare problemi d’interpretazione, ha inciso sulla repressione dei reati (tenuto conto che il soggetto concusso per induzione, che prima era vittima, dopo la riforma diventa punibile e, quindi ovviamente non ha più alcun interesse a collaborare con la giustizia) ed ha anche inciso sulla successione delle leggi nel tempo, dovendosi stabilire quale fosse la legge più favorevole che è comunque quella che si applica nei processi in corso.

Sul tema corruzione personalmente condivido le considerazioni espresse da Piecamillo Davigo , attuale Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, nelle sue recenti interviste tra le quali cito quella del 22 aprile sul Corriere della Sera, nella “lectio magistralis” presso l’Università di Pisa e nella trasmissione “Piazza Pulita”, opinioni schiette e taglienti che hanno , come era prevedibile, provocato forti polemiche.

Il Consigliere Davigo, che ha fatto parte con Gherardo Colombo e Antonio Di Pietro del pool “Mani Pulite” e quindi di corruzione se ne intende, è noto, oltre che per la sua indiscutibile professionalità, per la sua libertà intellettuale e per l’indipendenza dai giochi delle correnti, il che lo rende inviso sia ai politici di tutti gli schieramenti politici (tranne 5 Stelle) sia alla maggioranza dei colleghi che militano negli altri gruppi (AREA, UNICOST) .

Con l’arguzia e la chiarezza di linguaggio che lo contraddistinguono rendendolo comprensibile anche ai non addetti ai lavori , Davigo ha detto quello che, secondo i sondaggi, 9 italiani su 10 e 8 magistrati su 10 (quelli non iscritti alle correnti e che non fanno vita associativa) pensano, ossia in breve che la corruzione non è stata affatto sconfitta , ma i corrotti “come le zebre” sono diventati più veloci a sfuggire alla Giustizia ed inoltre hanno smesso di vergognarsi; che i giudici fanno i processi, ma non occorre attenderne l’esito per sanzionare politicamente chi ruba ; che buona parte dei processi per reati contro la Pubblica Amministrazione si estinguono per prescrizione.

 

– Tornando alla vicenda dell’allora minore Karima El Mahroug detta Ruby, lei dichiarò “Sono state fatte pressioni per seguire una procedura non corretta ? Assolutamente si”. Quanti funzionari pubblici hanno il coraggio di comportarsi in questo modo sapendo che dietro le pressioni ci sono appunto persone molto potenti e influenti ? Mi rendo conto che non dovremmo parlare di coraggio ma di rispetto delle regole e delle istituzioni che persone come lei rappresentano ma…l’aria che tira è appunto questa…

Vorrei solo ricordare una cosa che forse molti hanno dimenticato, ma che è storia del nostro Paese, come è storia dell’antica Roma la nomina di un cavallo quale senatore da parte dell’imperatore Marco Aurelio.

Il 5 aprile 2011 il Parlamento approvò la mozione di sollevare il conflitto di attribuzioni davanti alla Corte Costituzionale affinchè Berlusconi venisse sottratto alla giurisdizione ordinaria e sottoposto a quella del Tribunale dei Ministri, in quanto, nel telefonare al Capo di Gabinetto delle Questura Ostuni per l’affido della “nipote di Mubarak”, egli aveva agito in veste di Premier “per evitare un incidente diplomatico con l’Egitto”.

La Corte Costituzionale rigettò il ricorso e Berlusconi venne giudicato dal Tribunale di Milano che in primo grado lo condannò a sette anni di reclusione per entrambi i reati (concussione e prostituzione minorile).

Durante il processo venne approvata la riforma anticorruzione di cui si è detto (legge 190/2012), così il Pubblico Ministero modificò la contestazione: da concussione (art. 317 c.p.) a induzione indebita (art. 319 quater c.p.)

Tuttavia il Tribunale ritenne che Berlusconi avesse costretto e non semplicemente indotto – come contestato dall’accusa – il Capo di Gabinetto della Questura di Milano Pietro Ostuni e, attraverso di lui, la Comm.ria Iafrate ad affidare la minore El Marough Karima (marocchina e non egiziana) a Nicol Minetti contro le disposizioni del magistrato minorile (cioè le mie) di collocarla in comunità .

