E’ cosa buona, a nostro avviso, approfondire il cattivo rapporto in essere fra Beppe Grillo e i giornalisti. Le ragioni riguardano la collettività. Non si può negare la clamorosa attenzione riservata all’attività politica del M5S nonché alla sfera privata dei singoli rappresentanti del movimento. Doveroso nei confronti di chi si candida a governare città, regioni e il Paese intero. Nulla da eccepire non fosse che, gravi vizi di forma, rendono questa azione palesemente forzata.
Consideriamo alcuni fatti; la magistratura, attraverso un lavoro di inchieste prive del supporto legislativo dovuto, anzi, ostacolato proprio da provvedimenti incomprensibili ( diciamo incomprensibili ) dell’esecutivo, ci restituisce il profilo di un Paese in cui la legalità va dissolvendosi. Ci spiegano anche come. Secondo Roberto Scarpinato, Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Palermo, “La corruzione è oggi il principale strumento di penetrazione delle mafie nelle istituzioni”. Ne è convinto anche il magistrato Nino Di Matteo, passato da poco alla Procura Nazionale Antimafia: “In Cosa Nostra si è diffuso il convincimento di aver raggiunto l’obiettivo: far la guerra per la pace”. Tradotto: a seguito della stagione stragista iniziata nel 92, alcuni accordi sono stati raggiunti con le istituzioni ormai inquinate dalla presenza della mafia che non ha più bisogno di mettere bombe per terrorizzare gli interlocutori politici individuati. Un’escalation di potere occulto che ha potuto contare su pubblici ufficiali corrotti ma non di meno, sull’informazione manipolata compiacente, cieca, sorda e muta.
Significativa in tal senso, può essere la storia di “Mafia Capitale“; tralasciando le conseguenze di una sentenza che elimina la parola “mafia” confermando l’assenza di verità storica presso le aule di tribunale, consideriamo per un attimo quante sono state le inchieste giornalistiche intorno ai protagonisti del malaffare nella Capitale prima dell’intervento della magistratura. Una rete di rapporti fatta da amministratori pubbllici, politici e soggetti come Salvatore Buzzi, un criminale condannato a 30 anni per aver ucciso un uomo con 34 coltellate. Di tutta la pena, scontò poco meno di 3 anni, poi arrivò la grazia di Oscar Luigi Scalfaro e fu libertà.Nella cricca, soggetti come Massimo Carminati, superstite della Banda della Magliana. Può un simile intreccio non destare l’attenzione della stampa ? Può !
Ma Roma ha poi raggiunto livelli di massima attenzione da parte della stampa. Dall’insediamento di Virginia Raggi come sindaco della città. Da quel momento in poi, nemmeno una virgola messa male può capitare nei comunicati stampa in uscita dalla segreteria del Sindaco perchè, la prima pagina dei quotidiani è assicurata. Abbiamo visto di tutto dall’inizio del suo mandato, persino fotografie in cui si macchiava del grave reato di essere senza trucco e coi capelli spettinati.
Come si muove buona parte della stampa italiana, quali sono i criteri adottati? Al fine di comprenderlo pienamente, serve ricordare due dati fondamentali; l’ultimo rapporto sulla libertà di stampa realizzato da Reporters sans Frontieres, ci vede al 52°posto. Nel rapporto viene evidenziato il profilo di una stampa intimidita dal potere politico e dalla mafia. Altro dato significativo, il nostro è il Paese dove si finanziano maggiormente i giornali, con una prerogativa, le testate di partito sono quelle che prendono più contributi pubblici; l’osservatorio civico Openpolis, parla di 230 milioni di euro versati dal 2003 ad oggi e ciò nonostante, assistiamo a clamorosi fallimenti delle stesse. Quando non sono i contributi pubblici ad intervenire, sono i trucchetti sempre e comunque a danno dei contribuenti. Per salvare l’Unità, testata che fa capo al Partito Democratico, ci sono stati sottratti 107 milioni di euro e consegnati alle banche creditrici della vecchia gestione.
Da una parte la politica allunga soldi e aiutini, dall’altra chiede. Il meccanismo è il medesimo da anni. E cosa chiede ? Chiede il pacchetto “manipolazione”che prevede: imposizione di argomenti studiati e stabiliti e il susseguirsi di opinioni che avallino la linea decisa. I fatti lasciano il posto all’interpretazione degli stessi e la terzietà cede il posto ad allineamenti nemmeno tanto velati ormai. Questo è il terreno in cui poi si sviluppano gli attacchi da parte del padre nobile del M5S alla stampa. Durante la tre giorni di Rimini Beppe Grillo ha distribuito soldi falsi ai giornalisti presenti. Simbolicamente sono proprio quelli che mancano nel rapporto coi media italiani da parte del giovanissimo movimento politico.
E’ inconfutabile la diversità di relazione che intercorre fra le altre forze politiche presenti sulla scena e i media. Forza italia conta sulle ingenti prestazioni dei canali più seguiti dai telespettatori italiani che si ritrovano propaganda politica anche durante trasmissioni che con la politica non hanno nulla a che fare. Questa tecnica fu la fortuna della prima campagna elettorale di Berlusconi, l’uomo che “stipulò un accordo ‘di protezione’ con le famiglie mafiose di Palermo”. Cosi dice una sentenza passata in giudicato che è finita sotto i radar degli attenti giornalisti che passano al setaccio il M5S.
Il Partito Democratico, forte delle recenti nomine nel CDA della RAI, non ha nulla da invidiare in fatto di “informazione simpatizzante” all’amico spacciato per nemico Silvio Berlusconi. Basti pensare che Matteo Renzi, a luglio, ha potuto contare su ben 25 minuti di diretta televisiva per la presentazione del suo libro. Scandaloso uso della rete pubblica.
Comprendo come gli appartenenti alla categoria che degnamente sono iscritti all’albo dei giornalisti, possano vivere male attacchi e sfottò da parte di Grillo, ma le riflessioni su quanto espresso sono d’obbligo. Le notizie formano e deformano l’opinione pubblica, la responsabilità di questi professionisti è grande e quando non risponde a logiche di onestà intellettuale e precisa narrazione dei fatti, è crimine. Assistiamo, è doveroso dirlo, anche ad eccessi di attacchi da parte di attivisti e simpatizzanti del M5S, ma il terreno è sempre il medesimo. Non c’è solo l’impegno dei rappresentanti nelle sede istituzionali; grande e lodevole è anche l’impegno di chi sul territorio, giorno dopo giorno, cerca di fare rete, di apportare contributi alla vita democratica del Paese e certo, non è facile rassegnarsi a continui e morbosi servizi sulla propria parte politica.
“Un vero giornalista non deve niente a chi governa il suo paese. Egli deve tutto al suo paese” Parola di Premio Pulitzer Vermont C. Royster