Noterete che questo NON è il solito stereotipico articolo. E’ un pezzo un po’ atipico che ho preferito suddividere in due parti: una semiseria, che narra d’un attempato goliardo, terrappiattista convinto, che con disincantata ironia ha avuto l’impertinenza di scrivere persino a Babbo Natale (visto che nessuna Autorità di Governo l’ha degnato di risposta). Se volete sorridere leggetevi la storia (a Vs. rischio e pericolo) che troverete → QUI’ ← ma ve lo sconsiglio caldamente. Poi c’è anche una seconda parte, più seria e riflessiva che esporrò in prosieguo. Due storie di Natale uguali e diverse con un comune denominatore, come nelle migliori fiabe: il lieto fine.
Dopo avervi tediato a sangue per settimane e mesi con titoli pettegoli, storiacce turpi e tormentate sentivo proprio il bisogno di raccontarvi qualcosa di più leggero ed edificante. Giusto per disintossicarmi dalle cronache truculente, come l’incantevole Eni che ci ha regalato una magia dopo l’altra con la sue topografie dell’orrore (ha bullizzato i territtori con quantità ciclopiche di rifiuti interrati per decenni nei suoi stabilimenti) e voi sapete bene che quando certi velENI entrano in circolo nell’ambiente diventano patrimonio dell’umanità, vedi Priolo Gargallo, l’Acna di Cengio, il sito di Brindisi, persino nella bella laguna veneta di Porto Marghera. O le periferie del diritto che han visto protagonisti fior fiore di business lawyer con le loro violazioni dell’etica professionale (per non parlare dell’avvocato ‘patriota’ vile e traditore), il Giudice rottamato perché infastidiva una multinazionale, le truffe TAV ad Alta Voracità di Gavio, le tangenti ENI in Nigeria con le corruzioni in Arabia Saudita, l’inesorabile declino della bella Torino (sta morendo?), i colossali puffi della Croce Rossa Italiana o il “Piatto Sporco” di Matteo Messina Denaro e Bernardo Provenzano, etc etc…
Non si può rimanere indifferenti di fronte a certe cose, perché l’indifferenza è complicità. Ora per minimizzare l’impatto di un nuovo approfondimento volevo quasi quasi scrivervi delle cose a vanvera, dato che sto lavorando ad un pezzo che spiega come nascono e funzionano – secondo me – i moderni processi economici con le sue divisioni in classi ricche, povere e piccolo borghesi, da cui forse ha scopiazzato anche Marx teorizzando sul suo Capitale.
Che pressapoco coincide col sistema medioevale chiamato Feudalesimo, che si fondava sulla suddivisione dei terreni effettuata dalle diverse figure gerarchiche: Re tiranni, Vassalli Valvassori, Valvassini, Cavalieri, Preti, Fanti etc etc. Sulle spalle del servo della gleba, in pratica, si reggeva tutto il sistema economico. Mentre tutti gli altri bevevano, gozzovigliavano, banchettavano o i monarchi giocavano alla guerra. Solo il servo sgobbava come un mulo dalla mattina alla sera, producendo per tutti ed era l’unico creatore di plusvalore.
A proposito di Monarchie e Repubbliche Presidenziali noterei delle vaghe analogie con i tempi moderni, in cui mi sembra di percepire sempre più forme di Poteri che inducono al signoraggio del pensiero, creando rapporti di vassallaggio psicologico in tutti i segmenti della popolazione, tale da azzerare qualsivoglia traccia di spirito critico. Fortunatamente però oggi ci sono degli anticorpi perchè sta emergendo una nuova classe politica (alla quale bisogna dare fiducia) molto più attenta alle questioni sociali tanto che possiamo parlare di un nuovo “Quarto Stato” che avanza, come prefigurava Pelizza da Volpedo in un suo celebre quadro (rappresentazione che ha affascinato generazioni di pensatori, illustri musici e uomini di cultura).
Si tratta però di tematiche troppo complesse e noiose per continuare a parlarne qui e correrei il rischio di annoiarvi, inducendo il lettore medio a chiudere immediatamente il computer per cominciare a guardarsi un’altra puntata in TV di “Porta a Porta”. Mi piacerebbe davvero raccontarvi trame di belle gesta o un bel fatto. Che so, magari proprio una romantica storia di Natale. Ma di sti tempi è sempre più difficile riuscire a scovarne una come si deve. Ed invece oggi, come per incanto, dal cielo me n’é piovuta una stupenda. Una vera storia di Natale come quelle spesso favoleggiate in certi telefilm americani d’un tempo. Purtroppo adesso van solo di moda stupri, omicidi, cold case, CSI Miami Vice et similia, senza alcun rispetto del comune senso del sudore.
