Interceptor

C’è un’Avvocato  vile  e traditore.

Russiagate, avvocati che mentono  per  proteggere  Trump. Caso Enzo Tortora: Giudici  intoccabili,  che  sbagliano  e non pagano (e  molto di rado  chiedono “scusa”). Eni tangenti in  Nigeria, Avvocati infedeli  che  fanno  carte  false  per sviare  il corso  di  procedimenti  penali e  depistare  le  indagini (l’Avv. Massimo  Mantovani  – capo dell’ufficio legale  dell’Eni – indagato per associazione  a  delinquere  finalizzata ai reati di false informazioni a PM e calunnia).

E  potrei andare  avanti  così per  un’intera  giornata snocciolando  casi e  storie. Ma il  titolo di  questo mio articolo  trae  ispirazione da vicende molto  più  terra-terra che hanno  toccato personalmente  alcuni che  conosco da  vicino (che potevano benissimo capitare ad  ognuno di voi). Come  il  caso di  Peter  (nome  di  fantasia)  che  m’ha  raccontato  d’aver  rivelato ad  un amico  avvocato  il  nome  dell’assassino di  un  noto avvocato ucciso  in  un  agguato.

Sapeva   anche dov’era nascosta  l’arma  del delitto  perché  è  stato  lo  stesso  assassino  a rivelarglielo. “Che  faccio” – chiede  al Legale  “racconto quello  che  so  agli  inquirenti?”. Glaciale la  risposta:  “No, no,  fatti  i  cazzi  tuoi”.  O  come la  storia  di Pietro  (sempre  nome non di fantasia)  che  rimane  coinvolto  in  un  terribile  indicente stradale. Un  furgone  impazzito passa  col rosso  e lo centra  in  pieno. A  momenti  l’accoppa con  i  suoi  due  cani.

Ovvia querela dello  sventurato  per lesioni e  prima  udienza  davanti  al  Giudice (vedi documento pdf allegato n. 1).  Ma il  suo  Avvocato non  si  presenta in  aula; lei  era  diversamente  impegnata  in altra corte  e non  ritenne utile giustificarsi. Quindi, ovviamente,  non  presenta nemmeno  la  costituzione  di parte civile  per  il  suo  assistito. Morale: Pietro  vince la causa  ma – grazie  al  suo  virtuoso legale – non ottiene  alcun  risarcimento in sentenza. Notato lo  scrupolo e la “diligenza”?

Roba  Far  West. Poco dopo mezzogiorno di  fuoco la Beffa delle Beffe. La  Prefettura di Torino gli  revoca pure (illegittimamente) la patente  di  guida. Lui che  crede  ancora in  Babbo  Natale non si dà  per  vinto. Si  lascia  andare  ad una  morigerata esultanza facendo  ricorso al Giudice  per  riavere il suo documento di  guida. La  Giudice però  gli nega  la  restituzione  perchè  dal  fascicolo processuale nel frattempo son  ‘spariti’ i   carteggi che  provano che  ha  ragione. Richiederne un’altra  copia  al  ricorrente sarebbe stato troppo complicato,  un’inutile fastidio,  più semplice andare  a  sentenza  con  un diniego.

Così  il malcapitato sporge  anche  querela per la sottrazione dei  suoi  atti dagli  uffici  giudiziari non  cavando  un  ragno  dal  buco.  Mi  si  perdoni  la  cafoneria nel  far  notare come in  tutto questo frattempo il  Ministero dei Trasporti ed  il Ministro della Giustizia (interpellati dal vessato automobilista per  l’opportuna autotutela del  caso) han  disdicevolmente taciuto su  tutti i  fronti. Danilo Toninelli (“Ci sono stato, ci sono e ci sarò”), e l’Avv. Alfonso Bonafede, lo stesso dello  slogan “Voglio che voi sappiate che in via Arenula c’è un ministro che vi ascolta” (mica  detto che vi legge).

Due ministri cinquestellisti del  cambiamento e del “nuovo  che  avanza” che  pontificano a profusione   sui  social ma si  trincerano  nel più fitto mutismo quando  son a contatto con cose terrestri del mondo  reale.  Franz Kafka che  ha scritto di tormenti, angosce, incubi ed i dolori di vite disperate, non  sarebbe riuscito ad immaginare  comicità  migliore per  un  suo  libro. (vedi documento pdf allegato n. 2).

O  ancora  il  caso  di  Pietro  (nome di  fantasia  ovviamente) che  ignora il  decorso d’un  vecchissimo  procedimento penale nel  quale  è  stato  ingiustamente condannato anni  addietro in  primo grado (l’avvocato ha  ‘scordato’ di  depositare  in  atti  alcuni importanti  documenti probanti che  scagionano l’imputato). Ma c’è  ampio margine per  rimediare  in  appello.

Solo che il  fido avvocato  di  prime  cure “dimentica” anche  di  presentare  l’appello per il secondo grado di  giudizio. Morale, la  sentenza  di  condanna diventa definitiva ed  irrevocabile. Rigettate  tutte  le  istanze  di rimessione  in  termini  del  procedimento, viene spiccato  il mandato di  cattura,  viene arrestato e  tenuto  in  carcere  per  scontare interamente  la  pena (vedi documento pdf allegato n. 3). In  questo  caso solo  un severo  monito per  lo  sbadato patrocinatore, con lieve  tiratina  d’orecchi  da  parte del  Consiglio  dell’Ordine degli Avvocati.

Scusate il  citazionismo ma mi riesce più semplice riferire  di  fatti  che conosco  personalmente piuttosto di  cose  per  “sentito dire”. E’ partendo  da  queste  tre  storie d’ ordinaria  giustizia (o  in-giustizia fate voi)  che m’è frullata  in  testa  l’idea  di  questo articolo ed il titolo. Ho fatto questa banale riflessione: se io  che  sono  un’umile bracciante dell’informatica,  sbaglio un’operazione di  migrazione dati, con opportune procedure  di disaster recovery posso sempre recuperare  il  backup  e porvi rimedio, non  perdo  niente.

Se  invece  sbaglia un  chirurgo, un  giudice o  un  avvocato  son  danni. Anche  parecchio gravi  ed  ingenti. Chi  se ne  intende dice  che alla  fine, probabilmente,   è solo  una questione  di palle. Infatti, quando noi  operai ci  ritroviamo giochiamo  a palla. Quando i  dirigenti  si  trovano  invece giocano  a  tennis. Quando  gli  avvocati  d’affari s’incontrano  però giocano a golf. Più grande  è  il  potere  più  piccole  son  le palle.

Tornando al  quesito  iniziale, può  un  avvocato  esser  vile  e  traditore? Come si  fa a  riconoscere  uno  di  questi disertori  del  diritto?  Per  appagare  la  vostra  sete  di sapere  Vi  proporrò 10  storie  reali, 10  storie differenti e  per  certi  versi inedite, che  vedono protagonisti 10  tipologie  diverse  di  toghe: penalisti,  tributaristi, business  lawyer o avvocati d’affari, professori  universitari, accademici,  giudici  etc  etc.

Aguzzate  la  vista e notate  le  differenze; prendetelo come fosse  un  test  enigmistico. Tra  questi 10  solo  uno è l’avvocato  Vile  e Traditore (nel senso  più  letterario e stretto del  termine). Gli  altri  sono  qualcos’ “altro”. Io  giocherò  a  carte  scoperte, quindi di  alcuni  potrò  svelarvi   nome e cognome,  comprovando documenti alla  mano   il  fattaccio  (se  la  storia più  o  meno  già  di  pubblico  dominio), di  altri no,  per  ragioni  di  riservatezza ed umana  pietà.  Perchè vedete – vi  prego di  credermi –  l’obiettivo non  è  assolutamente  quello  di  denigrare  la  classe  forense. Anzi.

