Russiagate, avvocati che mentono per proteggere Trump. Caso Enzo Tortora: Giudici intoccabili, che sbagliano e non pagano (e molto di rado chiedono “scusa”). Eni tangenti in Nigeria, Avvocati infedeli che fanno carte false per sviare il corso di procedimenti penali e depistare le indagini (l’Avv. Massimo Mantovani – capo dell’ufficio legale dell’Eni – indagato per associazione a delinquere finalizzata ai reati di false informazioni a PM e calunnia).
E potrei andare avanti così per un’intera giornata snocciolando casi e storie. Ma il titolo di questo mio articolo trae ispirazione da vicende molto più terra-terra che hanno toccato personalmente alcuni che conosco da vicino (che potevano benissimo capitare ad ognuno di voi). Come il caso di Peter (nome di fantasia) che m’ha raccontato d’aver rivelato ad un amico avvocato il nome dell’assassino di un noto avvocato ucciso in un agguato.
Sapeva anche dov’era nascosta l’arma del delitto perché è stato lo stesso assassino a rivelarglielo. “Che faccio” – chiede al Legale “racconto quello che so agli inquirenti?”. Glaciale la risposta: “No, no, fatti i cazzi tuoi”. O come la storia di Pietro (sempre nome non di fantasia) che rimane coinvolto in un terribile indicente stradale. Un furgone impazzito passa col rosso e lo centra in pieno. A momenti l’accoppa con i suoi due cani.
Ovvia querela dello sventurato per lesioni e prima udienza davanti al Giudice (vedi documento pdf allegato n. 1). Ma il suo Avvocato non si presenta in aula; lei era diversamente impegnata in altra corte e non ritenne utile giustificarsi. Quindi, ovviamente, non presenta nemmeno la costituzione di parte civile per il suo assistito. Morale: Pietro vince la causa ma – grazie al suo virtuoso legale – non ottiene alcun risarcimento in sentenza. Notato lo scrupolo e la “diligenza”?
Roba Far West. Poco dopo mezzogiorno di fuoco la Beffa delle Beffe. La Prefettura di Torino gli revoca pure (illegittimamente) la patente di guida. Lui che crede ancora in Babbo Natale non si dà per vinto. Si lascia andare ad una morigerata esultanza facendo ricorso al Giudice per riavere il suo documento di guida. La Giudice però gli nega la restituzione perchè dal fascicolo processuale nel frattempo son ‘spariti’ i carteggi che provano che ha ragione. Richiederne un’altra copia al ricorrente sarebbe stato troppo complicato, un’inutile fastidio, più semplice andare a sentenza con un diniego.
Così il malcapitato sporge anche querela per la sottrazione dei suoi atti dagli uffici giudiziari non cavando un ragno dal buco. Mi si perdoni la cafoneria nel far notare come in tutto questo frattempo il Ministero dei Trasporti ed il Ministro della Giustizia (interpellati dal vessato automobilista per l’opportuna autotutela del caso) han disdicevolmente taciuto su tutti i fronti. Danilo Toninelli (“Ci sono stato, ci sono e ci sarò”), e l’Avv. Alfonso Bonafede, lo stesso dello slogan “Voglio che voi sappiate che in via Arenula c’è un ministro che vi ascolta” (mica detto che vi legge).
Due ministri cinquestellisti del cambiamento e del “nuovo che avanza” che pontificano a profusione sui social ma si trincerano nel più fitto mutismo quando son a contatto con cose terrestri del mondo reale. Franz Kafka che ha scritto di tormenti, angosce, incubi ed i dolori di vite disperate, non sarebbe riuscito ad immaginare comicità migliore per un suo libro. (vedi documento pdf allegato n. 2).
O ancora il caso di Pietro (nome di fantasia ovviamente) che ignora il decorso d’un vecchissimo procedimento penale nel quale è stato ingiustamente condannato anni addietro in primo grado (l’avvocato ha ‘scordato’ di depositare in atti alcuni importanti documenti probanti che scagionano l’imputato). Ma c’è ampio margine per rimediare in appello.
Solo che il fido avvocato di prime cure “dimentica” anche di presentare l’appello per il secondo grado di giudizio. Morale, la sentenza di condanna diventa definitiva ed irrevocabile. Rigettate tutte le istanze di rimessione in termini del procedimento, viene spiccato il mandato di cattura, viene arrestato e tenuto in carcere per scontare interamente la pena (vedi documento pdf allegato n. 3). In questo caso solo un severo monito per lo sbadato patrocinatore, con lieve tiratina d’orecchi da parte del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati.
Scusate il citazionismo ma mi riesce più semplice riferire di fatti che conosco personalmente piuttosto di cose per “sentito dire”. E’ partendo da queste tre storie d’ ordinaria giustizia (o in-giustizia fate voi) che m’è frullata in testa l’idea di questo articolo ed il titolo. Ho fatto questa banale riflessione: se io che sono un’umile bracciante dell’informatica, sbaglio un’operazione di migrazione dati, con opportune procedure di disaster recovery posso sempre recuperare il backup e porvi rimedio, non perdo niente.
Se invece sbaglia un chirurgo, un giudice o un avvocato son danni. Anche parecchio gravi ed ingenti. Chi se ne intende dice che alla fine, probabilmente, è solo una questione di palle. Infatti, quando noi operai ci ritroviamo giochiamo a palla. Quando i dirigenti si trovano invece giocano a tennis. Quando gli avvocati d’affari s’incontrano però giocano a golf. Più grande è il potere più piccole son le palle.
Tornando al quesito iniziale, può un avvocato esser vile e traditore? Come si fa a riconoscere uno di questi disertori del diritto? Per appagare la vostra sete di sapere Vi proporrò 10 storie reali, 10 storie differenti e per certi versi inedite, che vedono protagonisti 10 tipologie diverse di toghe: penalisti, tributaristi, business lawyer o avvocati d’affari, professori universitari, accademici, giudici etc etc.
Aguzzate la vista e notate le differenze; prendetelo come fosse un test enigmistico. Tra questi 10 solo uno è l’avvocato Vile e Traditore (nel senso più letterario e stretto del termine). Gli altri sono qualcos’ “altro”. Io giocherò a carte scoperte, quindi di alcuni potrò svelarvi nome e cognome, comprovando documenti alla mano il fattaccio (se la storia più o meno già di pubblico dominio), di altri no, per ragioni di riservatezza ed umana pietà. Perchè vedete – vi prego di credermi – l’obiettivo non è assolutamente quello di denigrare la classe forense. Anzi.
