Francesco Erspamer

La stampa è potere e il potere che non tollera il dissenso è totalitarismo

Le manifestazioni organizzate ieri dall’ordine dei giornalisti costituiscono un attacco alla libertà di espressione della gente, una prova di colpo di stato mediocratico. In sostanza i giornalisti (ma dietro di loro ci sono Berlusconi, De Benedetti, Cairo, le multinazionali) pretendono il monopolio dell’informazione: solo chi abbia il tesserino della loro associazione e sia stato cooptato dalla casta acquisirebbe il diritto di dare notizie, interpretarle, attaccare chi gli pare, senza poter subire critiche o attacchi. E perché mai? Onesti o disonesti che siano, preparati o impreparati, i giornalisti sono cittadini ordinari, che nessuno ha eletto: se un politico o un lavoratore o un qualsiasi altro cittadino li considera delle puttane, ha il diritto di affermarlo, ci mancherebbe altro. La stampa è potere e il potere che non tollera il dissenso è totalitarismo, così come i sistemi che impongono la loro idea di correttezza politica e che scelgono le parole che possono essere usate e quelle proibite.
Quanto alla stampa in generale (che peraltro non è più stampa ma televisione e internet, completamente liberalizzati), la Costituzione la protegge dalle censure del goveerno ma non la autorizza a censurarlo o a censurare i partiti; e la riga che la riguarda nell’articolo 21 ha senso nell’ambito del più generale e infinitamente più importante “diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione” riconosciuto a TUTTI, non solo ai giornalisti iscritti all’ordine.
Un serio discorso sulla libertà d’informazione dovrebbe piuttosto affrontare il problema delle concentrazioni editoriali, degli introiti pubblicitari, dei privilegi accordati ai giornalisti; altrimenti, come disse più di un secolo fa un famoso redattore del New York Times e attivista socialista, John Swinton, non esisterà mai una stampa indipendente e inevitabilmente i giornalisti continueranno a essere “delle prostitute intellettuali” (intellectual prostitutes) e i burattini e servi dei ricchi

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