Quanto tempo sprecato a criticare i giornali, i telegiornali e i talk show liberisti, per non parlare delle frustrazioni, della bile e soprattutto del senso di impotenza che ne deriva, quest’ultimo politicamente disastroso perché alla gente non piace chi si lamenta della propria debolezza e supplica i potenti di diventare buoni e leali invece di accettare lo scontro e cominciare a far loro paura. Ricordate l’incipit del Manifesto di Marx e Engels? “Uno spettro si aggira per l’Europa: lo spettro del comunismo. Tutte le potenze della vecchia Europa si sono coalizzate in una sacra caccia alle streghe contro questo spettro”. Così si fa: si prende atto che i ricchi e i privilegiati si coalizzano e coalizzeranno sempre contro chiunque davvero minacci la loro supremazia. E non si chiede loro moderazione ma ci si organizza e si acquisiscono gli strumenti che ci permettano di diventare lo spettro che li fa cadere nel panico e li spinge a commettere errori.
A che serve ripetersi ossessivamente che i giornali italiani sono faziosi, che i giornalisti sono parte integrante della casta e dunque tutti piddini e berlusconiani, e che preferiscono la Lega ma anche Casa Pound al M5S? A che serve denunciare quotidianamente le loro calunnie, le loro omissioni, le loro manipolazioni? A che serve guardare indegni talk show per avere conferma che le celebrity che li conducono sono prevenute, come se il solo fatto di essere dei milionari senza qualità non spieghi e tutto sommato giustifichi la loro posizione? La realtà è che l’indipendenza e oggettività dei media è una favola liberista a cui chiunque in passato si fosse trovato a lottare contro i regimi capitalisti, non ha mai creduto. Se la sono inventata a fine novecento, dopo la vittoria del neocapitalismo, come al solito sul modello americano (la mitica onestà e imparzialità del New York Times, del Washington Post, di CNN, praticata solo finché non venissero messi in dubbio i princìpi del liberismo e gli interessi dei miliardari) e inventandosi parametri per valutare la libertà di stampa, che guarda caso è altissima nei paesi in cui le multinazionali hanno il monopolio dell’informazione. Ovvio che in Italia i giornalisti siano i servi di chi li paga: perché non dovrebbero esserlo?
Se ne esce solo fondando giornali e televisioni nostri, autorevoli ma partigiani; se ne esce creando e educando un’intellighenzia di parte, della nostra parte; e parallelamente facendo passare una legge che proibisca le concentrazioni editoriali, vieti alla finanza il possesso di organi d’informazione e stabilisca drastici tetti agli introiti pubblicitari. Solo così una nuova sinistra populista tornerà a essere uno spettro che guasti il sonno dei potenti.