Francesca Scoleri

Imprenditore campano: io distrutto dallo Stato. Avessi pagato il pizzo qualcuno mi avrebbe protetto

Cercheremo, con l’intervista qui pubblicata, di introdurci in un ambiente che più volte è stato oggetto di denuncia da parte dei cittadini. Da nord a sud d’Italia.
L’ambiente dei tribunali fallimentari e delle aste giudiziarie dove il destino di chi perde la propria attività o la propria abitazione, col conseguente carico di dolore che si porta dietro, incrocia la gelida burocrazia e qualche volta, l’infedeltà di pubblici ufficiali.

– Imprenditore nel settore calzature a San Giorgio a Cremano; proprietario di un negozio tra i più accreditati ed assortiti della Campania. Un’attività fiorente che ha visto sgretolarsi sotto i suoi occhi.
Com’era la situazione della sua azienda prima del fallimento e quale scenario si è aperto nel momento in cui ha realizzato che la stava perdendo?

Ringraziandovi per l’attenzione riservata alla mia vicenda, faccio due premesse; la mia azienda muoveva un volume d’affari di circa 3 milioni di euro l’anno e, cosa che mi rendeva molto orgoglioso, ero considerato fra i più affidabili imprenditori della zona da tutti i fornitori nel settore.

La nostra è purtroppo una zona di trincea però e tutto quello che sembrava florido e duraturo era prossimo alla sciagura per situazioni che tutti conoscono, nelle istituzioni intendo, e allo stesso tempo, ignorano.

Un commerciante qui deve lottare non solo contro un fisco vessatorio, fra i peggiori d’Europa; qui si deve lottare coi concorrenti sleali che senza carico fiscale, possono offrire prezzi migliori, qui si lotta coi commercianti legati a doppio filo alla criminalità organizzata che per riciclare denaro sporco, finanzia attività che aprono e chiudono senza alcun disturbo. Gente pronta a tutto. Nel giro di pochi anni, tutti questi elementi, mi hanno messo difronte a grosse difficoltà che mi hanno spinto a chiudere la mia ditta individuale.

Il mio fine era consentire maggiore elasticità nella gestione delle somme che avrei dovuto riconoscere ad enti, banche ed aziende, ottenendo magari una dilazione per i debiti e maggiore respiro.

Tale Ditta però, è stata dichiarata fallita per una errata manovra – diciamo errata ma il sospetto è che sia stata una manovra ideata a tavolino – effettuata dal commercialista in quanto, chiuse la ditta a dicembre 2009, ma la comunicazione della chiusura partita IVA fu trasmessa a marzo del 2010. Dal giorno del fallimento in data 3 febbraio 2011, si è aperto davanti ai miei occhi uno scenario sconosciuto e spaventoso.

La mia condotta inappuntabile dal punto di vista della gestione – sin dall’inizio della mia intrapresa imprenditoriale – mi ha reso completamente estraneo a determinate terminologie legali. Le mie uniche preoccupazioni, fino a quel momento, erano legate ai miei doveri contabili, alla promozione del mio commercio, a fidelizzare clienti..

Dichiarato il fallimento, ha avuto inizio un vero e proprio incubo, anche perché dopo qualche giorno ho intuito che le mie proprietà sarebbero state messe all’asta.

– Riponeva la sua fiducia nell’ambiente in cui stava per addentrarsi, la sede in cui dovevano stabilire come e quando privarla dei suoi beni?

La mia preoccupazione era evidente e tangibile e il curatore della procedura fallimentare, se ne è reso conto immediatamente intuendo, fra l’altro, la mia totale inesperienza in materia.

Io non sapevo cosa significassero termini come “fallimento” e non sapevo nemmeno che tipo di esercizio svolgesse un curatore. Lui mi tranquillizzava e mi rassicurava su tutto quello che sarebbe avvenuto.

Stabilì con me un rapporto di fiducia ed io ne sentivo disperatamente bisogno. Si spinse a dirmi che godeva di rapporti privilegiati con giudici e cancellieri della fallimentare per poi arrivare a rendere esplicito che avrebbe potuto pilotare a suo gradimento tempi e somme relative alle aste, decidendo egli stesso anche il prezzo di valutazione che il CTU avrebbe emesso sugli immobili.

Sostanzialmnte: “stai tranquillo” . Concetto che il curatore ha ribadito durante tutto il corso del fallimento, ad ogni incontro ed a riprova di ciò, mi dimostrava persino le aste che egli stesso decideva di far andare deserte al fine di poter godere di ulteriori abbattimenti del prezzo. Ogni asta deserta comportava una riduzione del prezzo del 25%. Difatti, molte aste sono andate deserte sotto i miei occhi e puntualmente, il curatore ripeteva che “sapeva lui quando ed a quale importo io stesso potevo rientrare in possesso delle mie proprietà”

Io vivevo costantemente in preda all’ansia – cosa che succede anche oggi – perché questo affidarmi totalmente a qualcuno che non fossi io, era una novità nella mia vita di persona intraprendente. Ma non avevo altra scelta.