Potrei tranquillamente esporvi non 10, ma centinaia di casi di virtuosi professionisti del diritto, che non lavorano a tassametro come tanti (cioè badando solo al profitto ed al vile denaro) ma vivono anche emotivamente la loro professione con partecipazione e grande sensibilità, in modo quasi romantico, come se la loro fosse una vera missione. Ovviamente son solisti del diritto, perché son quelle mosche bianche che conservano ancora la capacità di riuscire a stupire condividendo realmente le angosce dei propri clienti.
Ricordo il caso – uno per tutti di Pietro (altro nome non di fantasia) messo alla berlina per quasi 10 anni con gravi accuse (tra cui accesso abusivo a sistema informatico e pedopornografia) assolto grazie al meticoloso lavoro difensivo di un bravo giurista informatico: l’Avv. Roberto Capra di Torino (giusto per non far nomi – vedi documento pdf allegato n. 4). Chiarito quindi che l’obiettivo non è lo sputtanamento della categoria passo subitamente in rassegna i 10 cases study:
Caso numero 1)
Un’importante Studio Legale e Tributario invia la seguente lettera di rimostranze ad un notissimo e prestigioso Studio di Avvocati specializzato in diritto societario. Non è uno studio qualsiasi, è una delle boutique legali Europee tra le più quotate, almeno quanto le società dell’alta finanza in cui molti dei suoi soci siedono nei consigli di amministrazione. A questi top Lawyers viene contestato d’aver rilasciato un parere sbagliato ad una grande azienda che le ha causato danni ingenti: “...in un Parere Pro-Veritate del Vs Studio su richiesta della Marconi Corporation Plc … veniva affermata la non imponibilità, ai fini dell’IRAP della plusvalenza conseguente alla cessione a terzi, da parte della controllata italiana Marconi Communications Spa di una serie di diritti di proprietà intellettuale… tale parere si è rivelato del tutto erroneo, attingendo tale errore i presupposti della responsabilità professionale giacché l’analisi da Voi svolta ha trascurato di considerare una modifica normativa da tempo intervenuta… la Marconi Communication Spa si è trovata a dover subire un danno costituito dall’esborso di una somma pari all’IRAP su tale plusvalenza, e cioè pari a 9.649.302,00 Euro. Di tale importo, maggiorato delle sanzioni di legge applicabili e degli interessi, maturati e maturandi, con la presente vi chiedo formalmente il pagamento a titolo di risarcimento...” (vedi documento pdf allegato n. 5). Errare umanunm est, l’importante è non perseverare negli errori, e di tanto in tanto anche tenersi aggiornati. Son questi gli Avvocati infedeli e traditori? Mi sa di no. Vado oltre.
Caso numero 2)
Una singolare love story sboccia alle falde d’una corazzata del diritto che si chiama Erede-Bonelli-Pappalardo, come ha scritto Luca Fazzo de Il Giornale. Loro sono una potente law firm di business lawyer, consulenti legali delle più grandi corporation, dove Lui – noto avvocato fiscalista – è anche consulente personale dell’ex Ministro delle Finanze On.le Giulio Tremonti. L’ambiente di respiro internazionale si sa, potrebbe agevolare anche i rapporti interpersonali.
Così un giorno accade che lui s’invaghisce d’una giovane collega, anche lei valente professionista dello studio medesimo (nonché esperta di fiscalità internazionale). I due intrecciano una relazione sentimentale, ovviamente all’insaputa della moglie di lui (lei è nubile lui coniugato). L’avvocatessa rimane incinta. Egli da devotissimo uomo di chiesa qual’è, pensa bene di sistemare tutto invitando la sventurata ad abortire.
La partner rifiuta sdegnosamente, invitando l’avvocato ad assumersi le sue responsabilità, anche nell’interesse della nascitura. Il fornicatore non ci stà. Approfittando del suo ruolo di leader all’interno dello studio Legale emargina l’ex compagna, demansionandola ed umiliandola in ogni modo possibile. Nella sua qualità di diretto superiore della collega la solleva da tutti gli incarichi importanti.
La estromette da ogni pratica e la priva di tutte le mansioni che le erano state affidate (alcuni lo chiamano “mobbing”). Un odioso reato morale (ancorchè di un certo rilievo penale). Fa anche ripetute pressioni affinché lei se ne vada “spontaneamente” dallo studio. La partner in stato avanzato di gravidanza spererebbe nella solidarietà dei suoi colleghi di studio, che tutti però le volteranno ignobilmente, uno dopo l’altro, le spalle, facendo invece quadrato attorno al maschio Alfa.
E’ così forte il desiderio del maschio dominante nel non volerla neanche più vedere in studio che la invita a cessare subito le sue prestazioni professionali utilizzando l’istituto della “Malattia” (il che è anche vagamente illegale dal momento che esiste una normativa apposita sulla aspettativa per maternità). Una donna gravida non è “malata” (certi giuristi dovrebbero saperlo). Però si sa un’aspettativa per gravidanza avrebbe potuto alimentare eventuali pettegolezzi che si sarebbero potuti diffondere a seguito della conoscenza dello stato di gravidanza e bisognava invece tenere nascosto il fatto che aspettava la nascita di un figlio.
Insomma proteggere tutto il feudo da un possibile scandalo. La lobby degli avvocati d’affari ha la meglio. Dietro ripetute ed insistenti pressioni del capobranco, l’avvocatessa col pancione viene espulsa dallo studio legale. Lei presenterà un dettagliato esposto/denuncia al Consiglio dell’ordine degli Avvocati (esposto dove troverete riassunte le argomentazioni qui esposte). Per chi non lo sapesse il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati è quell’organismo che dovrebbe vigilare sulla deontologia e sul corretto comportamento di chi svolge la pratica forense. L’O.d.A., nella fattispecie, si guarderà bene dal redarguire l’avvocato ed il suo studio di appartenenza.
Ma non potrebbe essere diversamente, con le parcelle milionarie che periodicamente la law firm porta a tarare al Consiglio dell’Ordine. Nel feudalissimo studio legale di avvocati d’affari, dopo la tempesta torna il sereno. Lei, l’avvocato in maternità, mortificata, distrutta psicologicamente ed ormai del tutto sola deciderà – anche se con notevoli difficoltà – di portare a termine la sua gravidanza. Il trauma del distacco dall’attività lavorativa – alla quale teneva moltissimo – le produrrà anche la perdita del latte materno.
