Francesco Erspamer

Che gli frega ai giornalisti, mica sono pagati per pensare o migliorare la società

Il clima è impazzito, o meglio, siamo impazziti noi e la natura ci punisce. Ma i giornalisti, servi delle multinazionali, continuano a riempire i giornali con appelli alla crescita, economica e demografica, a consumare sempre di più, sprecare sempre di più, inquinare sempre di più, e chissenefrega dell’ambiente, della bellezza, di un po’ di diversità; macchè, la diversità fa paura, soprattutto ai multiculturalisti da supermercato, che vogliono viaggiare il mondo per trovarvi le stesse rassicuranti catene commerciali, lo stesso cibo (Starbucks a Milano, Eataly a Boston), lo stesso inglese semplificato, la stessa correttezza politica importata dagli Stati Uniti, identici brand e identiche celebrity; certo, ci sono un po’ di prodotti in più di quanti ciascun villaggio o provincia potesse offrire un secolo fa (l’orrendo, esecrato provincialismo, che puzza di populismo e di autenticità, inaccettabile in un mondo infatuato della virtualità), ma la diversità complessiva, la straordinaria varietà che aveva caratterizzato la Terra, sta precipitando.
Che gli frega ai giornalisti, mica sono pagati per pensare o migliorare la società o salvare il pianeta. Sono pagati per dire cazzate e del resto buona parte di loro non saprebbe dire altro e se il sistema cambiasse dovrebbero cercarsi un altro mestiere, non sapendone fare nessuno. E la gente? La gente si sta scordando di essere tanti popoli, ciascuno radicato nella propria regione e nella propria cultura, entrambe fragili, da proteggere e preservare; no, si credono tutti individui e cosmopoliti, come i ricchi però senza il loro denaro, anzi più miserabili di prima ma si accontentano delle suddette cazzate mediatiche per non cadere nella depressione, che ormai li hanno convinti essere il male peggiore, superato solo dall’impegno e dalla solidarietà (l’orrenda, esecrata solidarietà, che puzza di populismo se non di fascismo, inaccettabile in un mondo in cui è d’obbligo la dispersione, la non appartenenza).
Peccato che non basti più fare gli struzzi o i furbi, chiudendo gli occhi per non vedere e arraffando quello che si può e sperando nel miracolo o nella dedizione di qualcun altro; non basta dirsi che ha da passà ‘a nuttata perché non passerà mai da sola; avete rotto il meccanismo con il vostro grande egoismo e soprattutto con la vostra immensa ignavia. Adesso o si lotta, con coraggio o con intelligenza (almeno uno dei due è indispensabile), oppure si scompare, non di colpo, in qualche decennio, e all’ultimo con consapevolezza improvvisa ma sarà troppo tardi.

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