Nel primo week end del Natale 2019, abbiamo assistito impotenti ad una tragedia.
Gaia e Camilla, due ragazze di 16 anni felici per l’inizio delle vacanze natalizie, sono uscite come tante altre ragazze. Hanno passato una serata spensierata con i compagni, forse con i fidanzatini, con le amiche del cuore e poi sono corse via a casa.
Due mani strette nel vento e sotto la pioggia, di corsa per strada.
A quell’età la vita sembra scontata, l’esistenza dei pericoli e della stessa morte non si percepisce, il mondo è staccato da te e nella testa hai una pioggia di emozioni, una esplosione di gioie e di dolori difficile da gestire, impossibile da comunicare agli “adulti”.
Pietro ha pochi anni in più, circa 20, e sta guidando dopo essere rimasto per un po’ di tempo senza patente. Anche lui è in quella strana dimensione dell’adolescenza – che ormai non ha inizio e non ha fine in un’età precisa e che a volte va avanti per tanto tempo, finché qualcosa non ti fa passare all’età della maturità.
Pietro neanche si accorge di quei due corpi esili che all’improvviso sbucano dal nulla e si schiantano sulla sua macchina. Morte sul colpo, a 16 anni, con una vita davanti.
Sono sicura che una parte di Pietro è morta con loro, in quell’impatto veloce, in quel senso di impotenza e di vuoto che ti può dare solo l’aver commesso un qualcosa di irreparabile.
La morte di due ragazze, di due angeli, è l’irreparabile assoluto ed infinito.
Infinito come il dolore e lo shock delle due famiglie che la sera aprono la porta di casa e non ritrovano più il sorriso ed il chiasso di due adolescenti. L’immensità del vuoto di due mamme e di due papà che la mattina a colazione ascoltano solo il silenzio.
Quella sera, sull’asfalto, ci sono due vittime.
Pietro ha bevuto e, forse, ha assunto droga ed ha superato i limiti di velocità.
Lo Stato ed il Comune di Roma hanno violato le regole: quell’incrocio di Corso Francia è a scarsa visibilità ed a scorrimento veloce, non c’erano dispositivi per verificare il rispetto dei limiti di velocità, non ci sono quasi mai controlli per la verifica del tasso alcolemico del guidatore o della sicurezza degli autoveicoli.
A dire il vero, in tutte le strade di Roma regna l’anarchia sia per i pedoni che per gli automobilisti, la visibilità è scarsa anche in arterie molto pericolose, il manto stradale è fatiscente e pieno di buche e quando piove il tutto peggiora con pozzanghere in cui si affonda. Il controllo delle strade da parte del personale addetto è pari quasi a zero.
Non si può sorvolare su regole così importanti del vivere civile, perché violarle può comportare conseguenze terrificanti, come in questo caso.
Il codice della strada all’art. 186 vieta di guidare in stato di ebbrezza in conseguenza dell’uso di bevande alcoliche e, quindi, la violazione e la conseguente pena sono previste per il solo fatto di essersi messo alla guida in stato di ebbrezza.
Si dovranno attendere i tempi delle perizie ed, in generale, della giustizia per verificare le responsabilità di Pietro riguardo all’incidente stradale.
Devono sentire la loro responsabilità e devono essere chiamate in causa anche tutte le Istituzioni deputate a tutelare i cittadini e soprattutto le persone più fragili, come sono gli adolescenti ed i bambini, gli anziani ed i disabili, attraverso il ritorno al controllo reale (e percepibile) del territorio, delle strade e di chi quelle strade le vive per gioco o per lavoro.
Spettatori innocenti di questa tragedia sono i genitori e le famiglie delle due giovani donne che sono volate in cielo, tutti noi dovremmo star loro vicini e far sentire la nostra solidarietà perché possano superare un evento così tragico. A nessun genitore dovrebbe essere inflitto un dolore così grande e nessun genitore può essere talmente perfetto da evitare un errore o una leggerezza del proprio figlio.
Solo gli imperscrutabili disegni di Dio o del destino potranno dare un senso a tanto dolore.
Sento il dovere morale di unirmi alla richiesta di RISPETTO per la morte di due brave ragazze, per il dolore di due famiglie, per le regole del codice della strada, per i principi di buon andamento dell’amministrazione e della sicurezza sulla strada.
Rilevo con amarezza tentativi di mistificare il ricordo di due ragazze gioiose con il solito e triste “buonismo” che, in realtà, “buonismo” non è ma forse è relativismo, come se alla fine si possa consentire tutto ed il contrario di tutto e forse colpevolizzare sempre di più le vittime, fa pensare di essere capaci di evitare di essere a propria volta vittime e di poter dire “a me non sarebbe accaduto”.
Ed invece si può essere vittime anche se si rispettano le regole o forse proprio perché si rispettano, si può essere vittime perché un momento di fragilità è di tutti, si può essere vittime per un imprevedibile caso o destino, si può essere vittime perché si è ancora troppo buoni da immaginare il male.
Sempre e comunque, la vittima va tutelata e protetta.