Francesca Scoleri

Annalisa Petitto: “La Mafia D’Elite, Invisibile E Silenziosa”

“Mafia d’Elite, invisibile e silenziosa”. Ne parliamo con Annalisa Petitto (giovane affermato avvocato penalista), da anni impegnata in Sicilia a difesa delle parti civili in svariati procedimenti penali contro mafia e corruzione nella pubblica amministrazione. Dai suoi studi universitari alla Cattolica di Milano, alle sue prime esperienze nei tribunali del nord. Da dieci anni avvocato di “trincea” nella sua difficile terra di Sicilia.

In questi venticinque anni lo Stato ha decapitato la mafia stragista. La morte in carcere degli ultraottantenni capi mafia Totò Riina e Bernardo Provenzano e ha sepolto – definitivamente – la cruenta stagione dei corleonesi.

Matteo Messina Denaro, di Castelvetrano (paesone del trapanese), soprannominato ‘U siccu, Diabolik e anche Alessio (così lo chiamava Provenzano nei suoi famosi pizzini), latitante dalla bellezza di venticinque anni, è considerato il nuovo capo della mafia. Di quale mafia? Quella di sempre? Rivisitata? Nuova?

Affrontiamo questi temi con Annalisa Petitto, affermato penalista, da anni impegnata in Sicilia nella difesa delle parti civili in svariati procedimenti contro mafia e corruzione nella pubblica amministrazione. Con la giovane e battagliera avvocata Petitto parliamo anche del clamoroso “sistema Montante”. Peraltro, come abbiamo già evidenziato nell’articolo pubblicato il 28 novembre scorso “Sistema Montante: intervista ad Alfonso Cicero estratta da Report”, l’avvocato Petitto è il difensore di fiducia di Alfonso Cicero (ex presidente dell’IRSAP, funzionario regionale che ha denunciato il malaffare nelle aree industriali della Sicilia), oggi – com’è noto – “teste chiave” e parte offesa nel processo che vede alla sbarra Antonello Montante (esponente di primo piano di Confindustria) e altri nomi eccellenti dei servizi segreti, delle forze dell’ordine, della politica, della burocrazia e dell’imprenditoria.

La mafia post stragi ha segnato la stagione dell’inabissamento e degli affari. Non mi pare che vi siano dubbi. E’ così?

Assolutamente. E’ la mafia d’elite, invisibile e silenziosa, stretta ai “nuovi” apparati politici, economici ed agli inamovibili burocrati che in questi venticinque anni ha puntato a nuovi e migliori business: rifiuti, acqua, pale eoliche, edilizia abusiva (le ecomafie per intenderci), grandi supermercati, centri commerciali, appalti e gestione dei servizi pubblici in ogni settore. La mafia dei nostri giorni, dai tratti più imprenditoriali, indossa il doppiopetto e usa la “chiave” della corruzione e dello “scambio” per accedere, infiltrarsi e condizionare i centri decisionali della politica, quelli gestionali della pubblica amministrazione e dell’economia.

In questi anni, ricordiamolo, le inchieste della magistratura hanno svelato i rapporti con Cosa Nostra di ben due presidenti della Regione Siciliana, Salvatore Cuffaro e Raffaele Lombardo, il primo condannato a sette anni per favoreggiamento alla mafia, mentre il secondo a sei anni e otto mesi per concorso esterno. La politica siciliana si è svincolata da questi enormi “fardelli”?

Cuffaro, oggi dice di non occuparsi più di politica quando invece rimane sempre un “potente” a cui diversi politici si rivolgono. Lombardo, in attesa che si ricelebri il processo in appello, dopo l’annullamento con rinvio della Cassazione, continua tutt’oggi ad incidere negli assetti politici siciliani. Ipocrisie, convenienze, interessi ed evidenti imbarazzi del potere politico siciliano, tengono ancora a “galla” i due ex presidenti della regione condannati per reati di mafia. E gli ex presidenti tengono ancora a “galla” pezzi importanti del potere politico siciliano.

Non c’è due senza tre. C’è anche l’ex presidente della regione Rosario Crocetta coinvolto in diverse inchieste giudiziarie. A Trapani per corruzione, a Catania per traffico illecito di rifiuti. La più pesante indagine è quella sul “sistema Montante”. Altri e nuovi “sistemi”?

Non c’è proprio speranza. Crocetta, è notorio, è stato calato presidente della regione da Montante. Ha ricevuto un avviso di garanzia per associazione a delinquere, corruzione e finanziamento illecito, nell’ambito dell’inchiesta della procura di Caltanissetta. Sotto inchiesta vi sono anche l’ex vice presidente della regione Mariella Lo Bello, l’ex assessore alle attività produttive Linda Vancheri ed altri politici e burocrati eccellenti legati a Montante. Continua, inesorabilmente, la maledizione per la Sicilia.

Le inchieste della magistratura fanno emergere un quadro preoccupante che coinvolge anche le regioni del nord del Paese. La mafia da tempo è entrata nell’economia legale?