Tutte le nostre conversazioni si tenevano presso il suo studio, anche tutte le aste si svolgevano presso il suo studio, lui era il curatore e la moglie, avvocato, si occupava della curatela. Durante questa esperienza, che oggi ritengo traumatica e umanamente non sopportabile, io e la mia famiglia, abbiamo dovuto affrontare e subire di tutto.
Vessazioni e continue richieste da parte del curatore che mi trovavano in una condizione di subalternità psicologica. Temevo che non assecondandole, sarei sprofondato nel baratro.

Oggi quando ci penso, mi convinco che il baratro fosse proprio quell’acconsentire continuo. Le dico la verità, avrei preferito che la camorra mi mettesse una bomba!

Avrei perso tutto e mi sarei dato pace forse. Cosi non è possibile. Quando la cosa pubblica è rappresentata da uomini che ti vedono con un piede nella fossa e ti ci buttano completamente, non puoi darti pace.

In aggiunta a questa condizione di totale inerzia rispetto a quanto mi si prospettava, ricevevo minacce sia a casa che nel negozio; minacce telefoniche e persino due lettere minatorie contenenti proiettili.

– Chi c’era dietro queste minacce?

Persone che avevano interesse ad aggiudicarsi le mie appetibili proprietà senza incontrare ostacoli. Anche questo l’ho realizzato troppo tardi. Il sospetto è che ci fosse un legame fra questi soggetti e chi mi spingeva a stare “tranquillo” anche se non c’erano le condizioni per esserlo.

– Ci parli meglio di questo pubblico ufficiale che avrebbe lasciato aperta la possibilità di ottenere di nuovo i beni pignorati…

Non so fino a che punto fosse coinvolto con la malavita, ma a seguito di tutto ciò che io e la mia famiglia abbiamo subito, (e repentinamente denunciato), posso senza dubbio ritenere che abbia avuto contatti ed agevolato le acquisizioni all’asta a determinati soggetti aggiudicatari.

Più volte ho condiviso con lui la possibilità di far intervenire un avvocato nella vicenda e lui trovava mille motivi per farmi desistere dal farlo. Ma le cose non mi quadravano.

Ho sperato di riprendermi tutto confidando nella giustizia, ma quando le minacce hanno raggiunto livelli troppo allarmanti per me e per i miei familiari, ho mollato la presa e ho realizzato tutto quello che stava accadendo intorno a me. Ho denunciato il curatore e ora, sono in attesa di sapere cosa accadrà.

Denunce che hanno superato ben due tentativi di archiviazione.

– Oggi quali sono le sue aspettative nei confronti della giustizia? Si sente tranquillo nell’affrontare il percorso che ha davanti per definire la sua vicenda?

Oggi come in passato nutro fiducia in qualche rappresentante della legge, ma non in tutti. Credo nella capacità e nell’onestà di qualche magistrato, ma sinceramente mi sento sfiduciato ed impaurito soprattutto per la mia famiglia.

Fin quando Dio mi darà vita, resteranno sempre custoditi in un angolo del mio cuore i beni che con decenni di sacrifici e di onesto lavoro, ho conquistato insieme alla mia famiglia e che purtroppo ci sono stati sottratti.

Ma oggi il mio unico desiderio è poter garantire un futuro sereno ai miei figli; desidero che siano orgogliosi del loro nome, un nome privo di macchie ed ombre create volutamente dalla infernale ed intollerabile macchina mal funzionante che è la giustizia.

Ho deciso di rilasciare questa intervista, per dare un sussulto di solidarietà anche ad altri che come me stanno vivendo questo inferno; artigiani, commercianti, imprenditori onesti spaesati e umiliati da una cosa pubblica manovrata ad uso e consumo di corrotti. O di pedine della malavita ben vestiti, educati e concilianti.

Le confesso che sarebbe stato molto più semplice per me, pagare il pizzo – che non ho mai pagato in vita mia – a camorristi che ogni mese arrivano e si prendono quanto pattuito. Avrei avuto qualcuno a proteggere la mia attività. Oggi chi ho? Lo Stato?

La Themis & Metis augura a lei ed a tutte le persone che come lei sono finite nel vortice del fallimento professionale, di risollevarsi e di avere un’attività più fiorente di quella precedente.
Ci auguriamo ovviamente, che ci siano più controlli e meno sciacallaggio all’interno di questi ambienti e che l’iter giudiziario che sta attraversando si svolga nella massima serenità e serietà.