Come si può notare,  in questa impostazione, che deriva dalla configurazione originaria da parte della Procura (concussione) i funzionari di polizia compaiono come vittime e non come autori di reato;   diversamente sarebbe avvenuto, se il P.M. avesse contestato il reato p. e p. dall’ art. 323 c.p. di abuso d’ufficio (con Berlusconi come eventuale mandante e i funzionari come esecutori ) .

In appello Berlusconi è stato assolto dall’accusa di concussione perché i Giudici di secondo grado, applicando la sentenza della Cassazione a Sezioni Unite interpretativa della riforma, hanno ritenuto che non ci fosse stata una costrizione tale da limitare radicalmente la libertà di determinazione dei funzionari di polizia (richiesta dall’art. 317 c.c. nella nuova formulazione ). Ma secondo la Corte d’Appello non ci sarebbe stata neppure l’indebita induzione prevista dall’art.319 quater c.p. perché questa, che consiste in una condotta di pressione non irresistibile da parte di un pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio che lascia al destinatario un margine significativo di autodeterminazione, richiede un indebito vantaggio e non è stato dimostrato che Ostuni e Iafrate abbiano avuto un indebito vantaggio facendo a Berlusconi il favore di affidare Ruby alla Minetti.

Quindi, secondo la Corte d’Appello, il fatto non sussiste.

Dopo il deposito della sentenza di secondo grado il Presidente del Collegio Tranfa ha dato le dimissioni,

La camera di consiglio della Corte di Cassazione che ha confermato e reso definitiva la sentenza di assoluzione è durata dieci ore.

In conclusione per questi funzionari di polizia disattendere le mie disposizioni non ha costituito condotta penalmente rilevante. Nessuna contestazione è stata mossa dalla Procura nei loro confronti e la posizione della Iafrate, che era stata indagata per falsa testimonianza (nel procedimento c.d. Ruby ter)su indicazione dei Giudici di primo grado, è stata archiviata per mancanza di dolo .

Vorrei ricordare l’art. 109 della Costituzione che pone il principio di subordinazione delle forze dell’ordine alla magistratura: “L’autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria”

Non mi risulta che ci siano stati provvedimenti disciplinari o conseguenze negative sulle carriere dei predetti funzionari.

 

– Lei si occupa di minori, emerge da dati raccolti da enti come l’Istat, che con l’aumento della povertà economica, cresce la “povertà educativa”. In assenza di soldi, la scuola non è più prioritaria per le famiglie e la strada diventa teatro di crescita forzata. La malavita ne ha la meglio, a Milano come a Napoli suppongo. Pensa che l’esecutivo dovrebbe intervenire su questi dati a dir poco allarmanti, con delle azioni forti e mirate ?

Prima di diventare magistrato sono stata un’insegnante di diritto e di economia politica nelle scuole medie superiori per 17 anni.

Conosco quindi profondamente il mondo della scuola, nel quale torno con grande amore ed entusiasmo per parlare di legalità, argomento che – come sottolineo sempre – va affrontato cogliendo questo termine nella corretta accezione.

Ispirandomi al culto della ragione di Kant, penso che la legge sia un mezzo al fine della Giustizia . Credo perciò che, seguendo un ordine razionale, ci si debba opporre alle leggi ingiuste e si debbano smascherare ed invalidare le leggi ad personam . La non legalità in alcune circostanze e situazioni puo essere eroica. Ad esempio penso a quell’ ufficiale dello stato civile che falsificava gli atti di nascita degli Ebrei per impedire la loro deportazione. Sono una grande ammiratrice di Gandhi il quale ha vinto le sue lotte con la non violenza e la disobbedienza civile ed è stato anche in carcere per essersi posto contro le leggi del sistema dominante, come pure Martin Luther King, Nelson Mandela e Aung San Suu Kyi.

Tornando alla scuola, l’ho vista cambiare profondamente in questi ultimi sedici anni e, volendo far riferimento al pensiero di Zygmunt Bauman (la società liquida) ho assistito alla sua liquefazione, ossia alla perdita di qualsiasi riferimento solido.

