Sabrina D'Elpidio

Pubblica Amministrazione, Appalti: Sprechi da 30 miliardi l’anno

Prima parte dell’intervento che la Themis & Metis, ha portato all’incontro pubblico con la comunità di Cremona il 24 febbraio scorso: Ambiente, Lavoro, Legalità. Perchè la pubblica amministrazione si muove tra incompetenza e corruzione.

Parliamo del modo d’operare nella Pubblica Amministrazione. Di coloro che amministrano localmente, la cosa pubblica, nei territori. Il “territorio” –forse giova ricordarlo- è la “proprietà collettiva” di un Popolo.

Territorio deriva da terrae torus, letto di terra, (il che implica un rapporto di cura e di tutela analogo a quello che si ha per il proprio letto), poiché è sul territorio che si dorme, si vive e si agisce, ed è dal territorio che si traggono i mezzi di sostentamento.

La nostra Costituzione, prevede che il territorio sia nel dominio del Popolo, perché pur stabilendo che “la proprietà è sia pubblica che privata” precisa che “l’utilità pubblica”, deve essere perseguita anche dal proprietario privato e pone limiti rilevantissimi a questo diritto, dovendo il proprietario privato soggiacere ai poteri di “pianificazione del territorio”, di “conformazione della proprietà privata secondo le esigenze di interesse pubblico”, e di “concessione all’edificazione”, restando tali poteri in mano pubblica.

Insomma la Costituzione dice che i beni, e in primis il territorio, non solo sono di tutti,  ma che soprattutto devono giovare a tutti. E’ un passaggio importante. Quindi, la cosa pubblica dovrebbe essere vissuta con senso di responsabilità tenendo presente la dimensione comune del bene.

“Communis” significa “cum”“munus”, e munus  ha due significati: quello di “funzione doverosa” e quella di “dono” quindi oneri e onori per i pubblici amministratori.

Ma è davvero intesa così dagli amministratori la gestione della cosa pubblica? Una  recente inchiesta di Riccardo Iacona, nella trasmissione Presa diretta, ha evidenziato che sono 115 i miliardi di euro spesi ogni anno in appalti nel nostro paese, quasi il 7% dell’intero Prodotto Interno Lordo.

Tanti, tantissimi soldi utilizzati dallo Stato per la costruzione e la manutenzione di strade e di infrastrutture senza neppure riuscire ad avere strade, ponti e viadotti sicuri, visto che crollano, franano e intere aree vengono alluvionate.

C’è da chiedersi cosa non abbia funzionato nella filiera delle responsabilità tra enti gestori, aziende costruttrici e stazioni appaltanti.

L’ autostrada Salerno- Reggio Calabria, “l’autostrada del Mediterraneo” – per fare un esempio – nel 2016 è stata inaugurata dopo 56 anni dalla posa della prima pietra. Solo sul tratto calabrese ci sono state 14 inchieste avviate dalle Procure  che hanno riscontrato infiltrazioni della ‘ndrangheta nei cantieri, corruzione di funzionari pubblici e truffe legate alla cattiva realizzazione dei lavori.

Come è possibile? È forse “complicatissimo” realizzare un’opera pubblica?
Teniamo presente che gli appalti sono una voce importantissima della ricchezza del nostro Paese e sono alla base dello sviluppo di una Nazione.

Un’opera pubblica si fa attraverso un contratto, stipulato tra la pubblica amministrazione e una o più imprese, e questo contrato si chiama appalto, e stabilisce come, dove,  in quanto tempo e a che prezzo dovrà essere costruita  o manutenuta una galleria, una strada, un viadotto, un aeroporto o qualunque altra opera pubblica.

Quindi si stabilisce “tutto”. Come può essere dunque, che un cavalcavia in Provincia di Lecco ceda sotto un Tir, e uccida un automobilista ? Un ponte della provincia di Nuoro crolli, uccidendo un poliziotto ? Un viadotto –a 10 gg dall’inaugurazione – si apra tra Palermo e Agrigento ?

La lista sarebbe troppo lunga. Si fanno male le opere? Mancano i controlli?
Cosa non funziona?

L’Anas ha calcolato che servirebbero 2 miliardi e mezzo all’anno per rimettere in sicurezza il suo patrimonio e invece ha solo un miliardo da spendere per la manutenzione.

Dopo anni di magra, dal 2007 al 2013, si sono spesi solo 200 milioni e la maggior parte delle strade e ponti italiani è vicino alla fine di quello che viene chiamato il ciclo di vita in sicurezza.

In primo luogo mancano dunque gli investimenti per le infrastrutture.  Mancano i soldi,  (sarà poi vero?). In secondo luogo, in Italia abbiamo troppe stazioni appaltanti. Se ne calcolano almeno 32.000 e questo nonostante l’entrata in vigore del nuovo codice degli appalti che ne decretava una drastica riduzione.

Ma anche quando i soldi si trovano, la situazione non cambia di molto, si calcola infatti che gli sprechi nelle pubbliche amministrazioni, nel settore degli appalti ci costano 30 miliardi di euro all’anno (sono quasi il 2% del pil). Il dato è emerso da una ricerca della Columbia University, della London School of Economics e di Tor Vergata.

Infine, teniamo presente che per gli appalti passa un fiume di risorse pubbliche: 115 miliardi di euro all’anno, sono il 7% del nostro Pil ( ecco perché chiedevo, sarà vero che mancano i soldi?) e dentro questo fiume di denaro si muovono attivamente corrotti e corruttori.

Un esempio; sulla Salerno-Reggio Calabria, la procura di Vibo ha sottoposto a sequestro giudiziario un tratto di strada perchè rappresenterebbe un “potenziale pericolo per l’incolumità pubblica”.

Il pericolo è rappresentato dal fatto che sotto un viadotto su cui è costruito il tratto autostradale passa uno dei maggiori corsi d’acqua della Calabria, quando è in piena, l’acqua arriva a lambire la base dei piloni.

Voi non ci crederete ma la Procura ha rilevato che mancava un’autorizzazione fondamentale per questo tipo di opere che impattano sul territorio a forte rischio idrogeologico: l’autorizzazione dell’Autorità del bacino e a richiederlo doveva essere l’ente appaltante, cioè l’Anas e nonostante la sua inesistenza il progetto nel 2008 era stato ritenuto valido e cantierabile.