“Vate” deriva dal latino vates, con il significato di indovino, profeta e quindi poeta, poiché spesso le profezie erano espresse in versi. In senso più figurato con il termine “Vate”, vengono intesi quegli autori che cercano di interpretare e guidare le opinioni delle masse.
Per la prima volta il termine, secondo quanto appena riportato, fu riferito ad autori latini che a Roma, attraverso i loro versi cercavano di mitigare gli effetti della grande corruzione dell’epoca successiva a quella dominata dalla figura di Giulio Cesare. Una nuova ondata di questi sacerdoti del giusto orientamento dei sentimenti del volgo si ebbe con il romanticismo, allorquando alcuni ritennero indispensabile superare i rigorosi limiti del neoclassicismo. Il nome di Gabriele D’Annunzio vi dice qualcosa?
La terza ondata di Vates, a cui ritengo doveroso aggiungere l’attributo di Metropolitani, tanto per stare al passo con la moderna evoluzione sociale, è stata brillantemente introdotta dalle televisioni, pubbliche e private, che non possono fare a meno di avere nei loro palinsesti programmi dove si dibatte su politica e fatti di cronaca.
Uno stuolo di opinionisti, esperti e soprattutto un pubblico ben addestrato ad applaudire al momento opportuno ne costituiscono gli ingredienti fondamentali, sapientemente orchestrati da un conduttore. A mio ricordo, il primo ad avere inventato questa formula ad effetto fu Michele Santoro che per molti anni ha avuto il monopolio dell’attenzione di devoti seguaci, ottenendo un discreto successo personale. Il modello fu presto imitato ed esportato in vari modi e contesti, ma nessuno riuscì ad ottenere lo stesso exploit.
Lo scopo è quello di risvegliare le coscienze dei telespettatori su temi e sistemi di mal costume, attraverso una serie di servizi giornalistici ben articolati e circostanziati che ti sbattono in faccia verità di collusioni e criminalità di tale portata che l’indomani ti spetteresti di vedere scorrere in prima pagina l’elenco degli arrestati o, quanto meno, degli indagati.
Non succede quasi mai. Ma lo spettacolo è andato avanti e ha ottenuto la sua libra di carne a spese del malcapitato di turno.
Nel 1976 il TG2 aveva varato un rotocalco televisivo, a cadenza settimanale, intitolato Odeon, tutto quanto fa spettacolo, a cura di Brando Giordano ed Emilio Ravel, il cui obiettivo era di dare informazione sullo spettacolo, facendo spettacolo, la sigla di chiusura era affidata ad uno spettacolare Keith Emerson che suonava al piano un allegro boogie-woogie. Fu replicato anche nel 1978.
Nel 1980 RAI1 propose, scimmiottando un’omonima rivista americana, Variethy. Nel 1983, gli stessi Giordano e Ravel propongono Colosseum, un rotocalco che presentava una carrellata di fenomeni e di primati da guinness, ma nessuna delle due ottiene il successo di Odeon.
Tutto quanto fa spettacolo, dunque è la vera ricetta vincente. Informare facendo spettacolo. Per attuarla occorre un argomento d’attualità, anche banale, perché quello che conta è come lo trasmetti, quali corde riesci a toccare. Occorre avere a disposizione giornalisti d’assalto, sguinzagliati come segugi a provocare reazioni, spiare e carpire con ogni mezzo le emozioni giuste per costruire il caso. E se la trasmissione è dal vivo e l’oggetto dello spettacolo non commuove abbastanza i telespettatori, ecco intervenire il conduttore, che nel ruolo magistrale di burattinaio, suggerisce le giuste parole ad effetto, del tipo:
“… e lei ha provato dolore quando hanno ucciso suo padre?”
Abbiamo quindi personaggi imbeccati e telespettatori imboccati.
A tutta gloria dell’insigne guru che disvela le grandi verità, fustigando i cattivi e proteggendo i derelitti.
Ma, spettacolo a parte, non sempre è così facile dividere il bene dal male, il giusto dall’ingiusto. Mi domando allora, dovendo impostare una trasmissione, come si faccia a decidere da che parte stare.
Si tira a sorte? Si propende per la versione più accattivante, quella che può fare più ascolto?
In questo caso, guai! ad esprimere un’opinione diversa da quella scelta dal Vate. Metteresti in gioco la sua carriera di leader indiscusso. E a parte la delusione per il suo dilatato Ego, il rischio di vedere scendere gli share, o perdere contratti pubblicitari sarebbe troppo penalizzante. Non te lo consentirebbero. E chiaramente hanno tutti i mezzi per metterti alla berlina, come è recentemente successo durante una di queste trasmissioni ai limiti del buon gusto.
Sconsiglio, pertanto, a chicchessia di sconfessare un Vate: spegniamo i nostri cervelli e lasciamoci imbeccare e imboccare gioiosamente con perle di verità che non dobbiamo preoccuparci di valutare. Abbandoniamo ogni velleità di costruirci un’opinione personale e facciamo nostra quella di un personaggio televisivo, sarà di sicuro successo. Restiamo nel corroborante branco dell’anonimato ed evitiamo di dare scandalo pretendendo di esercitare il nostro diritto di critica.
Poi teniamo presente che la storiella di Davide e Golia, sempre che sia vera, non fa più spettacolo.