Potrei  tranquillamente esporvi  non 10,  ma  centinaia  di  casi  di virtuosi  professionisti  del  diritto,  che non lavorano a  tassametro  come  tanti (cioè badando  solo  al profitto ed  al vile  denaro) ma  vivono  anche  emotivamente la  loro  professione  con partecipazione e grande sensibilità, in modo quasi  romantico, come se la  loro fosse una vera missione. Ovviamente son  solisti del  diritto, perché son  quelle  mosche  bianche che conservano  ancora la capacità  di  riuscire a stupire condividendo realmente le angosce dei propri clienti.

Ricordo il caso  – uno  per  tutti  di  Pietro (altro nome  non  di  fantasia) messo  alla  berlina per  quasi  10  anni con  gravi accuse (tra cui  accesso  abusivo a  sistema  informatico e  pedopornografia)  assolto grazie al  meticoloso lavoro difensivo di un  bravo giurista  informatico: l’Avv. Roberto Capra  di  Torino (giusto  per non  far nomi – vedi documento pdf allegato n. 4). Chiarito  quindi che  l’obiettivo  non  è  lo  sputtanamento della  categoria passo  subitamente  in  rassegna i  10 cases study:

Caso  numero 1)

Un’importante Studio Legale  e Tributario invia   la seguente  lettera  di  rimostranze  ad un  notissimo e prestigioso Studio  di  Avvocati  specializzato  in  diritto  societario. Non è  uno  studio qualsiasi, è una  delle    boutique legali  Europee tra le più quotate,  almeno  quanto le  società dell’alta  finanza in cui molti  dei suoi soci  siedono  nei  consigli  di  amministrazione.  A  questi  top Lawyers viene  contestato  d’aver rilasciato un  parere  sbagliato ad  una  grande  azienda  che le ha causato danni ingenti: “...in  un  Parere  Pro-Veritate  del  Vs  Studio su  richiesta  della  Marconi  Corporation Plc … veniva  affermata la  non imponibilità,  ai  fini dell’IRAP della  plusvalenza  conseguente alla  cessione  a terzi, da  parte  della  controllata italiana  Marconi  Communications Spa di  una  serie  di  diritti  di  proprietà intellettuale… tale  parere  si  è  rivelato  del  tutto  erroneo, attingendo  tale  errore i presupposti della  responsabilità  professionale giacché  l’analisi da  Voi  svolta ha  trascurato  di  considerare una  modifica  normativa  da  tempo  intervenuta… la  Marconi  Communication Spa  si  è  trovata a dover  subire un  danno  costituito dall’esborso di  una  somma pari all’IRAP su  tale  plusvalenza, e  cioè  pari  a 9.649.302,00 Euro. Di  tale  importo,  maggiorato  delle  sanzioni  di  legge applicabili  e  degli  interessi, maturati e  maturandi, con  la  presente  vi  chiedo  formalmente il  pagamento a  titolo  di  risarcimento...”  (vedi documento pdf allegato n. 5). Errare  umanunm  est, l’importante  è  non  perseverare  negli  errori,  e di  tanto  in  tanto anche tenersi  aggiornati. Son questi gli Avvocati infedeli  e  traditori? Mi  sa di  no.  Vado   oltre.

Caso  numero 2)

Una  singolare  love story sboccia alle falde d’una  corazzata del diritto che si chiama Erede-Bonelli-Pappalardo, come ha  scritto Luca  Fazzo  de  Il  Giornale. Loro sono  una  potente  law  firm di  business lawyer,   consulenti  legali delle più  grandi  corporation, dove  Lui – noto avvocato fiscalista – è anche consulente  personale dell’ex  Ministro  delle Finanze  On.le Giulio Tremonti. L’ambiente di  respiro  internazionale si  sa, potrebbe agevolare  anche i  rapporti  interpersonali.

Così un  giorno accade  che lui s’invaghisce d’una  giovane collega, anche  lei valente  professionista dello  studio medesimo (nonché esperta di fiscalità  internazionale). I  due intrecciano una  relazione  sentimentale, ovviamente all’insaputa  della  moglie di lui (lei è  nubile  lui   coniugato). L’avvocatessa rimane  incinta. Egli  da devotissimo  uomo  di  chiesa qual’è, pensa  bene di  sistemare tutto invitando  la sventurata ad  abortire.

La  partner   rifiuta  sdegnosamente,  invitando  l’avvocato ad  assumersi  le  sue  responsabilità, anche  nell’interesse della  nascitura. Il fornicatore non  ci stà. Approfittando  del  suo ruolo di  leader  all’interno  dello studio  Legale  emargina  l’ex compagna, demansionandola  ed umiliandola in  ogni  modo possibile. Nella  sua  qualità  di  diretto  superiore  della  collega la  solleva  da  tutti gli  incarichi  importanti.

La  estromette da  ogni  pratica  e la   priva  di  tutte le  mansioni che  le  erano state  affidate (alcuni  lo  chiamano  “mobbing”). Un  odioso  reato morale  (ancorchè  di un  certo rilievo  penale). Fa  anche  ripetute  pressioni  affinché  lei  se  ne  vada  “spontaneamente”  dallo studio.  La  partner in  stato  avanzato  di  gravidanza  spererebbe  nella  solidarietà  dei  suoi  colleghi di studio, che tutti però le  volteranno ignobilmente,  uno  dopo  l’altro, le  spalle,  facendo invece quadrato  attorno  al maschio Alfa.

E’ così forte  il  desiderio  del maschio dominante nel non  volerla  neanche  più  vedere in  studio che la  invita  a  cessare  subito  le  sue  prestazioni  professionali utilizzando  l’istituto  della “Malattia” (il  che  è  anche  vagamente  illegale  dal  momento  che  esiste  una  normativa  apposita  sulla  aspettativa  per  maternità). Una  donna gravida non  è “malata” (certi  giuristi dovrebbero saperlo). Però  si  sa un’aspettativa  per  gravidanza  avrebbe  potuto  alimentare eventuali  pettegolezzi  che  si  sarebbero  potuti  diffondere  a  seguito della  conoscenza dello  stato  di  gravidanza e  bisognava  invece  tenere  nascosto il  fatto che aspettava la  nascita  di  un  figlio.

Insomma  proteggere  tutto il feudo  da  un  possibile  scandalo. La  lobby  degli  avvocati d’affari ha  la  meglio. Dietro  ripetute ed  insistenti pressioni del capobranco, l’avvocatessa col  pancione  viene  espulsa  dallo studio  legale. Lei  presenterà un dettagliato esposto/denuncia  al Consiglio dell’ordine  degli  Avvocati (esposto dove  troverete riassunte   le  argomentazioni  qui  esposte). Per chi non lo  sapesse il  Consiglio  dell’Ordine degli  Avvocati è quell’organismo  che  dovrebbe vigilare sulla  deontologia e sul  corretto  comportamento di  chi  svolge  la  pratica forense. L’O.d.A., nella  fattispecie,   si  guarderà  bene  dal  redarguire  l’avvocato  ed  il  suo studio di  appartenenza.

Ma  non  potrebbe  essere diversamente, con  le  parcelle milionarie che periodicamente la law  firm  porta  a  tarare al  Consiglio dell’Ordine. Nel  feudalissimo studio  legale di avvocati d’affari,  dopo  la  tempesta  torna  il  sereno. Lei,  l’avvocato in  maternità,  mortificata,  distrutta psicologicamente   ed ormai del  tutto sola deciderà – anche se con  notevoli  difficoltà – di portare  a termine la sua  gravidanza. Il trauma  del  distacco  dall’attività lavorativa –  alla  quale  teneva moltissimo –  le  produrrà  anche  la  perdita  del  latte  materno.

