Giorni di ricatti e paura a Taranto; l’azienda attualmente a capo dell’Ilva, la ArcelorMittal Italia, ha mandato un messaggio forte e chiaro al governo e in particolare, al Ministro dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio: o si ripristina l’immunità penale accordata dal governo Gentiloni per iniziativa di Carlo Calenda o l’azienda chiude per sempre i battenti.
Nel frattempo, ha messo in cassa integrazione 1400 persone, iniziativa che suona come un avvertimento minaccioso.
La storia dell’Ilva è costellata di sodalizi col potere e a farne le spese, sono sempre stati i cittadini portati all’esasperazione da una scelta dolorosa da ogni punto di vista: la salvaguardia della salute e del’ambiente, o l’occupazione per gli oltre 14.000 dipendenti.
Nei prossimi giorni, sapremo se Di Maio gestirà il caso spinoso cedendo al ricatto o mantenendo ferma la volontà di lasciare invariata la norma che ha cancellato l’immunità penale nel DL crescita che andrà ad approvazione nei prossimi giorni.
Ma come siamo arrivati a tutto questo?
Innanzitutto, è bene ricordare che pochi mesi fa, la Corte Europea dei diritti umani, ha condannato il nostro Paese per aver violato il diritto alla salute dei cittadini di Taranto mettendoli in pericolo con le emissioni inquinanti dell’acciaieria. La Corte Europea ha sottolineato come i vari decreti salva-Ilva, abbiano rappresentato uno scudo per l’azienda e una minaccia crescente per ambiente e salute dei cittadini.
Un’azienda che ha proliferato negli accordi col potere di turno; la famiglia Riva, ha finanziato le campagne elettorali di politici di ogni colore influenzando cosi leggi e decreti che per questa e non altre ragioni, sono state ribattezzate salva-Ilva.
Pierluigi Bersani, PD, ha ricevuto un finanziamento di 98 mila euro dal gruppo Riva mentre sulla famiglia pendevano condanne di tipo penale e alcuni componenti erano ricercati dalla polizia cosi come il partito di Berlusconi che dai Riva ha ricevuto donazioni per 245 mila euro.
Come non mettere in relazione queste donazioni con la raffica di attacchi ai magistrati che nel 2012 finalmente aprono occhi e inchieste su Taranto e le sue terribili condizioni. Quando il Procuratore Franco Sebastio chiede il sequestro della fabbrica, piovono critiche da ogni parte politica e dai giornali anch’essi oggetto della “generosità” della famiglia Riva.
Ma quello era solo l’inizio.
L’impunità c’era anche quando non era formalizzata e firmata da esponenti di governo; si annidava nelle mentite spoglie del “sostegno alle aziende” che producono ricchezza e occupazione. Si ma a che prezzo? Migliaia di morti per tumore, mare inquinato, aria irrespirabile, branchi di animali avvelenati e sterminati, terra resa per sempre arida e improduttiva; a tutto questo Carlo Calenda, da ministro dello Sviluppo Economico, ha risposto con la vergognosa immunità penale che di fatto, ha mantenuto in piedi i vecchi solidi accordi a scapito di chi muore.
Nel quartiere Tamburi di Taranto, le scuole sono spesso chiuse perché troppo vicine alle emissioni della fabbrica e i bambini, non solo non si vedono riconoscere il diritto all’istruzione, ma non possono nemmeno permettersi di giocare sotto casa come normalmente accade.
I casi di tumori sono in costante aumento e nella città che ha dato profitti incalcolabili ai proprietari dell’Ilva, non c’è nemmeno un centro tumori dove andarsi a curare.
Oggi, per mantenere questo deprecabile stato di cose, la ArcelorMittal insiste con l’immunità penale al fine di “operare meglio”. Non fosse drammatico verrebbe da ridere.
Da segnalare la chiarissima posizione presa dal ministro dell’Interno a tempo perso Matteo Salvini il quale ha dichiarato “gli investitori vanno agevolati”. Alla faccia dell’agevolazione: la sospensione del codice penale.
Il Paese ha il dovere di affiancare i cittadini di Taranto in questa battaglia per la difesa del diritto alla vita. Il profitto ad ogni costo va fermato.
Spero che il Ministro Di Maio dimostri di voler infrangere questo meccanismo mortale e ragioni attraverso le parole di un bimbo che in braccio al suo papà, scoprendo di aver perso la sorellina di 3 anni diceva a favore di telecamera:
“…è andata in cielo…ma anche in cielo deve mettere la mascherina quando esce di casa?…”