Francesco Erspamer

“Li uomini sdimenticano più presto la morte del padre che la perdita del patrimonio”

È chiaro che il paese riaprirà, anche se questo comportasse decine di migliaia di morti. I popoli sono sempre stati disposti ad accettare un simile prezzo per proteggere le proprie abitudini, se no non ci sarebbero mai state guerre, che con quella scusa giustificano stragi e distruzioni. È la condizione umana, acutamente descritta da Machiavelli: “li uomini sdimenticano più presto la morte del padre che la perdita del patrimonio”. Il realismo politico non è un’ideologia, è la condizione della politica: benché ci sia un’incolmabile differenza fra chi accetta il prezzo da pagare dopo aver provato ad abbassarlo il più possibile, come Conte, e chi illude la gente (che peraltro vuole essere ingannata) che non ci sarà nessun prezzo da pagare, come Salvini, Meloni, Renzi e i loro seguaci. Quindi tranquilli: si riaprirà presto e si resterà aperti, magari falsificando le cifre come appunto si fa in guerra per tenere alto il morale. In America già accade: bisogna cercare nelle pagine interne dei giornali per sapere che in un mese ci sono state più vittime che in otto anni di Vietnam; mentre a marzo i titoli davano quotidianamente il conto dei morti italiani per denigrare il M5S.
Però cosa avremmo fatto se il virus avesse avuto una mortalità dieci o cento volte più alta, e non solo fra gli anziani e i malati, che per molti rampanti è quasi bene che scompaiano perché poco produttivi? Possibile che la società di gran lunga più opulenta della Storia non sia in grado di assorbire qualche mese di carestia? Possibile che si trovi più in difficoltà di quando le risorse complessive erano enormemente inferiori, le tecnologie primitive, la scienza inesistente? In altre parole: cosa ne è stato del progresso, della ricchezza senza precedenti creata in decenni di frenetico sviluppo? Ricordo i miei nonni e genitori: se le cose andavano bene, mettevano da parte, consapevoli che la stagione delle vacche grasse non sarebbe durata indefinitamente. Quando è morta mia madre ho trovato nei suoi armadi lenzuola e coperte nuove, comprate mezzo secolo prima per non farsi trovare impreparata.
È quel senso di fragilità, che si traduceva in umiltà e prudenza, a essere scomparso. Liberismo significa consumismo estremo, senza riserve perché si presume che la crescita sarà eterna e che la mano invisibile del Mercato o la Provvidenza tecnologica risolveranno tutto. Dunque si consente ad Amazon, alle grandi catene, ai megacentri commerciali, di mettere in ginocchio i piccoli negozi indipendenti costringendoli a rinnovarsi e fare debiti per non venire spazzati via: una folle corsa dietro mode istantanee, accelerate dall’obsolescenza programmata dei prodotti, delle idee, delle abitudini. Arroganza, superficialità e deregulation della previdenza.
Così quando la crisi arriva non resta che accusare lo Stato, che fino al giorno prima era un ostacolo al diritto all’edonismo individuale, e sacrificare i più deboli. Ma siamo in tanti a essere deboli e altre catastrofi verranno.

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