Oggi parlerei di economia criminale. Si è insinuata nei sistemi bancari, ha intercettato e divorato i finanziamenti europei e oggi – più di prima – condiziona i territori senza alcuna distinzione geografica. Le risposte arriveranno dalle indagini della magistratura che – operazione dopo operazione – sta facendo terra bruciata anche attorno al super latitante Matteo Messina Denaro, il capo mafia che predilige il rapporto con i colletti bianchi e gli affari. La speranza sulla sua cattura oggi è più concreta che mai.

 

 

 

 

La corruzione può rappresentare l’anticamera dell’affare di mafia?

Le mafie gestiscono flussi di denaro incommensurabili. La managerialità della mafia ed il rapporto sempre più vivo e trasversale con pezzi della politica e delle imprese, hanno guidato in questi ultimi decenni il “nuovo corso” di Cosa Nostra. Non possiamo delegare soltanto alla magistratura il compito di contrastare la mafia e la corruzione. Nella pubblica amministrazione si annidano gli affari e si confezionano i “bandi” e gli altri atti per concepire e maturare gli affari illegali. Non è raro scoprire che sotto i classici reati contro la pubblica amministrazione si celino le imbastiture e le filiere tecnico-amministrative propedeutiche alla spartizione della “torta”.

Magistratura e forze dell’ordine in occasione delle conferenze stampa post arresti, blitz e maxi operazioni antimafia, sequestri e confische, sottolineano, responsabilmente, che la mafia ha un potere di condizionamento sempre più invasivo nei contesti politici e della pubblica amministrazione. Come reagisce la classe politica dirigente al dilagare della corruzione?

Certamente, fa bene la magistratura ad avvisare le istituzioni e la società civile del pericoloso rapporto tra la mafia ed i colletti bianchi. Cosa Nostra è viva, fa affari, briga, scambia, occupa ovunque spazi di potere. Mai abbassare la guardia, anzi, tenerla altissima! La magistratura e le forze dell’ordine, sebbene tra mille ostacoli e difficoltà originati anche dal “sistema politico”, rappresentano l’unica vera certezza per la società civile, per l’economia sana, per le istituzioni libere da ogni condizionamento. Comunque, non basta. Occorre un intervento netto e concreto, ancora atteso (da troppo tempo atteso), da parte delle classi dirigenti che determinano le scelte nei governi, nelle sedi politiche e parlamentari e nella cosa pubblica.

I governi, la politica, dove sono stati? Dove sono?

Hanno atteso e attendono – come sempre – l’intervento dell’azione repressiva della magistratura. Così non funziona, non si va da nessuna parte. La pulizia deve essere fatta ancora prima dalla politica già nella scelta dei candidati, degli amministratori, delle classi dirigenti. Non vi sono attenuanti per nessuno. E’ doveroso e corretto esprimersi senza troppi giri di parole: innanzi agli arresti, alle inchieste, ai processi nei confronti dei politici, degli amministratori, dei burocrati, la politica – al netto di alcuni casi – si è mostrata distante, cieca, sorda, ipocrita. E’ così, purtroppo, sino ad oggi è stato così. Vorremmo tutti che non fosse più così!

Tutto ciò inquieta, allarma. L’argomento fa paura?

Nelle sedi politiche-istituzionali, soltanto Claudio Fava, presidente della commissione parlamentare regionale antimafia, si è occupato seriamente del “sistema Montante”. Nessun’altro. A Fava, unica voce nel “deserto”, nell’ottobre scorso è stata recapitata una busta con i proiettili.

Le intimidazioni sono arrivate anche al procuratore capo di Caltanissetta, Amedeo Bertone, ed al capo della squadra mobile, Marzia Giustolisi.

Inquietanti e gravi intimidazioni nei confronti di quei veri servitori dello Stato che hanno avuto la determinazione ed il coraggio di scoprire un “sistema” forte, pericoloso e ben ammanigliato. Non vi è alcun dubbio: i procuratori ed i poliziotti di Caltanissetta hanno scoperto il nervo dei “nuovi poteri forti” e pericolosi ed il “sistema Montante” è questo.

Non sappiamo ancora se l’ormai famoso tentacolare “sistema Montante”, concepito a Caltanissetta a fine degli anni ‘90 dal cavaliere Antonello Montante (esponente di primo piano di Confindustria), da sei mesi in carcere per associazione a delinquere, corruzione e per altri gravi reati, ha avuto una qualche funzione nella stagione dell’inabissamento di Cosa Nostra. Come è potuto nascere e dilagare il “sistema Montante”?

Un dato è certo: da ciò che apprendiamo dalla stampa l’indagine per concorso esterno alla mafia nei confronti di Montante non si è chiusa. Capiremo dalle verifiche giudiziarie com’è saltato fuori e chi ha voluto mettere in piedi, oltre quindici anni fa, questo “mostruoso sistema”.

La magistratura e le forze dell’ordine di Caltanissetta hanno dimostrato, senza alcun dubbio, di andare sino in fondo senza lasciare nulla al caso. Non dico nulla di nuovo affermando che l’inchiesta sul “sistema Montante” è un grande esempio di legalità per tutto il Paese. Un lavoro straordinario segnato da tanta capacità professionale, operatività, raro coraggio.

