Sabrina D'Elpidio

Democrazia o telecrazia? Il quarto potere, completamento o destabilizzatore?

Il mio intervento  al convegno “Giornalismo d’inchiesta pilastro di democrazia”dedicato a Daphne Caruana Galizia e alla sua battaglia contro la corruzione.

Di libertà in questo Paese si è sempre parlato, di libertà di stampa in particolare. Se ne parlava già nello statuto Albertino e ne parlava Benito Mussolini  durante il fascismo:

“la stampa più libera del mondo intero è la stampa italiana ! Il giornalismo italiano è libero perché serve solo una causa ed un regime! E’ libero  perché nell’ambito delle leggi del regime può esercitare ed esercita funzioni di controllo, critica e propulsione”

Ora siamo in democrazia, una condizione che appare come un’anomalia nella storia dell’umanità. E’ recente, (da noi  in particolare, ha solo 70 anni), è contraddittoria, imperfetta, e sembra retrocedere rispetto a nuovi assetti sociali in cui sembrano esserci nuovi schiavi, servi in tutto e per tutto e dei  padroni.

Il concetto di democrazia di qualche anno decennio fa, era totalmente diverso da quello odierno; quando fu trovato -per caso – il piano di rinascita “democratica” di Licio Gelli. scoppiò un caso, ora quel documento suscita indifferenza e peraltro, si è realizzato.

Quello che proponeva Gelli, era togliere la tela tenendo la cornice, cioè esautorare la democrazia –dall’interno- apparentemente valorizzandola al massimo grado, all’esterno, liberandosi quanto più, dalla possibilità di essere controllati; l’inserimento delle proprie consorterie nelle posizioni apicali con la maggior libertà d’azione possibile, azzerando il più possibile i contropoteri ed i bilanciamenti. Rafforzare il governo rispetto a Camere così da avere mani libere cioè, togliere i cani da guardia di cui il primo, è proprio la stampa. Infatti, nel piano Gelli, si paventava l’infiltrazione di giornalisti prezzolati per influenzare la circolazione delle notizie. Una svolta autoritaria non percepita come tale, l’erosione dello splendido meccanismo imperfetto ma insostituibile della democrazia.

La democrazia, per funzionare bene, dovrebbe avere una caratteristica che le conferisce l’identità che le è propria: l’unicità del centro decisionale, dovrebbe essere in mano alla politica.

Platone diceva che la politica era tecnica regia ( basilikè tèkne), in quanto le altre tecniche attengono a come fare le cose mentre la politica sa (o dovrebbe sapere),  “perché e “se” bisogna farle e lo dice anche la nostra Costituzione all’Art 49: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”.

E’il concetto espresso anche dalle figure che attualmente sono impegnate nelle questioni più delicate che riguardano la storia del nostro Paese, come il Procuratore Nino Di Matteo, cui va tutta la nostra riconoscenza per ciò su cui ha contribuito a far luce; ha dichiarato più volte che “occorre una volontà politica di intervenire”, non basta il sacrificio di singoli servitori dello Stato.

Le decisioni di rilevanza nazionale, dovrebbero essere prese in seno alla politica e non lasciate
ad altri ambiti o peggio, ad altri consessi. Tanto è vero che l’Art.11, stabilisce che si possa fare un passo indietro rispetto al concetto di sovranità dello Stato, cioè, prendere decisioni con i rappresentanti del popolo sovrano solo a condizione di reciprocità con gli altri stati. Chiunque può verificare se è questo lo scenario cui abbiamo assistito negli ultimi anni.

La politica è davvero l’unico luogo della decisione ? Oppure la politica non è più il luogo della decisione ma lo è l’economia, l’europa, il mercato…? Ciascuno può giudicare la ricorrenza di espressioni quali : “ce lo chiedono i mercati”, “ce lo chiede l’Europa”.

Platone diceva anche un’altra cosa rispetto alla democrazia: “Non può esistere un sistema democratico se esistono mistificatori del linguaggio e del consenso perché la verità arretra difronte ad altre utilità”

Era un precursore dei moderni sociologi. Aveva centrato il punto. La filiera è: la verità è la precondizione dell’informazione, l’informazione è la precondizione della libertà e la libertà è la precondizione delle democrazia.

In nome della verità e della corretta informazione, si mettono in condizione i cittadini – il popolo sovrano – di “decidere”. In sua assenza non può che esserci una sorta di autolegittimazione dell’ élites al potere.

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