Nascerà però una bella bimba (riconosciuta solo dalla madre). Il padre si disinteresserà delle sue sorti tornando sui suoi passi solo fuori tempo massimo. Ricucire un rapporto con chi ha tradito la fiducia è possibile, ma è come rammendare un abito rotto: il segno rimane indelebile, per sempre. Bella storia ma non ci siamo. Manco questo è il nostro target. L’avvocato sarà anche traditore (dal punto di vista della consorte) ma non è proprio il tipo di “vile e traditore” che intendevo io (vedi documento pdf allegato n. 6). Passo quindi al prossimo caso.
Caso numero 3)
Piombifera Bresciana con sede in Maclodio-Brescia, è un’industria che esercita l’attività di riciclo batterie esauste e smaltimento rifiuti tossico nocivi, per molto tempo nell’orbita del Gruppo Coeclerici (prestigioso gruppo amatoriale). E’ una sorta di ecomostro che da decenni macina e fonde batterie per automobili. A Maclodio son state rilevate concentrazioni di piombo e Pcb ben 55 volte superiori ai limiti di legge e gli abitanti della zona per lustri si son respirati le emissioni di biossido di zolfo provenienti dai camini della fabbrica (percepiti con malesseri e fastidi alle vie respiratorie irritazione agli occhi e alla cute).
I reflui delle produzioni per anni son finiti nella falda. Piombifera Bresciana è anche parte integrante d’un pool di aziende che per svariati anni, nel settore del riciclaggio batterie esauste, ha aggirato le normative agendo sul mercato in modo concertato. Insomma un vero e proprio cartello. Tutto nasce quando Nuova Samim (all’epoca società nell’orbita del Gruppo ENI) inizialmente mostra interesse ad entrare nel business con la lobby del cartello, ma subito dopo ha un ripensamento ritornando sui suoi passi. La cosa infastidisce l’imprenditore Paolo Clerici, Presidente dell’omonimo Gruppo, che irritato assai dal voltafaccia medita una ritorsione chiamando a rapporto l’illustrissinmo Prof. Avv. Guido Rossi.
Noto professionista (buon’anima) che ha ricoperto cariche in diverse grandi società dell’alta finanza quali Ferfin, Montedison, Telecom, FIGC, etc etc. Clerici gli chiede se è fattibile inguaiare Nuova Samin denunciandola all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato per abuso di posizione dominante. Semplicemente paradossale, come se io 007 volessi denunciare un’altra spia per spionaggio.
Od Arsenio Lupen avesse voluto segnalare Peter Scott per furto a Scotland Yard (il ladro giustiziere più famoso d’ogni tempo che rubava ai straricchi per dar a se stesso). L’Avvocato Guido Rossi risponde alla demenziale idea dell’industriale dello shipping cercando di riportare alla ragione il dissennato armatore. L’insigne giurista, assecondando il suo interlocutore, gli indirizza una sorta di Parere Pro-Veritate dandogli anche una serie di dritte sul come dovrebbe procedere con gli antagonisti senza rischiare pericolosi effetti boomerang (vedi documento pdf allegato n. 7):
“Egregio Dottore, come da accordi conclusi telefonicamente allego alla presente la bozza della denunzia all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e, alternativamente, dell’atto di citazione. Dall’esame approfondito di tutta la documentazione e dalle riunioni svolte, sono comunque emersi con una certa chiarezza alcune circostanze che ritengo importante sottoporre alla Sua attenzione. E ciò al fine di una più obiettiva valutazione sull’opportunità di denunciare Nuova Samim per abuso di posizione dominante.
Il sistema di suddivisione “pro quota” delle batterie esauste fra le imprese che ne effettuano il riciclaggio, sistema adottato dal COBAT e “stabilito” in sede di associazione di categoria – secondo quanto affermato dall’Ing. Zantedeschi nella riunione del settembre 1993 tenutasi presso lo Studio Ghezzi-Battaini – appare incompatibile con la normativa a tutela della concorrenza. Ai sensi dell’art. 2 lettera c) della Legge 10 ottobre 1990, n. 287 è infatti vietato, tra l’altro, “ripartire i mercati o le fonti di approvvigionamento”.
Inizialmente invero, ero stato portato a ritenere che tale sistema fosse esplicitamente previsto dalla legge istitutiva del Consorzio Obbligatorio delle batterie. Qualora fossero stati la legge istitutiva del Consorzio Obbligatorio delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi (art. 9 quinquies della Legge 9 novembre 1988 n. 475) o il Decreto 16 maggio 1990 ad imporre questo meccanismo, l’art. 2 non avrebbe potuto infatti applicarsi (ai sensi dell’art. 8 della Legge Antitrust). Tuttavia, in tali provvedimenti non vi è traccia di una disposizione che determini le modalità attraverso le quali il Consorzio stabilisce i criteri ed i parametri di cessioni delle batterie esauste al piombo alle imprese che devono riciclarle. … D’altro canto l’art 5 stabilisce esplicitamente che il COBAT, nello svolgere il compito di cedere “anche all’estero i prodotti di cui alla lettera a) alle imprese che ne effettuano lo smaltimento tramite il riciclaggio”, deve “astenersi da qualunque atto suscettibile di impedire, restringere o falsare la concorrenza in ambito nazionale e comunitario”. Dunque il COBAT non può cedere le batterie alle imprese “riciclatrici” con criteri lesivi della concorrenza, quali quello che viene tutt’ora utilizzato … Ciò posto è da considerare con attenzione l’opportunità di una denunzia all’Autorità Antitrust per i seguenti motivi. E’ chiaro che il presupposto di abuso di posizione dominante da parte di Nuova Samim si basa sull’ingiustificato recesso degli accordi che prevedevano la costituzione della società consortile Lead Service nell’ambito del “Progetto Polo Secondario”.
Tuttavia, il funzionamento della Lead Service si sarebbe dovuto basare sulle quote di batterie esauste assegnate in sede COBAT … Ora se tale meccanismo deve considerarsi illecito sotto il profilo della concorrenza, altrettanto illecite devono considerarsi le clausole dei patti parasociali e dell’atto costitutivo della Lead Service che fanno riferimento al COBAT. Diventa dunque arduo sostenere che Nuova Samim abbia abusato della sua posizione dominante recedendo “ingiustificatamente” da un accordo illecito. Non solo. La presentazione della denunzia comporterà quasi certamente che l’Autorità Garante approfondisca tutti gli aspetti connessi alla denunzia stessa. Se dunque dovesse convincersi dell’illiceità degli accordi per la spartizione delle batterie attuati in sede COBAT, potrebbe comminare alle imprese partecipanti sanzioni amministrative piuttosto elevate… i altri termini si tratta di un pool di imprese che agiscono in modo concertato, ovvero di un cartello. … diventa molto pericoloso presentare una denunzia per abuso di posizione dominante poiché l’Autorità sanzionerebbe in primo luogo l’intesa di spartizione del mercato ( e le “sanzioni amministrativo-pecuniarie” sono molto alte).