Nascerà però una  bella  bimba (riconosciuta  solo  dalla  madre). Il padre  si  disinteresserà  delle  sue  sorti tornando sui  suoi  passi  solo fuori tempo massimo. Ricucire un rapporto con chi ha tradito la fiducia è possibile, ma è come rammendare un abito rotto: il segno rimane indelebile, per sempre. Bella  storia ma non  ci  siamo.  Manco  questo  è  il  nostro target. L’avvocato sarà anche  traditore (dal punto di  vista  della  consorte)  ma  non  è proprio il  tipo di “vile e traditore” che   intendevo  io (vedi documento pdf allegato n. 6). Passo quindi al  prossimo  caso.

Caso  numero 3)

Piombifera Bresciana con sede in Maclodio-Brescia, è un’industria che  esercita l’attività di riciclo batterie esauste e smaltimento rifiuti tossico nocivi, per  molto tempo nell’orbita del Gruppo Coeclerici (prestigioso gruppo amatoriale). E’ una sorta di ecomostro che da  decenni  macina e fonde batterie per automobili. A Maclodio son  state  rilevate concentrazioni di piombo e Pcb  ben 55 volte superiori ai limiti di legge e gli abitanti della zona per  lustri si son  respirati le emissioni di biossido di zolfo provenienti dai camini della  fabbrica (percepiti con malesseri e fastidi alle vie respiratorie irritazione agli occhi e alla cute).

I reflui delle produzioni per anni son finiti nella falda. Piombifera Bresciana è anche parte integrante d’un pool di aziende che per svariati anni, nel settore del riciclaggio batterie esauste, ha aggirato le normative agendo sul mercato in modo concertato. Insomma un vero e  proprio cartello. Tutto nasce  quando Nuova  Samim (all’epoca società nell’orbita del Gruppo  ENI) inizialmente  mostra interesse  ad  entrare nel  business con la  lobby del  cartello, ma  subito dopo ha  un  ripensamento ritornando  sui  suoi  passi. La  cosa infastidisce l’imprenditore Paolo Clerici, Presidente dell’omonimo Gruppo, che  irritato assai dal  voltafaccia  medita  una  ritorsione chiamando a rapporto l’illustrissinmo  Prof.  Avv. Guido  Rossi.

Noto professionista (buon’anima)  che  ha ricoperto cariche  in  diverse  grandi società dell’alta  finanza quali Ferfin,  Montedison, Telecom, FIGC,  etc  etc. Clerici gli chiede  se  è fattibile  inguaiare Nuova  Samin denunciandola  all’Autorità  Garante  della  Concorrenza  e  del  Mercato  per  abuso  di  posizione  dominante. Semplicemente paradossale, come se  io 007  volessi denunciare un’altra  spia  per  spionaggio.

Od  Arsenio Lupen avesse voluto segnalare  Peter Scott per  furto   a Scotland  Yard (il ladro giustiziere più famoso d’ogni tempo  che  rubava  ai straricchi per  dar  a se  stesso). L’Avvocato Guido  Rossi risponde alla  demenziale idea dell’industriale  dello shipping cercando  di  riportare  alla  ragione  il  dissennato  armatore. L’insigne  giurista, assecondando il  suo  interlocutore,   gli  indirizza  una  sorta di  Parere  Pro-Veritate  dandogli anche  una  serie  di  dritte sul  come dovrebbe procedere con  gli  antagonisti  senza  rischiare pericolosi effetti  boomerang  (vedi documento pdf allegato n. 7):

“Egregio Dottore,  come  da  accordi  conclusi telefonicamente allego  alla  presente  la  bozza della  denunzia all’Autorità Garante della Concorrenza  e  del Mercato e,  alternativamente,  dell’atto  di  citazione. Dall’esame  approfondito  di  tutta  la documentazione e  dalle  riunioni  svolte, sono  comunque  emersi  con  una  certa  chiarezza alcune  circostanze che  ritengo  importante sottoporre alla  Sua  attenzione. E  ciò  al  fine di  una  più  obiettiva  valutazione sull’opportunità  di  denunciare Nuova  Samim  per  abuso  di posizione  dominante.

Il  sistema  di  suddivisione  “pro quota” delle  batterie  esauste fra  le  imprese che  ne  effettuano il  riciclaggio, sistema  adottato  dal  COBAT e  “stabilito” in  sede  di  associazione  di categoria – secondo quanto  affermato  dall’Ing.  Zantedeschi nella  riunione del  settembre  1993 tenutasi  presso  lo  Studio  Ghezzi-Battaini – appare  incompatibile con  la  normativa a  tutela  della  concorrenza. Ai  sensi  dell’art. 2 lettera  c) della  Legge  10 ottobre  1990, n.  287 è  infatti  vietato,  tra  l’altro, “ripartire  i  mercati o  le fonti di  approvvigionamento”.

Inizialmente  invero, ero  stato  portato  a ritenere che tale  sistema  fosse esplicitamente  previsto  dalla  legge istitutiva  del  Consorzio Obbligatorio delle  batterie.  Qualora  fossero  stati  la  legge  istitutiva del  Consorzio  Obbligatorio delle  batterie  al  piombo esauste e  dei  rifiuti piombosi (art. 9  quinquies della  Legge  9  novembre 1988 n. 475) o  il  Decreto 16  maggio  1990 ad  imporre  questo  meccanismo,  l’art.  2 non  avrebbe  potuto infatti  applicarsi (ai  sensi  dell’art. 8 della Legge  Antitrust).  Tuttavia,  in  tali  provvedimenti non  vi  è  traccia di  una  disposizione  che determini le  modalità  attraverso le  quali  il  Consorzio stabilisce  i  criteri ed  i  parametri  di  cessioni delle  batterie esauste al  piombo  alle  imprese che  devono  riciclarle. …  D’altro  canto  l’art  5  stabilisce esplicitamente  che  il  COBAT,  nello  svolgere  il  compito  di  cedere “anche  all’estero  i  prodotti  di  cui alla  lettera  a) alle  imprese  che  ne  effettuano lo  smaltimento tramite  il  riciclaggio”, deve  “astenersi da  qualunque  atto  suscettibile di  impedire,  restringere  o falsare  la concorrenza  in  ambito  nazionale  e comunitario”.  Dunque  il  COBAT  non  può  cedere  le  batterie alle  imprese  “riciclatrici” con  criteri  lesivi  della  concorrenza,  quali  quello  che viene  tutt’ora  utilizzato … Ciò  posto  è  da  considerare  con  attenzione l’opportunità  di  una  denunzia all’Autorità  Antitrust per  i  seguenti  motivi.   E’  chiaro  che  il  presupposto di  abuso  di  posizione  dominante da  parte  di  Nuova  Samim si  basa   sull’ingiustificato  recesso degli  accordi che  prevedevano  la  costituzione della  società  consortile Lead  Service nell’ambito  del  “Progetto Polo  Secondario”.

