Francesca Scoleri

Matteo Renzi e l’imputato per corruzione internazionale. Magistrati verso la verità?

Dal mio articolo su Il Format.info 

Esecutivo sui carboni ardenti, ieri per i deliri di onnipotenza di Renzi, oggi per il Coronavirus, domani per le 400 nomine in fase di conferimento. Prestigiose aziende pubbliche che vanno rinnovate ai vertici e i soliti boiardi di Stato pronti a rimpinguare i propri conti.

Dal governo promettono scelte basate sul merito e sulla competenza; nel finire in guai giudiziari? La domanda sorge spontanea nell’apprendere della visita di Claudio Descalzi, nei giorni scorsi, presso l’ufficio a Palazzo Chigi di Riccardo Fraccaro, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Secondo Il Corriere della sera, l’attuale Amministratore Delegato di Eni, otterrà la riconferma della nomina.

Fosse questa notizia fondata, ci chiediamo che senso ha cambiare governi e rappresentanti parlamentari se la rete di affari privati – grossi e sporchi – fondati sull’occupazione delle cariche pubbliche, può continuare indisturbata? In base a quale criterio chi è imputato nel processo per una maxi tangente di oltre un miliardo di dollari, meriterebbe la riconferma ad una carica cosi importante superiore in potere persino ad un ministro? E’ già inammissibile che sia ancora al suo posto con un carico pendente di questa portata e qui addirittura si parla di un nuovo mandato? Un processo imponente, partito al rallentatore per via di una assurda “dimenticanza”: i capi di imputazione.

All’indomani dell’apertura delle pesantissime indagini a carico di Descalzi, Matteo Renzi, che ne aveva sostenuto la nomina, ebbe una sola risposta per i cittadini che rappresentava alla Presidenza del Consiglio: “Sono felice di aver scelto Claudio Descalzi ceo di Eni. Potessi lo rifarei domattina”.

Il domattina è oggi e fra le varie altalene di Renzi al limite della psicopatia, troviamo proprio la riconquista di questa nomina. Una rete di relazioni – apparentemente incomprensibili – ruota intorno a questo processo; un avvocato, Piero Amara – due prestigiosi studi legali, uno a Roma ed uno a Dubai – protagonista di una vicenda giudiziaria che ha fatto tremare parecchi polsi, persino di magistrati in diverse procure d’Italia.

Amara ha patteggiato tre anni di reclusione per corruzione in atti giudiziari ed ha deciso di raccontare parecchie cose interessanti nel processo definito “depistaggio ENI”, una fitta rete di intrallazzi finalizzati, secondo i pm, “a salvare” proprio Claudio Descalzi dai processi.
Con chi tramava l’avvocato Amara, potentissimo anello di congiunzione in un sistema costituito per piegare la giustizia ad uso e consumo di pochi? Con Luca Lotti e Denis Verdini. Questo riferisce nelle sue testimonianze.

E sempre secondo i pm, gli indagati erano “tutti interessati a vario titolo a proteggere Descalzi dalle indagini per corruzione internazionale”. Due soggetti riconducibili proprio a Matteo Renzi che è li pronto a battersi per il rinnovo della nomina a Descalzi.

Notizia di pochi giorni fa, nel processo in questione, grazie al decreto voluto dal Ministro Bonafede, saranno utilizzate importanti intercettazioni che tracceranno il percorso di nomine ricollegabili ad uomini della P2 interessati all’acquisizione di blocchi petroliferi proprio in Nigeria il che complica la posizione degli imputati che speravano di aver scongiurato il pericolo intercettazioni grazie alla legge bavaglio voluta indovinate da chi? Piccolo aiuto: è stata ideata nel pieno del caso Consip…

Si proprio lui, Matteo Renzi che oggi, nel pieno di una emergenza sanitaria, occupa il tempo a pianificare un esecutivo nuovo di zecca dal basso del suo sovrastimato 3% e lo fa con tutti i fan di Descalzi, Denis Verdini e Matteo Salvini.

Su questa nomina il M5S rischia la faccia e l’identità. Attenzione!