Francesco Erspamer

Appiattiti sulla paura, ipnotizzati dallo smartphone

Che peccato. Due guerre mondiali e varie rivoluzioni; straordinari progressi scientifici con conseguente allungamento della vita media e accrescimento della ricchezza disponibile; un esodo di massa verso le città; dure lotte sociali e di emancipazione e grandi conquiste politiche e civili; una diffusione senza precedenti dell’informazione e un accesso di massa all’istruzione; a un prezzo, ossia la distruzione di tante comunità, della spiritualità, dell’ambiente, delle tradizioni. Tutto inutile, sofferenze, sacrifici, impegno, progresso. Sono bastati tre decenni di liberismo e di nuove tecnologie e l’umanità è regredita psicologicamente e socialmente ai livelli di tre-quattro secoli fa, se non alla barbarie preistorica. Popoli appiattiti sull’immediato presente, sulle pulsioni e le paure del momento, senza alcuna prospettiva che trascenda la loro misera esistenza individuale, prigionieri di un egocentrismo senza limiti, ben espresso dalle celebrity e dai politici più apprezzati. Niente autenticità, niente cultura, niente razionalità: solo reazioni pavloviane alle sollecitazioni dei media e della pubblicità, solo emozioni, convinzioni, consumi, edonismo, panico, tutto a telecomando. Gli italiani come gli altri o peggio degli altri, purtroppo, ciechi e sordi al loro immenso patrimonio culturale. Altro che Orwell e la distopia di 1984. Peccato. Una grande occasione storica è stata persa e non so se ne presenterà un’altra. Per colpa dei soliti stronzi – i rampanti, i vincenti, quelli che si considerano migliori degli altri e credono che qualche merito debba portare a oscene ineguaglianze – ma soprattutto per colpa di milioni o miliardi di coglioni che hanno rinunciato a pensare, riflettere, analizzare, studiare, combattere, fare esperienza, ipnotizzati dai loro smartphone e da cazzate o slogan non più lunghi di 140 caratteri.

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