Tuttavia,  il  funzionamento della  Lead  Service si  sarebbe  dovuto  basare sulle  quote  di  batterie esauste  assegnate in  sede  COBAT … Ora  se  tale  meccanismo deve  considerarsi  illecito sotto  il  profilo della  concorrenza,  altrettanto  illecite  devono  considerarsi le  clausole  dei  patti  parasociali e  dell’atto  costitutivo della  Lead  Service che fanno  riferimento  al  COBAT. Diventa  dunque  arduo  sostenere  che  Nuova  Samim abbia  abusato della  sua posizione  dominante  recedendo “ingiustificatamente” da  un  accordo  illecito. Non  solo. La  presentazione  della  denunzia  comporterà  quasi  certamente  che  l’Autorità Garante approfondisca  tutti  gli  aspetti connessi alla  denunzia  stessa. Se  dunque  dovesse  convincersi dell’illiceità  degli  accordi per  la  spartizione  delle  batterie  attuati  in  sede  COBAT,  potrebbe  comminare  alle  imprese partecipanti sanzioni  amministrative piuttosto  elevate…  i  altri  termini  si  tratta  di  un  pool di imprese  che agiscono  in  modo  concertato,  ovvero  di  un  cartello. …  diventa  molto  pericoloso presentare  una  denunzia  per  abuso  di  posizione  dominante poiché  l’Autorità  sanzionerebbe  in  primo  luogo l’intesa  di  spartizione del  mercato  ( e le  “sanzioni  amministrativo-pecuniarie”  sono  molto  alte).

Supponiamo  tuttavia che  gli  accordi  di  spartizione  assunti in  sede  COBAT siano  perfettamente  leciti sotto  il  profilo  antitrust,  ovvero, ma  lo  ritengo  improbabile, che  l’Autorità  non  si  “avveda” della  natura  degli  accordi  di  spartizione del  mercato.  Sorge  comunque  un’altra  questione. Gli  accordi  per la  costituzione della  società  consortile previsti  dal  “Progetto  Polo” rappresentano  un’ulteriore e  certa  violazione  dell’art.  2 della  Legge  n. 287/90, comportando  di  fatto  la  costituzione di   un’impresa  in  posizione  monopolistica sul  mercato  del  riciclaggio  di batterie…  la  strada  di  una  denunzia  all’Autorità  Garante mi  sembra  poco  percorribile … al  contrario  essa  pare  suscettibile di  arrecare  un  danno (in  termini  di  sanzioni amministrativo-pecuniarie) a  Piombifera  Bresciana…”.

Le  lettere  del  Prof.  Guido  Rossi, non si  sa  bene  come, si  trasformeranno  in  una clamorosa autodenuncia. Perché per  vie  molto  traverse  i  funzionari dell’Antitrust  entreranno  in  possesso  del  delicato  carteggio  prendendo visione  delle sconcertanti  missive. La cosa  incredibile  è che avranno poco  da  indagare.  Il cartello di aziende ha  ristretto la  concorrenza  condizionando  fortemente la competizione  nel  settore  a danno  dei  produttori e  consumatori e  Guido  Rossi  l’ha  messo  per  iscritto  lì  in  termini  inequivocabili.

Nero  su bianco. Con i  suoi consigli, involontariamente, il  Prof. Rossi  ha  inchiodato  alle loro  responsabilità  Piombifera Bresciana, Cobat (Consorzio obbligatorio batterie al piombo esauste e rifiuti piombosi) Eco-Bat, Piomboleghe, Me.Ca. Lead Recycling, ESI-Ecological Scrap Industry,  Ecolead,  e l’Associazione Imprese Riciclo Piombo da Batterie (AIRPB). L’esimio consulente  legale  della  FIGC compie dunque un  clamoroso  autogol.  L’Antitrust (che  evidentemente non  ha  del  tutto  gli  occhi foderati  di prosciutto  come  alcuni illustri avvocati pensano) nel  2008 eleverà sanzioni per complessivi 13,3 milioni di euro condannando  in solido tutti i  lobbisti. Il COBAT  da  solo dovrà  sborsare  4.400.000 euro  e Piombifera Bresciana S.p.A.  invece 1.306.500 euro. A ciò  si  somma  l’amara  notula  da dover   saldare al  Professore.

Spiace dirlo  ma  anche  in  questo  caso non mi par d’essere al  cospetto di  un avvocato “infedele e  traditore”. Tutt’alpiù, forse, un po’ imprudente. Se  così posso  dire. Certe  cose  si  dicono ma  non  si  scrivono. Scripta manent.  Fate  tesoro  di  questo precetto.

Caso  numero 4)

Alcuni  ritengono  che  se  sei un  bravo Avvocato e  per giunta  anche  Giudice,  in  un certo  qual  modo sei  un privilegiato. Se sei un giudice, in linea puramente teorica, non hai bisogno di rivolgerti ad un altro giudice per aver giustizia. Fai come il  magistrato (buon’anima) di  cui  narreremo qui  di  seguito. Premesso  che ormai siamo più che abituati agli scandali finanziari, perché dopo i bond argentini,  la finanza creativa e le obbligazioni Cirio & Parmalat, il default  delle più  grandi banche  italiane, si sa già che cosa ci potranno fare i poveri truffati con tutta quella montagna di carta straccia che gli rimarrà in mano. Ne san  qualcosa  i frodati  della  Banca  Popolare  di  Vicenza  per  cui in  questi giorni è a  processo il  Cav. Gianni Zonin. Sbalorditiva  la preveggenza della bella  Donatella  Rettore  che in  tempi  non  sospetti cantava “dammi  una  lametta  che  mi  taglio le  vene”.

Poverina le  Popolari Venete gli  hanno scippato e  mai  più  restituito ben 500 mila  euro.  Per  farvela  breve, anche  in  questo  caso ci  son più di 1000 clienti di Bipop  che decidono  di  fare  causa  alla  banca per  essere  risarciti e s’affidano  all’ Adusbef per  portare alla sbarra l’ istituto bresciano, accusato d’aver  decimato i loro risparmi in azioni e fondi tramite una gestione alquanto disinvolta.

Mentre tutti i  piccoli  azionisti  frodati  prendono d’assalto  le  associazioni  di  difesa dei  consumatori e chiedono ai  giudici di  tutelare  i  loro  interessi,   nel  gruppetto dei 1000 c’è un  bidonato d’eccezione che non si  sconvolge  più  di  tanto. Non è  un  cittadino  normale  come  tutti  gli  altri. E’ giudice.  E’ un alto magistrato, presidente di Cassazione e presidente della Corte d’ Appello di  Brescia. Si  chiama Salvatore Macca da  Noto,  classe 1924 (buon’anima). Al  tempo, ottant’anni suonati ma  una  grinta  da rambo (e  lo  credo  bene  quando  ti  toccano nel  portafogli  vorrei  vedere  voi).  Il  giudice/risparmiatore-tradito ha acquistato 90.000 azioni Bipop ed  aveva una gestione in fondi. Anche  i  suoi  risparmi  si  son  polverizzati. Come  quelli  degli  altri  1000.

Solo  che  il  nostro  togato avrà  un  trattamento del  tutto preferenziale. E privilegiato. Lui  conosce  una  scorciatoia per vedere  trionfare  la  giustizia. Per  imboccare la  corsia  preferenziale basta  avere la  pazienza di  saper aspettare  il  momento  propizio per  mettere i  quattrini  in saccoccia. Il momento  favorevole si  materializza quando avviene l’operazione  di  fusione  per  incorporazione di Bipop Carire Spa  in   Gruppo  UniCredit Spa. Con  effetto  dal 1° novembre 2008 vengono  trasferiti  a  Unicredit  tutti i  rapporti attivi/passivi  della decotta banca  bresciana.

