Stefano Cucchi, Musarò pm del processo Cucchi bis: “Storia piena di bugie”. Ordini dall’alto per far sparire relazioni e modificare annotazioni di servizio
“Ordini dall’alto” dice il pm Giovanni Musarò durante il processo che vede imputati cinque carabinieri per omicidio preterintenzionale, calunnia, falso e due annotazioni di servizio “modificate” in cerca di autore.
L’inchiesta prosegue e finalmente, la negazione di quanto sostenuto da sempre dalla famiglia Cucchi e dalla società civile che si è stretta intorno ad essa ovvero, “l’omicidio di Stefano”, è crollata.
Par ormai ovvia la volontà di trovare i colpevoli e scavando, saltano fuori nomi importanti, con incarichi prestigiosi; è il caso del generale Casarsa oggi al comando dei Corazzieri del Quirinale.
Non è stato iscritto nel registro degli indagati ma stando alle testimonianze raccolte in aula, prese parte ad una bizzarra riunione – di cui non ha mai parlato – con tutti gli agenti coinvolti nell’arresto di Stefano Cucchi. Parlerà nei prossimi mesi dinanzi ai magistrati ma non per sua iniziativa.
Sempre secondo ricostruzione, durante quella riunione, ciascuno prendeva la parola per dire qualcosa riguardo l’arresto e il trattenimento in camera di sicurezza del giovane. E’ il caso di dire che i dettagli raccontano più dei fatti esposti.
Dai racconti emerge infatti che c’era molta attenzione alle parole utilizzate da parte di ognuno e questo viene cosi spiegato da un testimone che attribuisce ad un altro alto ufficiale presente, il generale Tomasone, le seguenti parole invitando chi aveva problemi ad esprimersi a farlo comunque con parole proprie perché “se non fosse stato in grado di spiegarsi con un superiore certamente non si sarebbe spiegato con un magistrato”.
Parole che sanno di versioni preconfezionate. Nessuno ne sapeva nulla ma accadeva che mentre la famiglia di Stefano chiedeva risposte sulla morte del figlio di cui non aveva alcuna notizia dal momento dell’arresto, alti ufficiali si riunivano con sottoposti senza peraltro redarre alcun verbale sui contenuti e sui nomi dei partecipanti.
Lo scopriamo oggi a distanza di 9 anni che da subito, all’interno dell’arma, vi fu attenzione per quello che fecero a Stefano ma non lo interpretarono con spirito di denuncia, bensì con spirito di insabbiamento. I preposti a difenderci…
Riflettevo su come brillanti carriere in ambito di forze dell’ordine, in Italia, sono sempre più spesso conciliabili con la caratteristica di individui “discreti” o omertosi, ai lettori la scelta. Una cosa appare certa, questo apparato della pubblica sicurezza è fortemente inquinato.
“Magari morisse, li mortacci sua”; Cosi si esprime uno dei carabinieri imputati, nelle ore successive al pestaggio di Stefano durante una comunicazione radiofonica coi colleghi . Alla luce del sole praticamente.
Dobbiamo relegare questo marciume al consolidato modo di rappresentare le istituzioni fra uomini che si ritrovano in divisa senza alcun ideale di legalità? Dobbiamo sminuire l’atteggiamento degli alti ufficiali coinvolti in assenza di comportamenti penalmente rilevanti?
Noi non ce la sentiamo. La corruzione, radicata ovunque, non risparmia nemmeno il comparto della pubblica sicurezza frasi fatte come “la maggioranza è composta da persone perbene”, non ci bastano. Puntiamo a vedere fatti concreti, pulizia, allontanamento definitivo di chi abusa del proprio potere e condanne più dure rispetto a quelle adottate per i criminali comuni per essere chiari perchè queste persone delinquono due volte, contro le vittime e contro il popolo italiano.
Altra fonte di amarezza, l’incapacità di persone, purtroppo non poche come potete verificare seguendo questo link, che si avventurano in giudizi privi di qualunque discernimento. Stefano Cucchi è morto più volte, ma può anche rivivere più volte, nell’elevazione della giustizia.