E’ proprio così. Lo dico anche – se mi è consentito – con grande orgoglio, da siciliana e da nissena: un lavoro eccezionale portato avanti con grande merito e sobrietà dalla procura e della squadra mobile di Caltanissetta, per affermare la legalità e per liberare la nostra terra da un pericoloso “sistema criminale” che, da quindici anni a questa parte, aveva “paralizzato” e condizionato la Sicilia sventolando e sporcando la bandiera dell’antimafia.

Un altro riscontro è stato ormai acquisito: Montante ed i suoi fidati imprenditori “mascherati”, spalleggiati da uno squadrone di corrotti infedeli di Stato. Non erano proprio loro che dicevano di ribellarsi al racket ed alla mafia?

Hanno imbrogliato il “mondo”, con la “maschera” in volto, per conquistare potere e soldi. Andavano in giro finanche nei licei di Caltanissetta con le “doppie facce” per raccontare le gravi “minacce” (?) che subivano per mano della mafia (?) e per decantare la ribellione contro il racket delle estorsioni. Una farsa durata quindici anni ideata dai finti “martiri” della mafia, dai confindustriali di Sicilia, interrotta, grazie a Dio ed alla giustizia, a maggio scorso con l’operazione “double face” condotta dalla DDA di Caltanissetta.

Abbiamo letto l’atto di costituzione di parte civile che lei ha depositato innanzi al GUP. Scenari raccapriccianti. A che punto è il processo?

Uno stralcio del processo si sta celebrando con la formula del rito abbreviato, gli altri due tronconi, l’ordinario e gli immediati, partiranno nei prossimi giorni. Come ha ricordato sono impegnata nel processo al “sistema Montante” quale legale di fiducia di Alfonso Cicero, oggi parte offesa e parte civile. L’atto di costituzione di parte civile sintetizza anche le gravi ripercussioni e ritorsioni patite da Cicero per avere scelto prima di denunciare il malaffare nelle aree industriali e poi di rappresentare ai procuratori di Caltanissetta diversi fatti molto inquietanti riguardanti il “sistema Montante”. Su questo tema specifico, che mi vede legale di fiducia della parte civile, sino alla sentenza preferisco non aggiungere altro rispetto a quanto ho già rappresentato nell’atto di costituzione.

Su questi scomodi argomenti di mafia e corruzione da un bel po’ di anni nei territori del nord rompiamo la “testa” a tutti. Oggi, alla luce dei fatti, in molti ci riconoscono di avere avuto ragione.

Ragione da vendere, senza alcun dubbio. Avete fato benissimo, merito e onore alla vostra iniziativa. Leggo il vostro blog, seguo la vostra informazione e prendo anche “appunti”. Non smetto mai di prendere “appunti”. E’ un grande merito per voi avere informato già da tempo dell’allarme mafia e corruzione al nord.

La nostra “conversazione” è in dirittura d’arrivo. Parleremo ancora con lei di mafia e colletti bianchi, magari nelle nostre zone del nord?

Certamente, con piacere. Porterò i miei “appunti” e ne prenderò altri, sicuramente preziosi.

Anche in questi giorni di Natale ha preso appunti?

Sempre. Sono piena di “appunti”. Leggo tantissimo, scrivo, mi aggiorno, imparo. L’università e le prime esperienze professionali, vissute da sola a Milano, mi hanno formato sotto vari aspetti. Un aspetto su tutti, ascoltare. Voglio conoscere, sviscerare, comprendere fino in fondo e…prendere appunti. La Sicilia, la mia terra, che amo perdutamente, mi ha dato la determinazione, la passione, la voglia di lottare sempre, di affrontare con fermezza tutte le situazioni della vita, anche le più difficili.

Lei è caparbia. E’ di quelle che non molla l’osso. Si capisce subito.

Non mi nascondo mai. Si, lo confesso, sono una testarda. Vado sempre sino in fondo.

E’ palpabile.

Comunque, alcuni anni fa ho letto di lei. Donna di Calabria che vive, lavora e lotta la corruzione al nord. Ed è pure “tosta”. Immagino quanta “simpatia” riscuote tra i politici affaristi, traffichini e corrotti…

Adesso è lei che fa le domande? Comunque, ovviamente non mi “amano”.

Tutto onore e medaglie al valore.

Adesso dove si trova, cosa sta facendo?

In studio. Leggo e scrivo atti, sistemo faldoni, rivisito la mia agenda, aspetto i miei meravigliosi colleghi di studio per programmare un bel po’ di impegni professionali. Più tardi aperitivo con qualche amico. E poi solo famiglia, il mio universo di vita e d’amore più bello che ho.

Avvocato, è stato un piacere. In bocca al lupo, buon anno, buon tutto. A presto.

Grazie, gentilissima, è stato un piacere anche per me. Buon 2019 e buon tutto anche a lei. Tanti complimenti e auguri anche alla vostra redazione. A presto.