Supponiamo tuttavia che gli accordi di spartizione assunti in sede COBAT siano perfettamente leciti sotto il profilo antitrust, ovvero, ma lo ritengo improbabile, che l’Autorità non si “avveda” della natura degli accordi di spartizione del mercato. Sorge comunque un’altra questione. Gli accordi per la costituzione della società consortile previsti dal “Progetto Polo” rappresentano un’ulteriore e certa violazione dell’art. 2 della Legge n. 287/90, comportando di fatto la costituzione di un’impresa in posizione monopolistica sul mercato del riciclaggio di batterie… la strada di una denunzia all’Autorità Garante mi sembra poco percorribile … al contrario essa pare suscettibile di arrecare un danno (in termini di sanzioni amministrativo-pecuniarie) a Piombifera Bresciana…”.
Le lettere del Prof. Guido Rossi, non si sa bene come, si trasformeranno in una clamorosa autodenuncia. Perché per vie molto traverse i funzionari dell’Antitrust entreranno in possesso del delicato carteggio prendendo visione delle sconcertanti missive. La cosa incredibile è che avranno poco da indagare. Il cartello di aziende ha ristretto la concorrenza condizionando fortemente la competizione nel settore a danno dei produttori e consumatori e Guido Rossi l’ha messo per iscritto lì in termini inequivocabili.
Nero su bianco. Con i suoi consigli, involontariamente, il Prof. Rossi ha inchiodato alle loro responsabilità Piombifera Bresciana, Cobat (Consorzio obbligatorio batterie al piombo esauste e rifiuti piombosi) Eco-Bat, Piomboleghe, Me.Ca. Lead Recycling, ESI-Ecological Scrap Industry, Ecolead, e l’Associazione Imprese Riciclo Piombo da Batterie (AIRPB). L’esimio consulente legale della FIGC compie dunque un clamoroso autogol. L’Antitrust (che evidentemente non ha del tutto gli occhi foderati di prosciutto come alcuni illustri avvocati pensano) nel 2008 eleverà sanzioni per complessivi 13,3 milioni di euro condannando in solido tutti i lobbisti. Il COBAT da solo dovrà sborsare 4.400.000 euro e Piombifera Bresciana S.p.A. invece 1.306.500 euro. A ciò si somma l’amara notula da dover saldare al Professore.
Spiace dirlo ma anche in questo caso non mi par d’essere al cospetto di un avvocato “infedele e traditore”. Tutt’alpiù, forse, un po’ imprudente. Se così posso dire. Certe cose si dicono ma non si scrivono. Scripta manent. Fate tesoro di questo precetto.
Caso numero 4)
Alcuni ritengono che se sei un bravo Avvocato e per giunta anche Giudice, in un certo qual modo sei un privilegiato. Se sei un giudice, in linea puramente teorica, non hai bisogno di rivolgerti ad un altro giudice per aver giustizia. Fai come il magistrato (buon’anima) di cui narreremo qui di seguito. Premesso che ormai siamo più che abituati agli scandali finanziari, perché dopo i bond argentini, la finanza creativa e le obbligazioni Cirio & Parmalat, il default delle più grandi banche italiane, si sa già che cosa ci potranno fare i poveri truffati con tutta quella montagna di carta straccia che gli rimarrà in mano. Ne san qualcosa i frodati della Banca Popolare di Vicenza per cui in questi giorni è a processo il Cav. Gianni Zonin. Sbalorditiva la preveggenza della bella Donatella Rettore che in tempi non sospetti cantava “dammi una lametta che mi taglio le vene”.
Poverina le Popolari Venete gli hanno scippato e mai più restituito ben 500 mila euro. Per farvela breve, anche in questo caso ci son più di 1000 clienti di Bipop che decidono di fare causa alla banca per essere risarciti e s’affidano all’ Adusbef per portare alla sbarra l’ istituto bresciano, accusato d’aver decimato i loro risparmi in azioni e fondi tramite una gestione alquanto disinvolta.
Mentre tutti i piccoli azionisti frodati prendono d’assalto le associazioni di difesa dei consumatori e chiedono ai giudici di tutelare i loro interessi, nel gruppetto dei 1000 c’è un bidonato d’eccezione che non si sconvolge più di tanto. Non è un cittadino normale come tutti gli altri. E’ giudice. E’ un alto magistrato, presidente di Cassazione e presidente della Corte d’ Appello di Brescia. Si chiama Salvatore Macca da Noto, classe 1924 (buon’anima). Al tempo, ottant’anni suonati ma una grinta da rambo (e lo credo bene quando ti toccano nel portafogli vorrei vedere voi). Il giudice/risparmiatore-tradito ha acquistato 90.000 azioni Bipop ed aveva una gestione in fondi. Anche i suoi risparmi si son polverizzati. Come quelli degli altri 1000.
Solo che il nostro togato avrà un trattamento del tutto preferenziale. E privilegiato. Lui conosce una scorciatoia per vedere trionfare la giustizia. Per imboccare la corsia preferenziale basta avere la pazienza di saper aspettare il momento propizio per mettere i quattrini in saccoccia. Il momento favorevole si materializza quando avviene l’operazione di fusione per incorporazione di Bipop Carire Spa in Gruppo UniCredit Spa. Con effetto dal 1° novembre 2008 vengono trasferiti a Unicredit tutti i rapporti attivi/passivi della decotta banca bresciana.