Tutti gli  ingabolati di Bipop ora se  la dovranno  vedere  direttamente con  Profumo.  Incluso  Macca. Il  1°  febbraio  2010 mr. Federico  di  Berardino  in  rappresentanza  di Unicredit  Banca chiama  a rapporto il  buon  Macca,  siglando in  gran  segreto   con l’insigne  giudice  un  atto  di  transazione  con  il  quale l’ottuagenario magistrato  accetta  di ricevere  a  saldo  e stralcio dall’istituto   la  somma  di 80.000  euro.  Nell’euforia  del  momento il  Giudice Macca   transige  per  80.000  euro  e  Unicredit  gliene  versa  addirittura 90.000 (non chiedetemi perché). Tra  le  condizioni essenziali  dell’accordo: “l’impegno delle parti ad  osservare  la  più  stretta  riservatezza in  merito  al  presente  accordo  transattivo ed  a  non  divulgarne o  comunicarne  a terzi il  contenuto” (vedi documento pdf allegato n. 8). Guai se  qualcuno di   voi s’azzzarderà  ad  insinuare che  è  stato violato il testo unico della finanza e che s’è usata disparità di trattamento tra i risparmiatori (lo  dico per  quei temerari come Elio  Lannutti  che  pensano  sempre  male). Però. Com’è veloce e puntuale la giustizia quando la parte lesa è un magistrato. A Brescia c’è gente che aspetta che si faccia la propria causa da quindici e piu anni, mentre guarda  procedere a tambur battente le istanze d’un giudice. Non che loro  non abbiano diritto ad aver giustizia. Ma mettersi in fila? Se la giustizia è lenta, è lenta per tutti no? Se no  smettiamola di  raccontar balle e  dire  che  esiste   la  par  condicio creditorum. Penso  sarete  d’accordo  con me. Questo potrebbe esser, tutt’alpiù,   è un  giurista  furbo, ma  certamente non “infedele e traditore”. Proseguo.

Caso  numero 5)

Questo  è un  caso davvero molto strano che  mi  ricorda da  vicino un Ministro del  lavoro della  repubblica  che aveva un’azienda di  famiglia con  dipendenti  in  nero. Ma  è  un caso per  certi versi ancor più  clamoroso, perché il padre  del  Ministro ha  chiesto  ‘scusa’ (chapeau) il  nostro  protagonista  non mi pare. Il  personaggio  della  nostra  storia infatti  è  uno  degli  avvocati fiscalisti  più autorevoli del  pianeta, non  c’è  grande operazione  finanziaria  che  non sia  passata  per  il suo  prestigiosissimo  studio  di  consulenza  fiscale  e  societaria. Professionista da notule a 6  zeri. Con  quello  che  ha parcellato  lui in un  anno  in  tema  di  Offshore  Company, Trust, paradisi fiscali, zone  franche, società di  comodo, elusioni  tributarie,  io potrei vivere agiatamente  non 1  ma 10 vite riempiendo le piscine  di  casa con l’ acqua  Evian (come Michael  Jackson). Abituato  com’è  a  far  quadrare i  conti  ai  potenti della  terra chissà  se  li  avrà fatti  altrettanto  bene a sé stesso. Direi  di no.  Ha tenuto  alle  sue  dipendenze  per  oltre  15 anni degli  addetti  alle  pulizie  sottopagandoli e  senza  mai  averli  messi  in regola, omettendo di  corrispondere  i dovuti contributi previdenziali ed  erariali. E  quando  s’è  trattato di risolvere  il  rapporto  di  lavoro  dipendente, ha prontamente  ‘liquidato’ il  lavoratore. Nel senso  di benservito, senza il becco  d’un  quattrino. Roba  da matti,  un ciocco  così  proprio da un Professore ed  avvocato fiscalista dei più  illustri. Mi  fa  strano. Svela  l’arcano una  lettera che  il luminare del diritto  riceve brevi  mano, dall’incazzatissima moglie del  pulitore mai  inquadrato a norma  di legge (vedi documento pdf allegato n. 9):

Egregio Prof. Xxxxxxxxx  mi  permetto  di  presentarmi sono la moglie  di xxxxxxxxxxxxxxx. Non  ho  il  piacere  di  conoscerla anche  se  ho sentito  molto parlare  di  lei da  giornali  e  televisione, ma  soprattutto da ciò che  mio marito mi  racconta. La  presente  che  le  indirizzo è  all’insaputa  di  mio  marito e  cortesemente  chiedo che  lo  rimanga (GRAZIE!).  Come  certamente  saprà dobbiamo  andare  via  da xxxxxxxx    e  mio  marito  ha  dovuto  lasciare  il  lavoro che  mio  marito  svolgeva  nel  suo  Studio  dopo  15 anni. Conosco  bene  il  carattere  di  mio  marito e devo  dire  che, anche  se  forse  non  l’abbia mai  fatto  notare era molto  affezionato  a lei, e  non  ha  potuto  nascondere  la  sua  delusione il  giorno  che  ha  lasciato  il  lavoro provocata  dalla  freddezza dello Studio  nei  suoi confronti. Quando,  tornato  a  casa, gli  ho  chiesto  se  aveva  avuto una forma di  liquidazione, mi  ha  risposto  di  no. Questo  è  il  motivo per  cui mi  son permessa  di  scriverle.  Mi s cusi  la  sfacciataggine ma  come  mai? Ha  ricevuto  sempre la  tredicesima  a  Natale e al  ritorno delle  ferie sempre  il  mensile  intero. Forse  per  questo  ha  creduto che  al  momento  del  suo  licenziamento gli venisse  retribuita  una  qualsivoglia gratifica, anche se  sapeva  che  non  eravate  obbligati, essendo lui non in regola. Ma  dopo  15 anni  di  lavoro… Mi  scusi  per  questo  mio  sfogo ma non  mi sembrava  corretto un trattamento così  nei  confronti  di mio  marito...”.

Un’altro  professionista del  “predica  bene  e razzola  male?”  Fossi nei passi di  questi avvocati   nababbi (che  nuotano nei  quattrini e  si  fan  il  bidet  col Don Perignon) proverei  almeno  un po’  di  vergogna. Vero  che  questo è uno  sconcio  e malcostume  tutto  italiano, come  si  suol  dir. Una classe  professionale  che  è  l’esatto  specchio di  quella  politica  verrebbe da  dire.  Forse sarà  anche  un’avvocato  fiscalista ‘infedele’  (infedele col Fisco e  traditore  con i  suoi dipendenti) ma  non  ‘infedele  e  traditore’  come  intendo  io. Vado  quindi  oltre.

Caso  numero 6)

E’ già iniziata la corsa alla grande  fuga  dei capitali. Miliardi e miliardi di euro che se ne stanno andando all’estero (illegalmente). Forse anche grazie all’aiuto di qualche Fiscalista creativo. Per frodare l‘Erario l’italica fantasia si sbizzarrisce senza limite alcuno. Esterovestizione (società con sede apparente all’estero ma in effetti operative in Italia per pagare meno tasse), Transfer pricing, Società fiduciarie di facciata, esterovestizioni, finanche valigette 48 ore (e  trolley)  ricolme di banconote da 500 euro da accompagnare oltreconfine attraverso i valichi di frontiera (uno dei preferiti quello con la Svizzera), all’occorrenza in treno, anche attraverso gli scali aeroportuali o con le  mazzette  stipate  all’inverosimile sotto  i  tappetini  della  Porsche  Cayenne (se  non  ci credete chiedete  ai  finanzieri a Ponte  Chiasso).

