In queste ore vorrei essere coraggiosa. Avere il coraggio di andare via, via di qua. Lontano da un paese ridotto così male.
Vorrei lasciarmi alle spalle una terra governata in modo pessimo, amministrata dai “peggiori”.
Un Paese in cui vincono la furbizia e la dedizione al reato, in cui la meritocrazia e l’onestà sono considerate devianze anziché un valore aggiunto.
Vorrei allontanarmi da uno Stato supino-alleato alle mafie, corroso dal malaffare, malato di corruzione fin dentro le viscere.
Vorrei avere il coraggio di ignorare l’ipocrisia di questi giorni; vorrei non dover essere additata come quella che semina “odio”.
La morte è naturale e fisiologica.
La morte di un anziano che ha vissuto molto bene e a lungo non è tragedia, ma normalità.
Il mio disappunto va al politico che ha vilipeso le Istituzioni, che ha utilizzato il proprio ruolo per curare affari personali, che ha distrutto l’economia, l’etica, l’equilibrio tra poteri dello Stato.
Per non parlare del rivoltante lecca tacchi in corso per raccogliere le molliche di un potere vasto e ricchissimo.
La detestabile idea che all’interno della politica tutti si fanno comprare.
Soffro per la consapevolezza che il mio Paese potrebbe essere meraviglioso, potente, ricco, invidiabile: ci ritroviamo invece una stivale bucato, sgualcito, in sofferenza costante.
La politica è responsabile di danni profondi, difficilmente recuperabili e Silvio Berlusconi è una delle espressioni più evidenti di tale sfacelo: ha inquinato i costumi, raggirato la legge, imbonito le menti e lo ha fatto racchiudendo in sé i peggiori difetti italici, gli stessi difetti di un elettorato al quale ha regalato il sogno del potente imprenditore brianzolo.
Il Dio denaro, il compromesso, la mercificazione del corpo delle donne, la violazione della legge che si fa regola: c’è tutto questo e molto di più dentro al berlusconismo.
Un Paese calpestato, violato, gestito senza rispetto alcuno, ecco cosa rimane.
Il mio disappunto nasce da questa vergognosa beatificazione del male assoluto, dal fatto di voler riscrivere la storia, dal negare l’evidenza.
Il mio disappunto per la proclamazione del lutto nazionale sfocia in rabbia: bandiere a mezz’asta, lavori parlamentari fermi, funerali di Stato.
Una irricevibile venerazione a reti unificate.
Sarebbe bastato ricostruire la sua lunga storia tra luci e pesantissime ombre.
Sarebbe bastato raccontare una carriera politica iniziata dalla necessità di coprire il vuoto lasciato dal venir meno del suo “padre” politico, quel Bettino Craxi morto da latitante.
Sarebbe bastato raccontare la verità.
La morte non cancella nulla: semmai rende eccessivi gli elogi, le rivisitazioni, fa uscire allo scoperto i colpevoli.
Quando c’è un cadavere è come se si cancellassero tutte le nefandezze del defunto: al contrario la morte dovrebbe servire a fare chiarezza.
Purtroppo non sono coraggiosa e, nonostante tutto, voglio tenere acceso il fiammifero della speranza. La speranza di vederlo cambiare questo mio paese maledettamente bello, ma pieno di contraddizioni difficili da sopportare.