Tutti gli ingabolati di Bipop ora se la dovranno vedere direttamente con Profumo. Incluso Macca. Il 1° febbraio 2010 mr. Federico di Berardino in rappresentanza di Unicredit Banca chiama a rapporto il buon Macca, siglando in gran segreto con l’insigne giudice un atto di transazione con il quale l’ottuagenario magistrato accetta di ricevere a saldo e stralcio dall’istituto la somma di 80.000 euro. Nell’euforia del momento il Giudice Macca transige per 80.000 euro e Unicredit gliene versa addirittura 90.000 (non chiedetemi perché). Tra le condizioni essenziali dell’accordo: “l’impegno delle parti ad osservare la più stretta riservatezza in merito al presente accordo transattivo ed a non divulgarne o comunicarne a terzi il contenuto” (vedi documento pdf allegato n. 8). Guai se qualcuno di voi s’azzzarderà ad insinuare che è stato violato il testo unico della finanza e che s’è usata disparità di trattamento tra i risparmiatori (lo dico per quei temerari come Elio Lannutti che pensano sempre male). Però. Com’è veloce e puntuale la giustizia quando la parte lesa è un magistrato. A Brescia c’è gente che aspetta che si faccia la propria causa da quindici e piu anni, mentre guarda procedere a tambur battente le istanze d’un giudice. Non che loro non abbiano diritto ad aver giustizia. Ma mettersi in fila? Se la giustizia è lenta, è lenta per tutti no? Se no smettiamola di raccontar balle e dire che esiste la par condicio creditorum. Penso sarete d’accordo con me. Questo potrebbe esser, tutt’alpiù, è un giurista furbo, ma certamente non “infedele e traditore”. Proseguo.
Caso numero 5)
Questo è un caso davvero molto strano che mi ricorda da vicino un Ministro del lavoro della repubblica che aveva un’azienda di famiglia con dipendenti in nero. Ma è un caso per certi versi ancor più clamoroso, perché il padre del Ministro ha chiesto ‘scusa’ (chapeau) il nostro protagonista non mi pare. Il personaggio della nostra storia infatti è uno degli avvocati fiscalisti più autorevoli del pianeta, non c’è grande operazione finanziaria che non sia passata per il suo prestigiosissimo studio di consulenza fiscale e societaria. Professionista da notule a 6 zeri. Con quello che ha parcellato lui in un anno in tema di Offshore Company, Trust, paradisi fiscali, zone franche, società di comodo, elusioni tributarie, io potrei vivere agiatamente non 1 ma 10 vite riempiendo le piscine di casa con l’ acqua Evian (come Michael Jackson). Abituato com’è a far quadrare i conti ai potenti della terra chissà se li avrà fatti altrettanto bene a sé stesso. Direi di no. Ha tenuto alle sue dipendenze per oltre 15 anni degli addetti alle pulizie sottopagandoli e senza mai averli messi in regola, omettendo di corrispondere i dovuti contributi previdenziali ed erariali. E quando s’è trattato di risolvere il rapporto di lavoro dipendente, ha prontamente ‘liquidato’ il lavoratore. Nel senso di benservito, senza il becco d’un quattrino. Roba da matti, un ciocco così proprio da un Professore ed avvocato fiscalista dei più illustri. Mi fa strano. Svela l’arcano una lettera che il luminare del diritto riceve brevi mano, dall’incazzatissima moglie del pulitore mai inquadrato a norma di legge (vedi documento pdf allegato n. 9):
“Egregio Prof. Xxxxxxxxx mi permetto di presentarmi sono la moglie di xxxxxxxxxxxxxxx. Non ho il piacere di conoscerla anche se ho sentito molto parlare di lei da giornali e televisione, ma soprattutto da ciò che mio marito mi racconta. La presente che le indirizzo è all’insaputa di mio marito e cortesemente chiedo che lo rimanga (GRAZIE!). Come certamente saprà dobbiamo andare via da xxxxxxxx e mio marito ha dovuto lasciare il lavoro che mio marito svolgeva nel suo Studio dopo 15 anni. Conosco bene il carattere di mio marito e devo dire che, anche se forse non l’abbia mai fatto notare era molto affezionato a lei, e non ha potuto nascondere la sua delusione il giorno che ha lasciato il lavoro provocata dalla freddezza dello Studio nei suoi confronti. Quando, tornato a casa, gli ho chiesto se aveva avuto una forma di liquidazione, mi ha risposto di no. Questo è il motivo per cui mi son permessa di scriverle. Mi s cusi la sfacciataggine ma come mai? Ha ricevuto sempre la tredicesima a Natale e al ritorno delle ferie sempre il mensile intero. Forse per questo ha creduto che al momento del suo licenziamento gli venisse retribuita una qualsivoglia gratifica, anche se sapeva che non eravate obbligati, essendo lui non in regola. Ma dopo 15 anni di lavoro… Mi scusi per questo mio sfogo ma non mi sembrava corretto un trattamento così nei confronti di mio marito...”.
Un’altro professionista del “predica bene e razzola male?” Fossi nei passi di questi avvocati nababbi (che nuotano nei quattrini e si fan il bidet col Don Perignon) proverei almeno un po’ di vergogna. Vero che questo è uno sconcio e malcostume tutto italiano, come si suol dir. Una classe professionale che è l’esatto specchio di quella politica verrebbe da dire. Forse sarà anche un’avvocato fiscalista ‘infedele’ (infedele col Fisco e traditore con i suoi dipendenti) ma non ‘infedele e traditore’ come intendo io. Vado quindi oltre.
Caso numero 6)
E’ già iniziata la corsa alla grande fuga dei capitali. Miliardi e miliardi di euro che se ne stanno andando all’estero (illegalmente). Forse anche grazie all’aiuto di qualche Fiscalista creativo. Per frodare l‘Erario l’italica fantasia si sbizzarrisce senza limite alcuno. Esterovestizione (società con sede apparente all’estero ma in effetti operative in Italia per pagare meno tasse), Transfer pricing, Società fiduciarie di facciata, esterovestizioni, finanche valigette 48 ore (e trolley) ricolme di banconote da 500 euro da accompagnare oltreconfine attraverso i valichi di frontiera (uno dei preferiti quello con la Svizzera), all’occorrenza in treno, anche attraverso gli scali aeroportuali o con le mazzette stipate all’inverosimile sotto i tappetini della Porsche Cayenne (se non ci credete chiedete ai finanzieri a Ponte Chiasso).