Non so  se  ricordate lo  $logan lanciato dall’allora  Governo  Monti: Fisco  Amico. Più  che  mai  da quel  momento in poi (per  gli italiani agiati e benestanti) la  parola  d’ordine è  stata solo una: via  i  soldi  dall’Italia.  A  qualsiasi  costo e  con  qualsiasi  mezzo.  Far  sparire  denaro all’estero mettendolo  al  sicuro. Poi recuperarlo alla  bisogna   è   un’operazione relativamente  semplice.  Basta  rivolgersi  alle  persone  addette (e  adatte). Per  semplificare diciamo pure ai  professionisti  giusti. Non dico  gaglioffi (anche se l’espressione «rientrerebbe in un corretto percorso argomentativo a corollario di un ragionamento” cfr sentenza 48553  Cassazione 5° sez.  pen. dicembre 2011). Come taluni Commercialisti compiacenti, o Fiscalisti (ce  ne  sono  diversi benevoli e accondiscendenti) e Avvocati  d’Affari (qualcuno  molto bendisposto  si  trova  ancora). Quì vi segnalo l’esperienza  diretta  d’uno  di  questi, un  famoso  business  lawyer (di  cui  per umana pietà  scusatemi se  vi taccio le  generalità)  al  quale  s’è rivolto   un  noto  imprenditore italiano preoccupato per  i  contorni  minacciosi che sta  assumendo sempre  più la riforma  fiscale messa in atto  dal  Governo.  Il  noto  uomo  d’affari tutto  d’un  tratto s’accorge che probabilmente ora non  sarà più  semplice come  prima fare  tutti  quei  viaggetti  sino  a  Lugano (con il  valige ricolme  di contante) e forse non sarà più così  facile recarsi con  la  consueta nonchalance  agli  sportelli  del  Credit  Suisse per  prelevare quattrini a  palate. E  se  ora i segugi  della  Finanza controllassero  meglio? Se  i riscontri incrociati  incominciassero  a funzionare? E  se  poi si scoprissero  le  false  fatturazioni (scusate  ora  si  dice  “surrettizie erogazioni”) o i  falsi finanziamenti infragruppo? Rettifico, ‘operazioni  elusive’.   Forse sarà meglio   chiedere subito  consiglio a  professionisti competenti. In  questo frangente entra  in  scena l’ esperto di materie finanziarie,  che risponde prontamente agli  angosciati quesiti del nostro preoccupato interlocutore con apposito parere Pro-Veritate riservato di  21  pagine (vedi documento pdf allegato n. 10):

“… Nel  corso  di  precedenti  incontri ci  ha  riferito e  documentato … di  aver  aderito al  primo  scudo  fiscale … rimpatriando a  mezzo  di  “x”  distinte dichiarazioni  riservate denaro  per  complessivi euro …” (svariati milioni  di  euro) “…  che  le  somme di  cui al  precedente  punto le  sono  derivate  dalla  liquidazione  della  holding …” (segue  nominativo  di  noto  paradiso  fiscale) “… di   guidare  abitualmente  un’automobile  di  lusso (intestata  ad  una  società  di  leasing) …” (la  supercar in uso a James Bond di 007 Casino Royale in  confronto  è  un catorcio);  “… di  aver successivamente  effettuato alcune  rilevanti  operazioni  immobiliari (compravendita  di  diversi  appartamenti  e  dimore) …” (segue  descrizione  sintetica dell’entità  degli  importi) “… di  aver  in  particolare con  riguardo  all’immobile di  via … provveduto sin  da  subito ad  intestarlo ad…” (segue  nominativo  di  personaggio  di  comodo); “… di  avere  commissionato la  ristrutturazione  della  villa  di “X”  concordandone  il  pagamento di  parte del  corrispettivo in  contanti;  di  aver  pertanto verso  la  fine  del …. ritirato  dal  proprio  conto  corrente  “X”  Euro…”  (parecchie  migliaia  di  euro poi  elargite  in  ‘nero’) “… al  fine  di  provvedere al  pagamento  di  una  tranche del  corrispettivo  pattuito;  di  essere  accomandatario di  una  società  di  consulenza  editoriale e radiofonica (di  diritto  italiano) cui  una  società   (di  diritto … ) ha  (surrettiziamente) erogato  e (soltanto  formalmente) fatturato  alla  società … l’elaborazione  di  sondaggi per  i  seguenti  importi … “ (segue  descrizione  analitica  delle  false  – pardon  “surrettizie” – prestazioni  erogate) “… di   essere  socio  della  società …” (segue indicazione della off  shore  company) “… di  cui  al  precedente  punto; di  avere  confezionato lei  stesso  i  sondaggi di  cui  sopra; di  essere  titolare  di  un  conto  in  Svizzera sul  quale  i  corrispettivi di  cui  al  precedente punto sono  stati  riaccreditati,  previo trattenimento di  una  provvigione; di  recarsi  periodicamente  in  Svizzera,  prelevare  i  denari, e  portarli  in  Italia in  Tranche. Quesiti: … se  sia  plausibile un  accertamento  redditometrico in  suo  confronto e –  in  caso  di  risposta  positiva – come,  dove e  quando potrà  difendersi… se il  semplice  ritiro  di  “X”  Euro…” (una  montagna di quattrini) “… possa  innescare  controlli sul  piano  fiscale, penale e amministrativo a  carico  della  società … se comunque indipendentemente dall’azionamento di ‘automatismi’ investigativi,  il  fatto di  aver  effettuato il  ritiro  in  contanti  in questione  possa  essere  posto  alla  base di  un  accertamento  fiscale,  di  una  denuncia  penale, o  di  un  verbale per infrazione amministrativa e  come, in  tal  caso, ci  può  difendere … quali  misure adottare per  difendere il  patrimonio da  possibili aggressioni  del  Fisco …”.

Puntuale  come un  cronografo Svizzero Piaget, giunge l’opportuna (e  confortante) precisazione del  nostro Business  Lawyer (altro fiscalista diverso da  quello di  cui  al  Punto 5). Ma non  vogliamo  privarvi del  piacere  di  scoprirla da  soli  (all’uopo potete  leggere  l’accluso   Parere  Pro-Veritate Riservato –  opportunamente  oscurato –   qui  allegato).

In  questa  sede  mi limito semplicemente ad  analizzare  solo alcuni passaggi  salienti. Ad  esempio, leggendo il  documento  confidenziale abbiamo  scoperto che prelevare  migliaia  di Euro da una banca  Elvetica (per finanziare   business più  o  meno occulti)  non è una cosa così rischiosa.  A  questo proposito l’esperto avvocato  fiscalista risponde: “… in  relazione al prelievo  in  contanti … non  vi  dovrebbe  essere  stata alcuna  ‘segnalazione’ da  parte  della  sua  Banca alla  Unità  di  informazione finanziaria (autorità di vigilanza per  l’antiriciclaggio) e  quindi per  conseguenza, alcun  coinvolgimento (ai  fini fiscali,  amministrativi e  penali) della  Guardia  di  Finanza e/o  dell’autorità giudiziaria… se  la  Banca  ha  ‘segnalato’ non  vi  sono  comunque, molte  possibilità che  ciò  abbia  innescato controlli  di  sorta  (segnatamente  sul  piano  fiscale). Senza  dubbio,  invece, l’operazione in  questione è  stata  registrata presso  l’Archivio unico  informatico tenuto  dalla  Banca sempre  per  finalità  antiriciclaggio, ma  utilizzabile anche  dall’Agenzia delle  Entrate per  compiere  indagini  tributarie. Fortunatamente  però, i  dati  dell’Archivio  non  sono  automaticamente comunicati né  all’amministrazione finanziaria, né  a  qualsiasi altra  autorità se non  dietro  richiesta…”.

Secondo il  nostro esperto,  per  quanto concerne  “la fatturazione di operazioni inesistenti” il grado  di  rischio sarebbe un   pelino più elevato. Il severo Parere dell’avvocato-fiscalista infatti precisa: “sul  piano  penale … vi  è  il  rischio di  un’eventuale  condanna per  dichiarazione  fraudolenta… l’Ufficio  potrebbe  mettere  a  fuoco la  perpetrazione di  una  vera  e  propria  ‘frode  fiscale’.  L’ipotesi  di  frode,  fra  l’altro, consentirebbe alle  autorità  italiane di  scavalcare  il segreto bancario  svizzero, scoprendola in  tal  modo  destinatario dei  bonifici  della  società … e  chiudere  il  cerchio”.