Il progresso tecnologico sviluppatosi così velocemente si è impadronito delle nuove generazioni creando un gap invalicabile , lasciando indietro lo sviluppo della cultura e dei rapporti pedagogici.

L’educazione intesa come creazione di valore con i suoi aneliti idealistici tipica degli anni pre 2000 ha lasciato il posto a un’istruzione superficiale che favorisce il pensiero convergente e il conformismo.

Gli insegnanti non sono più portatori e produttori di cultura. Agli insegnanti, frustrati dalla loro ormai modesta condizione sociale ed economica e da una situazione lavorativa precaria, spaventati da ogni annunciata riforma scolastica, viene richiesto soltanto di conoscere e trasmettere la disciplina corrispondente alla classe di concorso, ma nulla conta la competenza pedagogica, spesso completamente assente come del resto la naturale attitudine.

Se si vuole distruggere un sistema sociale e politico o viceversa crearne uno nuovo basta concentrarsi su tre settori: la scuola, la giustizia e i mezzi di comunicazione .

L’investimento economico nella scuola è certamente esiguo rispetto alla centralità che essa dovrebbe avere, ma non si tratta, a mio parere, soltanto di una questione di risorse.

E’ invece una questione culturale e politica che può risolversi soltanto attraverso una presa di coscienza interna alla scuola stessa e ad iniziative che partono dalla base ossia dagli insegnanti e soprattutto dagli studenti. Forse un nuovo ’68.

 

– L’ambito della tutela dei minori è ben organizzato nel nostro Paese secondo Lei ?

Sicuramente occorre mettere mano ad una riforma che raccolga tutte le competenze in materia di minori e di famiglia oggi frammentate tra Tribunale per i Minorenni, Tribunale Ordinario Civile (Giudice della separazione e del divorzio) e Giudice Tutelare. Lungo è l’elenco degli aspetti critici che il sistema attuale presenta , sono così tanti che ci vorrebbe un’intervista a parte. Tuttavia ciò che si propone adesso con la riforma Ferrante (la solita riforma che cala dall’alto, senza risultare in alcun modo condivisa, essendo anzi avversata sia dall’ANM – associazione nazionale magistrati – sia dall’ANMF –associazione nazionale magistrati per la famiglia -) è davvero pericoloso e distruttivo.

Si tratta sostanzialmente di abolire il Tribunale per i Minorenni eliminando l’esclusività della sua competenza e togliendo di mezzo i Giudici Onorari.

Al posto del Tribunale per i Minorenni e delle Procure per i Minorenni saranno create delle sezioni specializzate presso i Tribunali ordinari e le Procure ordinarie, con accorpamento (e prevedibile intasamento) degli uffici amministrativi di contorno, come cancellerie e segreterie. Così i giudici e i pubblici ministeri che si occuperanno dei minori saranno gli stessi che si occupano degli adulti sia nei procedimenti penali (esempio falso in bilancio e ricettazione del motorino) che civili (esempio causa successoria e adozione) dovendosi inventare capacità ed attitudini che solo la specializzazione può dare, scomparendo anche l’apporto alle decisioni delle discipline mediche, pedagogiche, psicologiche di cui i Giudici Onorari sono portatori.

Non è la prima volta che si tenta di distruggere la Giustizia minorile la quale, almeno dal punto di vista del valore e dell’alta ispirazione delle fonti normative (il codice minorile del 1988) rappresenta un fiore all’occhiello per l’Italia in Europa e nel mondo. Ci provò il ministro Caselli (Lega) durante il ventennio Berlusconiano ed intervenne Pierferdinando Casini a bloccarlo sollevando in via preliminare una questione di legittimità costituzionale.

Non mi sembra, comunque, che i mezzi di comunicazione parlino molto di questo argomento…

 

– Infine, ad ottobre ci sarà un Referendum che riguarda le riforme costituzionali previste e scritte dal governo Renzi, si è fatta un’idea rispetto al quesito referendario e sulle riforme stesse ?

Io un’idea me la sono fatta eccome, ma non oso parlare. Alcuni miei colleghi sono stati sgridati per questo!

Diciamo che ho letto con interesse l’appello di Gianfranco Pasquino, professore di Scienza Politica all’Università di Bologna.

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