Non so se ricordate lo $logan lanciato dall’allora Governo Monti: Fisco Amico. Più che mai da quel momento in poi (per gli italiani agiati e benestanti) la parola d’ordine è stata solo una: via i soldi dall’Italia. A qualsiasi costo e con qualsiasi mezzo. Far sparire denaro all’estero mettendolo al sicuro. Poi recuperarlo alla bisogna è un’operazione relativamente semplice. Basta rivolgersi alle persone addette (e adatte). Per semplificare diciamo pure ai professionisti giusti. Non dico gaglioffi (anche se l’espressione «rientrerebbe in un corretto percorso argomentativo a corollario di un ragionamento” cfr sentenza 48553 Cassazione 5° sez. pen. dicembre 2011). Come taluni Commercialisti compiacenti, o Fiscalisti (ce ne sono diversi benevoli e accondiscendenti) e Avvocati d’Affari (qualcuno molto bendisposto si trova ancora). Quì vi segnalo l’esperienza diretta d’uno di questi, un famoso business lawyer (di cui per umana pietà scusatemi se vi taccio le generalità) al quale s’è rivolto un noto imprenditore italiano preoccupato per i contorni minacciosi che sta assumendo sempre più la riforma fiscale messa in atto dal Governo. Il noto uomo d’affari tutto d’un tratto s’accorge che probabilmente ora non sarà più semplice come prima fare tutti quei viaggetti sino a Lugano (con il valige ricolme di contante) e forse non sarà più così facile recarsi con la consueta nonchalance agli sportelli del Credit Suisse per prelevare quattrini a palate. E se ora i segugi della Finanza controllassero meglio? Se i riscontri incrociati incominciassero a funzionare? E se poi si scoprissero le false fatturazioni (scusate ora si dice “surrettizie erogazioni”) o i falsi finanziamenti infragruppo? Rettifico, ‘operazioni elusive’. Forse sarà meglio chiedere subito consiglio a professionisti competenti. In questo frangente entra in scena l’ esperto di materie finanziarie, che risponde prontamente agli angosciati quesiti del nostro preoccupato interlocutore con apposito parere Pro-Veritate riservato di 21 pagine (vedi documento pdf allegato n. 10):
“… Nel corso di precedenti incontri ci ha riferito e documentato … di aver aderito al primo scudo fiscale … rimpatriando a mezzo di “x” distinte dichiarazioni riservate denaro per complessivi euro …” (svariati milioni di euro) “… che le somme di cui al precedente punto le sono derivate dalla liquidazione della holding …” (segue nominativo di noto paradiso fiscale) “… di guidare abitualmente un’automobile di lusso (intestata ad una società di leasing) …” (la supercar in uso a James Bond di 007 Casino Royale in confronto è un catorcio); “… di aver successivamente effettuato alcune rilevanti operazioni immobiliari (compravendita di diversi appartamenti e dimore) …” (segue descrizione sintetica dell’entità degli importi) “… di aver in particolare con riguardo all’immobile di via … provveduto sin da subito ad intestarlo ad…” (segue nominativo di personaggio di comodo); “… di avere commissionato la ristrutturazione della villa di “X” concordandone il pagamento di parte del corrispettivo in contanti; di aver pertanto verso la fine del …. ritirato dal proprio conto corrente “X” Euro…” (parecchie migliaia di euro poi elargite in ‘nero’) “… al fine di provvedere al pagamento di una tranche del corrispettivo pattuito; di essere accomandatario di una società di consulenza editoriale e radiofonica (di diritto italiano) cui una società (di diritto … ) ha (surrettiziamente) erogato e (soltanto formalmente) fatturato alla società … l’elaborazione di sondaggi per i seguenti importi … “ (segue descrizione analitica delle false – pardon “surrettizie” – prestazioni erogate) “… di essere socio della società …” (segue indicazione della off shore company) “… di cui al precedente punto; di avere confezionato lei stesso i sondaggi di cui sopra; di essere titolare di un conto in Svizzera sul quale i corrispettivi di cui al precedente punto sono stati riaccreditati, previo trattenimento di una provvigione; di recarsi periodicamente in Svizzera, prelevare i denari, e portarli in Italia in Tranche. Quesiti: … se sia plausibile un accertamento redditometrico in suo confronto e – in caso di risposta positiva – come, dove e quando potrà difendersi… se il semplice ritiro di “X” Euro…” (una montagna di quattrini) “… possa innescare controlli sul piano fiscale, penale e amministrativo a carico della società … se comunque indipendentemente dall’azionamento di ‘automatismi’ investigativi, il fatto di aver effettuato il ritiro in contanti in questione possa essere posto alla base di un accertamento fiscale, di una denuncia penale, o di un verbale per infrazione amministrativa e come, in tal caso, ci può difendere … quali misure adottare per difendere il patrimonio da possibili aggressioni del Fisco …”.
Puntuale come un cronografo Svizzero Piaget, giunge l’opportuna (e confortante) precisazione del nostro Business Lawyer (altro fiscalista diverso da quello di cui al Punto 5). Ma non vogliamo privarvi del piacere di scoprirla da soli (all’uopo potete leggere l’accluso Parere Pro-Veritate Riservato – opportunamente oscurato – qui allegato).
In questa sede mi limito semplicemente ad analizzare solo alcuni passaggi salienti. Ad esempio, leggendo il documento confidenziale abbiamo scoperto che prelevare migliaia di Euro da una banca Elvetica (per finanziare business più o meno occulti) non è una cosa così rischiosa. A questo proposito l’esperto avvocato fiscalista risponde: “… in relazione al prelievo in contanti … non vi dovrebbe essere stata alcuna ‘segnalazione’ da parte della sua Banca alla Unità di informazione finanziaria (autorità di vigilanza per l’antiriciclaggio) e quindi per conseguenza, alcun coinvolgimento (ai fini fiscali, amministrativi e penali) della Guardia di Finanza e/o dell’autorità giudiziaria… se la Banca ha ‘segnalato’ non vi sono comunque, molte possibilità che ciò abbia innescato controlli di sorta (segnatamente sul piano fiscale). Senza dubbio, invece, l’operazione in questione è stata registrata presso l’Archivio unico informatico tenuto dalla Banca sempre per finalità antiriciclaggio, ma utilizzabile anche dall’Agenzia delle Entrate per compiere indagini tributarie. Fortunatamente però, i dati dell’Archivio non sono automaticamente comunicati né all’amministrazione finanziaria, né a qualsiasi altra autorità se non dietro richiesta…”.
Secondo il nostro esperto, per quanto concerne “la fatturazione di operazioni inesistenti” il grado di rischio sarebbe un pelino più elevato. Il severo Parere dell’avvocato-fiscalista infatti precisa: “sul piano penale … vi è il rischio di un’eventuale condanna per dichiarazione fraudolenta… l’Ufficio potrebbe mettere a fuoco la perpetrazione di una vera e propria ‘frode fiscale’. L’ipotesi di frode, fra l’altro, consentirebbe alle autorità italiane di scavalcare il segreto bancario svizzero, scoprendola in tal modo destinatario dei bonifici della società … e chiudere il cerchio”.