Se siete  apprendisti evasori quanto quì  scritto v’avrà  di  certo  stroncato  l‘entusiasmo.  Ma  non  disperate. Se  vi  può  consolare, per quanto  concerne le  verifiche redditometriche potete stare  abbastanza tranquilli perché “…  le  probabilità di  subite  un  tale  controllo non  sono molte… le probabilità di  cadere nella  rete di  un  accertamento redditometrico … che  coinvolge attivamente Guardia  di  Finanza e Comuni,  e che sulla  carta prometteva 25.000  controlli nel  2010,  non  sono poi  così  elevate. Si  deve  infatti  tenere presente  che, in  Italia vi  sono 40 milioni  di  contribuenti (irpef) e  che,  in  ogni  caso, le  statistiche  ufficiali registrano  un  calo generale  dei  controlli  fiscali, il cui  numero nel  2008 è  stato  il  più  basso degli  ultimi  8  anni…”.   (Pfiuuu).

Giunti  a questo  punto  della  trattazione,  Il nostro competente Dottore  in  Legge  e  Scienza  delle  Finanze (nonché Diritto  Tributario Internazionale Comparato) s’arrischia a consigliare anche dei rimedi  pratici ed  accorgimenti efficaci per cercare di dribblare  le attenzioni  del  Fisco:

“… ci è  stato  chiesto quali  misure  sia  possibile adottare per  difendere il  patrimonio  da  possibili aggressioni  del  Fisco. A  tale  riguardo,  nel  corso delle  precedenti  riunioni si  è  proposto: di  limitare la  sua  (attualmente  illimitata) responsabilità per  eventuali  accertamenti fiscali nei  confronti della  società  la  società  italiana (ad  esempio mediante  la  trasformazione in  quest’ultima in srl); di  vagliare  la  possibile costituzione  di  un  ‘fondo patrimoniale’ tenuto presente il  suo  stato di  soggetto  divorziato con  prole  o  di  un  Trust… lo scudo  del  trust (al  pari  di  quello  del  fondo patrimoniale) può  comunque essere  neutralizzato dall’Autorità  Giudiziaria… si  ritiene  in  proposito  che,  tutto  sommato, che  sulla  scorta  dei  dati  forniti,  i  rischi  ai  quali  si  sta  esponendo il  patrimonio  non  siano  elevatissimi. Resta,  d’altra  parte  altrettanto  vero, che  ora, che  risulta  ‘immacolato’ nei  confronti  del  Fisco, sarebbe  senza  dubbio un  buon  momento per  decidere di  mettere  in  ‘cassaforte’ i  suoi  beni attraverso  il  Trust…”.

Avrei  altro  da  aggiungere ma  non  mi  sembra giusto  infierire  su  un  contribuente  come  questo, tartassato, vessato e spinto  ai  limiti della  povertà da manovre  fiscali suicide.  E’ un  povero evasore, scudato, nullatenente. Vorrei  quindi evitare di filosofare  sull’etica nella  professione forense, come  fanno  taluni, ma un  minimo  di  dibattito su quanto sia deontologicamente  corretto – da  parte di avvocati/fiscalisti – che suggeriscono come eludere  meglio i  controlli del  Fisco,  andrebbe fatto.  Anche se  francamente sto  tipo  d’analisi non  m’interessa più  di  tanto (e preferisco lasciarla tutta  a voi). Purtroppo il  tempo  stringe e lo  spettacolo pirotecnico s’avvicina.  E’  già  iniziato il  conto  alla  rovescia per  i BOT(ti)  di  fine  anno. Italiani onesti di  tutt’Italia unitevi e  fate una  promessa. Che  nel nuovo anno  farete  i  bravi pagando tutte le tasse dovute, senza occultare niente a  Cesare. Intanto  visto che l’anno  nuovo  è  alle  porte, divertitevi,  ma con moderazione. Festeggiate/banchettate con  giudizio  perché  i tempi son  davvero austeri. Pensate a  quelli  più  sfortunati di  voi – i mariuoli del  Trust –  che purtroppo  hanno solo champagne, cioccolato (svizzero), caviale e  Lamborghini  in  garage. Scappare  dall’Italia  non ha alcun senso (perlomeno  non  così   in  fretta).  State  tranqui e  bevete  in  coppa, tanto nel  Bel  Paese – anche  con i pentaleghisti (che a quanto pare evadono pure  loro a man bassa) non è cambiato  niente. In tema  di degrado morale è’ tutto  come  prima, forse anche più  di  prima.  Ma  ciò  non toglie  che  se un  avvocato è “infedele” con l’Erario   non è detto che  sia  per forza di cose anche un  Avvocato “infedele  e vile” come quello che avevo  in mente  io. Quindi vado oltre  (vi  siete  già  addormentati?). ZZZZZZZzzzzzzzz…

Caso  numero 7)

Lui  è  un  vero  Principe  del  Foro, specializzato  in  diritto  societario ed  altre  2000  cose, con il  top  dell’elite  imprenditoriale tra i  suoi  clienti. Ma un’infausto giorno  il  principe  del  foro (supportato da un suo  socio  di  Studio),  al  termine di  un’udienza in un’aula  di  giustizia,  approcciano  una  collega  in  modo  poco regale, proferendo  al  suo  indirizzo  i  seguenti – poco principeschi – apprezzamenti:

Certo  che  ce  l’ho  con  te, se  non  fossi  una  donna ti  avrei  già  tirato  due  pugni in faccia. Hai fatto  un  esposto vergognoso e  l’hai  fatto firmare  al  cliente. Ma  non  finisce  qui,  vedrai”.  Al giurista  gentleman gli  fa  eco  il  socio  di  studio  che  rincara  la  dose apostrofando villanamente: “Ma  lascia  perdere Ermenegildo …” (nome  di  fantasia) “… non ne  vale  la  pena ognuno  ha  i  clienti  che  si  merita e  questa  è tutta  feccia”. L’avvocatessa già  in  precedenza,  e  in  più  occasioni era  stata “… destinataria di  minacce  ed  insulti  verbali reiteratamente proferiti  dai  due legali … e alla  presenza  di  numerosi colleghi che  in quel  momento stavano  nella  citata  aula, la  cui  attenzione  veniva  richiamata proprio  dalle  urla  dell’avv. Ermenegildo …” (nome  di  fantasia) “… contestavano  alla  querelante di  aver  accettato  il mandato  difensivo di ‘simili soggetti’ ...”. In  un’altro  episodio  vi sarebbe  stato  anche  un  indecoroso approccio  verbale da  parte   del principe  del  Foro, culminato in  una  “vera  e  propria manifestazione  di  ingiustificata  aggressività” tanto  da  esser   ammonito  anche  dal lo stesso Giudice.

L’avvocatessa,  sconcertata dagli  oltraggi sporge  immediatamente  denuncia/querela contro  i  due  luminari del diritto per  i  reati di  cui  agli  artt. 110, 81cpv e  594 ultimo  comma “per  aver  offeso, alla  presenza  di  più  persone, l’onore  e  il  suo decoro”.