Se siete apprendisti evasori quanto quì scritto v’avrà di certo stroncato l‘entusiasmo. Ma non disperate. Se vi può consolare, per quanto concerne le verifiche redditometriche potete stare abbastanza tranquilli perché “… le probabilità di subite un tale controllo non sono molte… le probabilità di cadere nella rete di un accertamento redditometrico … che coinvolge attivamente Guardia di Finanza e Comuni, e che sulla carta prometteva 25.000 controlli nel 2010, non sono poi così elevate. Si deve infatti tenere presente che, in Italia vi sono 40 milioni di contribuenti (irpef) e che, in ogni caso, le statistiche ufficiali registrano un calo generale dei controlli fiscali, il cui numero nel 2008 è stato il più basso degli ultimi 8 anni…”. (Pfiuuu).
Giunti a questo punto della trattazione, Il nostro competente Dottore in Legge e Scienza delle Finanze (nonché Diritto Tributario Internazionale Comparato) s’arrischia a consigliare anche dei rimedi pratici ed accorgimenti efficaci per cercare di dribblare le attenzioni del Fisco:
“… ci è stato chiesto quali misure sia possibile adottare per difendere il patrimonio da possibili aggressioni del Fisco. A tale riguardo, nel corso delle precedenti riunioni si è proposto: di limitare la sua (attualmente illimitata) responsabilità per eventuali accertamenti fiscali nei confronti della società la società italiana (ad esempio mediante la trasformazione in quest’ultima in srl); di vagliare la possibile costituzione di un ‘fondo patrimoniale’ tenuto presente il suo stato di soggetto divorziato con prole o di un Trust… lo scudo del trust (al pari di quello del fondo patrimoniale) può comunque essere neutralizzato dall’Autorità Giudiziaria… si ritiene in proposito che, tutto sommato, che sulla scorta dei dati forniti, i rischi ai quali si sta esponendo il patrimonio non siano elevatissimi. Resta, d’altra parte altrettanto vero, che ora, che risulta ‘immacolato’ nei confronti del Fisco, sarebbe senza dubbio un buon momento per decidere di mettere in ‘cassaforte’ i suoi beni attraverso il Trust…”.
Avrei altro da aggiungere ma non mi sembra giusto infierire su un contribuente come questo, tartassato, vessato e spinto ai limiti della povertà da manovre fiscali suicide. E’ un povero evasore, scudato, nullatenente. Vorrei quindi evitare di filosofare sull’etica nella professione forense, come fanno taluni, ma un minimo di dibattito su quanto sia deontologicamente corretto – da parte di avvocati/fiscalisti – che suggeriscono come eludere meglio i controlli del Fisco, andrebbe fatto. Anche se francamente sto tipo d’analisi non m’interessa più di tanto (e preferisco lasciarla tutta a voi). Purtroppo il tempo stringe e lo spettacolo pirotecnico s’avvicina. E’ già iniziato il conto alla rovescia per i BOT(ti) di fine anno. Italiani onesti di tutt’Italia unitevi e fate una promessa. Che nel nuovo anno farete i bravi pagando tutte le tasse dovute, senza occultare niente a Cesare. Intanto visto che l’anno nuovo è alle porte, divertitevi, ma con moderazione. Festeggiate/banchettate con giudizio perché i tempi son davvero austeri. Pensate a quelli più sfortunati di voi – i mariuoli del Trust – che purtroppo hanno solo champagne, cioccolato (svizzero), caviale e Lamborghini in garage. Scappare dall’Italia non ha alcun senso (perlomeno non così in fretta). State tranqui e bevete in coppa, tanto nel Bel Paese – anche con i pentaleghisti (che a quanto pare evadono pure loro a man bassa) non è cambiato niente. In tema di degrado morale è’ tutto come prima, forse anche più di prima. Ma ciò non toglie che se un avvocato è “infedele” con l’Erario non è detto che sia per forza di cose anche un Avvocato “infedele e vile” come quello che avevo in mente io. Quindi vado oltre (vi siete già addormentati?). ZZZZZZZzzzzzzzz…
Caso numero 7)
Lui è un vero Principe del Foro, specializzato in diritto societario ed altre 2000 cose, con il top dell’elite imprenditoriale tra i suoi clienti. Ma un’infausto giorno il principe del foro (supportato da un suo socio di Studio), al termine di un’udienza in un’aula di giustizia, approcciano una collega in modo poco regale, proferendo al suo indirizzo i seguenti – poco principeschi – apprezzamenti:
“Certo che ce l’ho con te, se non fossi una donna ti avrei già tirato due pugni in faccia. Hai fatto un esposto vergognoso e l’hai fatto firmare al cliente. Ma non finisce qui, vedrai”. Al giurista gentleman gli fa eco il socio di studio che rincara la dose apostrofando villanamente: “Ma lascia perdere Ermenegildo …” (nome di fantasia) “… non ne vale la pena ognuno ha i clienti che si merita e questa è tutta feccia”. L’avvocatessa già in precedenza, e in più occasioni era stata “… destinataria di minacce ed insulti verbali reiteratamente proferiti dai due legali … e alla presenza di numerosi colleghi che in quel momento stavano nella citata aula, la cui attenzione veniva richiamata proprio dalle urla dell’avv. Ermenegildo …” (nome di fantasia) “… contestavano alla querelante di aver accettato il mandato difensivo di ‘simili soggetti’ ...”. In un’altro episodio vi sarebbe stato anche un indecoroso approccio verbale da parte del principe del Foro, culminato in una “vera e propria manifestazione di ingiustificata aggressività” tanto da esser ammonito anche dal lo stesso Giudice.
L’avvocatessa, sconcertata dagli oltraggi sporge immediatamente denuncia/querela contro i due luminari del diritto per i reati di cui agli artt. 110, 81cpv e 594 ultimo comma “per aver offeso, alla presenza di più persone, l’onore e il suo decoro”.
I 2 giuristi non ci stanno a passare per maleducati e presentano una memoria difensiva con articolate e convincenti argomentazioni del tipo: “…comunque, nella denegata ipotesi in cui la SV valutasse credibile le versioni della persona offesa, mi pregio rappresentare quanto segue: le espressioni attribuite agli odierni imputati nel capo di imputazione non sono certamente lesive dell’onore … e del decoro … bensì sono semplicemente indicative dell’asprezza dei rapporti fra le parti…” (vedi documento pdf allegato n. 11). Chapeau. La supercazzola in legalese si poteva sviscerare meglio. Come è andata a finire quì non importa. Conta il succo del discorso. Notate le sfaccettature di questa multiforme coerenza, lo Studio fondato dal nostro principe del Foro è lo stesso che ha consigliato al nostro evasore scudato nullatenente su come gabbare il Fisco (storia di cui al punto 6). Ciononostante anche questi due legali non sono i nostri avvocati della discordia. Saran scurrili sì, ma non “infedeli e traditori”. Passo quindi senza ulteriori indugi al caso numero 8.
Caso numero 8)
Un gruppo di facinorosi rancorosi gilè gialli iscritti alla facoltà di Giurisprudenza dell’Ateneo genovese inviano un’incazzata missiva al Preside di Facoltà ed alla Procura della Repubblica del seguente tenore (vedi documento pdf allegato n. 12):
“siamo un gruppo di studenti della facoltà della Facoltà di Giurisprudenza che devono sostenere l’esame di Scienza della Finanze. Agli istituti giuridici secondo l’orario di ricevimento ci dovrebbero essere il Dott. Lovisolo, abbiamo usato il condizionale in quanto non lo troviamo mai e così anche il Prof. Uckmar è irreperibile agli Istituti e addirittura agli esami di Scienza delle Finanze. Ci chiediamo, delegheranno anche lo stipendio? Chiediamo che le Autorità facciano luce su questo episodio di grave assenteismo e dannoso per tutti gli studenti. Studenti stufi”.
Certo l’episodio è indiscutibilmente grave. Se una studentessa “stufa” dovesse scappare dall’università il Rettore potrebbe morire di freddo. Comunque siamo in alto mare. Non vedo, almeno a mia percezione, Avvocati vili e traditori, per cui prosegui innanzi.
Caso numero 9)
Un potente Barone del diritto tributario invia un’accorata lettera di raccomandazione all’ex Ministro delle Finanze Augusto Fantozzi. Ci sarebbe un caro allievo da sistemare in cattedra. La spartizione a tavolino delle cattedre Universitarie, si sa, non è un segreto, come rivelato in un articolo di Alfredo Faieta su L’Espresso. Avviene sin dalla notte dei tempi. Ma un conto è parlarne così, in astratto, ed un altro è leggerlo nero su bianco dalla calda voce dei protagonisti. Così scrive il Prof. Avv. Victor Uckmar (uno dei più autorevoli fiscalisti italiani) come poter ‘sistemare’ un suo allievo con un’escamotage (vedi documento pdf allegato n. 13):
“Caro Augusto, in relazione all’attribuzione della cattedra di diritto tributario a Siena, ti preciso – cosa che d’altronde ti è già nota – che il dottor Lovisolo non è giuridicamente in grado di assumere la supplenza, ai sensi dell’articolo 114 del dpr…perché ha veste giuridica di ‘contrattista’… Il dott.Lovisovo può tuttavia vedersi attribuito l’insegnamento, ai sensi dell’articolo 116, assumendo la veste giuridica di ‘professore a contratto’…”. Ma perché la raccomandazione di un meritevole vada a buon fine bisogna che non venga prorogato il vecchio professore, e poi ancora che nessuno “stabilizzato” faccia domanda per una supplenza, e infine occorre che la «facoltà deliberi l’attribuzione dell’incarico a un professore a contratto, designato nella persona del dott. Lovisolo… che sarebbe poi sottoscritto dal Rettore… Come vedi, quindi, la possibilità di sistemare il mio allievo non manca, certo occorre un po’ più di impegno da parte di tutti, di quanto non richiederebbe un certo conferimento di supplenza”. Anche in questo caso vorrei stendere un velo pietoso ma ho finito le mollette. Passo quindi all’ultimo caso di oggi (sempre svegli?).
Caso numero 10)
Noto avvocato, decano del foro genovese (buon’anima), scrive una lettera riservata e sconcertante ad un collega. Rivela che c’è un avvocato codardo morto in guerra che durante il secondo conflitto mondiale ha combattuto contro noi italiani. La cosa tragicomica è che forse il suo nome è anche scritto sulla lapide dei caduti per la madre patria a Palazzo di Giustizia di Genova. Scrive (vedi documento pdf allegato n. 14):
“Oggetto. Avvocati genovesi caduti in guerra. Il Consiglio dell’Ordine ha deciso di ripristinare – come già a Palazzo Ducale – le lapidi con i nominativi degli avvocati di questo Foro, scomparsi in guerra. Purtroppo mancano i dati relativi ai caduti della Seconda Guerra Mondiale. Per incarico del Presidente Umberto Garaventa, mi sto occupando della ricerca. Le sarei pertanto grato di volermi segnalare i nomi di Caduti o dispersi di cui fosse a conoscenza, oppure fornirmi utili indicazioni per agevolarmi lo svolgimento dell’incarico. In proposito, mi sembra doveroso segnalare un particolare piuttosto delicato: alcuni scrittori di cose belliche, fanno cenno di un traditore, noto avvocato genovese, catturato dagli alpini del Btg “Monte Cervino” – e poi passato per le armi – mentre combatteva con i Greci contro di noi, in divisa greca, con berretto da ufficiale italiano. Non so, né desidero sapere, di chi si tratti, ma se qualcuno ne conosce il nome, ritengo che farebbe cosa giusta segnalandolo – in via riservata e sotto il vincolo del segreto – al Presidente dell’Ordine, per evitare che il suo nome venga eventualmente inserito tra quelli dei Caduti per la Patria. Grazie per la collaborazione e cordiali saluti. Sulfaro”.
Un rinnegato avvocato che ha tradito l’italica patria e stecchito decine di partigiani? Si, si. Avete letto bene. Beh neppure io desidero sapere di chi si tratta. E anche lo sapessi, nemmeno sotto tortura direi il nome dell’avvocato “vile e impostore”. Ma anche quest’anno si rinnoverà il rito della celebrazione in memoria degli avvocati caduti in Guerra con la deposizione della classica corona d’alloro in Tribunale. Chissà se li c’è scolpito il nome d’un Avvocato vile e traditore.
Concludo questo escursus per dirvi che è passato più di mezzo secolo dal secondo conflitto mondiale, ma anche oggi potrebbero esserci giuristi imbroglioni, voltagabbana, disonesti, infingardi, disertori, falsi, sleali, rinnegati nonchè … vili, infedeli e traditori. Vestono sì l’abito dei tutori del diritto ed indossano la divisa della legalità ma in realtà militano poi contro di essa. Combattono tradendo la loro missione, la giustizia. Non li passerei per le armi, però almeno non mi arrischierei a scrivere il loro nome sulle lapidi di Palazzo di Giustizia come caduti per la difesa della Legalità.
Scoperto qual’è l’avvocato Infedele e Traditore? Lo so è difficile, ma avete tutto il tempo per pensarci. Non vi do nessun aiutino.