I 2 giuristi non  ci  stanno  a  passare  per maleducati e presentano una  memoria difensiva con  articolate  e  convincenti argomentazioni  del  tipo: “…comunque,  nella  denegata  ipotesi in  cui  la  SV valutasse  credibile le  versioni  della  persona  offesa,  mi  pregio  rappresentare  quanto segue: le  espressioni  attribuite  agli odierni imputati  nel  capo di  imputazione  non  sono  certamente lesive  dell’onore … e del  decoro … bensì  sono  semplicemente indicative dell’asprezza dei  rapporti fra  le  parti…” (vedi documento pdf allegato n. 11).  Chapeau.  La supercazzola  in legalese si poteva  sviscerare  meglio.  Come  è  andata  a  finire  quì non importa. Conta  il  succo  del  discorso. Notate le sfaccettature di questa  multiforme  coerenza, lo  Studio fondato  dal  nostro  principe del Foro  è  lo  stesso che   ha  consigliato al nostro  evasore  scudato  nullatenente  su  come gabbare  il  Fisco (storia di  cui  al  punto 6). Ciononostante anche questi  due legali  non  sono  i  nostri  avvocati  della  discordia. Saran scurrili  sì,  ma  non “infedeli  e traditori”. Passo quindi senza  ulteriori indugi al  caso  numero 8.

Caso  numero 8)

Un  gruppo  di  facinorosi  rancorosi gilè  gialli  iscritti  alla  facoltà  di  Giurisprudenza  dell’Ateneo  genovese inviano  un’incazzata missiva  al  Preside  di  Facoltà ed  alla  Procura della  Repubblica del seguente  tenore (vedi documento pdf allegato n. 12):

“siamo un  gruppo di studenti della  facoltà  della  Facoltà di Giurisprudenza che  devono  sostenere l’esame  di  Scienza  della Finanze. Agli  istituti  giuridici secondo l’orario  di  ricevimento ci  dovrebbero  essere  il  Dott. Lovisolo, abbiamo usato  il  condizionale in  quanto  non  lo  troviamo  mai e  così  anche  il  Prof. Uckmar è irreperibile  agli  Istituti e  addirittura agli esami di  Scienza  delle  Finanze. Ci  chiediamo, delegheranno anche  lo stipendio? Chiediamo  che  le  Autorità  facciano  luce su  questo  episodio di  grave  assenteismo e dannoso  per  tutti gli  studenti. Studenti  stufi”.

Certo  l’episodio è indiscutibilmente grave. Se  una  studentessa  “stufa”  dovesse scappare  dall’università il Rettore potrebbe morire  di  freddo. Comunque siamo in alto  mare. Non vedo, almeno  a mia  percezione,  Avvocati  vili e traditori, per  cui  prosegui  innanzi.

Caso  numero 9)

Un  potente  Barone del  diritto tributario invia  un’accorata  lettera  di  raccomandazione  all’ex  Ministro delle  Finanze  Augusto  Fantozzi. Ci  sarebbe  un caro allievo  da  sistemare  in  cattedra. La  spartizione  a tavolino delle  cattedre  Universitarie,  si sa,   non  è  un  segreto,  come  rivelato  in un articolo  di Alfredo  Faieta  su  L’Espresso.   Avviene  sin  dalla  notte  dei  tempi.  Ma  un conto  è  parlarne  così,  in  astratto,  ed  un  altro  è leggerlo  nero  su  bianco dalla  calda  voce  dei  protagonisti.  Così  scrive  il  Prof.  Avv. Victor  Uckmar (uno  dei  più autorevoli  fiscalisti  italiani) come  poter ‘sistemare’ un  suo  allievo  con  un’escamotage (vedi documento pdf allegato n. 13):

Caro Augusto, in relazione all’attribuzione della cattedra di diritto tributario a Siena, ti preciso – cosa che d’altronde ti è già nota – che il dottor Lovisolo non è giuridicamente in grado di assumere la supplenza, ai sensi dell’articolo 114 del dpr…perché ha veste giuridica di ‘contrattista’… Il dott.Lovisovo può tuttavia vedersi attribuito l’insegnamento, ai sensi dell’articolo 116, assumendo la veste giuridica di ‘professore a contratto’…”.  Ma  perché  la  raccomandazione  di  un meritevole vada  a  buon  fine bisogna che non venga prorogato il vecchio professore, e poi ancora che nessuno “stabilizzato” faccia domanda per una supplenza, e infine occorre che la «facoltà deliberi l’attribuzione dell’incarico a un professore a contratto, designato nella persona del dott. Lovisolo… che sarebbe poi sottoscritto dal Rettore… Come vedi, quindi, la possibilità di sistemare il mio allievo non manca, certo occorre un po’ più di impegno da parte di tutti, di quanto non richiederebbe un certo conferimento di supplenza”. Anche  in questo  caso  vorrei  stendere  un  velo  pietoso  ma  ho finito  le  mollette. Passo quindi all’ultimo  caso di  oggi (sempre  svegli?).

Caso  numero 10)

Noto avvocato, decano del foro genovese (buon’anima), scrive una lettera riservata e sconcertante ad un collega. Rivela  che c’è un avvocato codardo morto in guerra che durante il secondo conflitto mondiale ha combattuto contro noi  italiani. La  cosa  tragicomica è  che  forse il suo nome  è anche scritto sulla lapide dei caduti per la madre patria a Palazzo di Giustizia di Genova. Scrive (vedi documento pdf allegato n. 14):

“Oggetto. Avvocati genovesi caduti in guerra. Il Consiglio dell’Ordine ha deciso di ripristinare – come già a Palazzo Ducale – le lapidi con i nominativi degli avvocati di questo Foro, scomparsi in guerra. Purtroppo mancano i dati relativi ai caduti della Seconda Guerra Mondiale. Per incarico del Presidente Umberto Garaventa, mi sto occupando della ricerca. Le sarei pertanto grato di volermi segnalare i nomi di Caduti o dispersi di cui fosse a conoscenza, oppure fornirmi utili indicazioni per agevolarmi lo svolgimento dell’incarico. In proposito, mi sembra doveroso segnalare un particolare piuttosto delicato: alcuni scrittori di cose belliche, fanno cenno di un traditore, noto avvocato genovese, catturato dagli alpini del Btg “Monte Cervino” – e poi passato per le armi – mentre combatteva con i Greci contro di noi, in divisa greca, con berretto da ufficiale italiano. Non so, né desidero sapere, di chi si tratti, ma se qualcuno ne conosce il nome, ritengo che farebbe cosa giusta segnalandolo – in via riservata e sotto il vincolo del segreto – al Presidente dell’Ordine, per evitare che il suo nome venga eventualmente inserito tra quelli dei Caduti per la Patria. Grazie per la collaborazione e cordiali saluti. Sulfaro”.

Un rinnegato avvocato che ha tradito l’italica patria e stecchito  decine di partigiani? Si,  si. Avete  letto  bene. Beh neppure  io desidero sapere di chi si tratta. E  anche lo  sapessi, nemmeno  sotto  tortura   direi il  nome  dell’avvocato “vile e impostore”. Ma anche  quest’anno  si  rinnoverà  il  rito  della  celebrazione  in  memoria  degli  avvocati  caduti  in Guerra con la deposizione della  classica  corona  d’alloro in  Tribunale. Chissà  se  li c’è scolpito  il  nome  d’un  Avvocato vile e traditore.

Concludo questo escursus per  dirvi  che  è  passato più di mezzo secolo dal secondo conflitto mondiale, ma  anche oggi potrebbero  esserci  giuristi imbroglioni,  voltagabbana,  disonesti, infingardi, disertori, falsi, sleali,  rinnegati nonchè … vili, infedeli e  traditori. Vestono sì l’abito dei tutori del diritto ed indossano la divisa della legalità ma in  realtà  militano poi contro di essa. Combattono tradendo la  loro missione, la giustizia. Non li passerei  per le armi, però almeno non  mi  arrischierei a  scrivere il  loro  nome  sulle  lapidi  di  Palazzo  di  Giustizia  come   caduti per la  difesa della Legalità.

Scoperto  qual’è l’avvocato Infedele  e  Traditore? Lo  so  è  difficile, ma  avete  tutto  il  tempo per  pensarci. Non  vi  do nessun aiutino.