Ora il Santo Natale s’avvicina e le città si riempiono di luci e decorazioni. I bimbi iniziano a pensare a cosa chiedere a Babbo Natale. E i grandi? Anche Voi (forse) quest’anno festeggerete. Tanti magari celebrando uno o più anni esatti di assenza dal lavoro. Potreste esser anche Voi produttivi, ma siete impossibilitati. Forse la vostra azienda sta delocalizzando per andare in Romania o siete in cassa integrazione a zero ore. Visto che quest’anno avete fatto i bravi, scrivete anche Voi la Vostra letterina – magari la prima – a Papà Natale perché esaudisca un Vostro desiderio. Potete avere l’aritmetica certezza che Lui vi ascolterà (e risponderà). Intanto, nel frattempo, a tutti Voi (che avete problemi e tante preoccupazioni da palesare) Auguro un sereno Natale e Felice Buon Anno.
Come accennavo all’inizio ho per le mani questa bella storia di Natale da raccontarvi che sviscero immediatamente.
Genova è una bella città, e come tutte le metropoli del nostro beneamato Paese a volte può esser matrigna. Che è diverso da ‘tirchio’ (belin, Cristoforo Colombo è dovuto andare fino in Spagna per farsi prestare 3 caravelle). Accade anche nei nostri quartieri, viviamo per decenni a fianco di persone che manco conosciamo, ignorandone problemi e difficoltà. Genova a volte – involontariamente – sa esser ingrata con i suoi figli.
Infatti per molto, troppo tempo s’è dimenticata del suo De Chirico. Nella Superba vive un grande pittore surrealista che non se l’è passata proprio bene. Si tratta del Maestro Achille Pecoraro. Per capire il personaggio potete visionare il suo sito web dove si narra (in parte) la storia e se ne espongono le opere ed i lavori (https://achillepecoraro.com ). Un’altra parte della sua storia – quella non scritta – se permettete ve la racconto io. Lui ha trascorso (e ancora passa) momenti davvero molto difficili. E’ un vero Artista nel senso più autentico del termine, con la “A” maiuscola, uno straordinario pittore dotato di un’immensa spiritualità (basta guardare i suoi quadri per rendersene conto). Oserei dire un ‘Poeta’ della tela che non dipinge con mani ma con l’anima. D’altronde la Poesia è un sentimento che deve scaturire dall’anima, altrimenti non c’è ‘verso’.
Dopo momenti di grande depressione è stato sottoposto a brutali terapie a base di ansiolitici e psicofarmaci che l’hanno profondamente segnato nel fisico e nello spirito. Al di là del danno causato dalle cure intensive i soli disturbi depressivi hanno infierito non poco prostrandolo psicologicamente. Anche un grande estimatore del Pittore Pecoraro, l’indimenticabile Sergio Sandrini ne era affetto. Chi ha avuto il privilegio di conoscerlo sa di cosa sto parlando (era un bravissimo pianista uno dei primi artisti che ha accompagnato il cantautore Gino Paoli).
Da qui in poi l’esistenza di Achille è tutto un romanzo (e che Romanzo!). La situazione di smarrimento e la conseguente perdita di memoria lo portano a lasciare moglie e figli per girovagare per l’Italia come un clochard (a fasi alterne è stato lontano da casa per più di 6 anni). In tutti questi anni nessuno sa con esattezza dove sia stato e che cosa abbia fatto. C’è chi racconta che per qualche tempo abbia trovato rifugio ed ospitalità presso un monastero di Frati (dove il pittore avrebbe trascorso il suo tempo affrescando la cappella, i luoghi sacri e le stanze del convento).
Ma di questo Achille non conserva alcun ricordo. E’ uno smemorato vero non fasullo come molti di quelli che si fingono tali per ragioni elusive o per incassare indebite pensioni d’invalidità dall’INPS. Una traccia certa di Achille la si rinviene a Torino nell’anno 1980, città dalla quale scrive una bella lettera a Genova alla figlia Donatella.
Dopo un lungo periodo di assenza finalmente Achille viene rintracciato alla frontiera vicino a Bardonecchia e riportato a casa dalla Polizia Ferroviaria che lo ritrova in stazione in stato confusionale (aveva perso la memoria a causa dei farmaci). Da allora, seppur molto lentamente, sta tornando alla normalità (se così si può dire…) cercando di recuperare l’affetto dei suoi cari e le sue abilità artistiche. Un gruppo di amici ha deciso di fare subito qualcosa di concreto aprendogli un sito internet dove pubblicano alcuni suoi lavori con l’intento di farlo apprezzare, procurargli del lavoro, e fargli ritrovare un po’ più di fiducia nella vita.
Da questo momento in poi cominciano a giungergli attestazioni di stima, affetto e vicinanza. Da ultimo (anzi da primo di tutti a dir il vero) raccoglie l’appello un personaggio da cui non t’aspetteresti mai un bel gesto garbato. Un’uomo puro dalla ruvida bellezza che è un vero recordman di querele per le sue intemperanze seriali. Un polemista d’eccezione come il Prof. Vittorio Sgarbi, persona invece molto sensibile – dote assai rara di sti tempi – che non ha esitato un’istante a farsi avanti non appena ha intuito l’esistenza di una difficoltà. Il Critico d’Arte gli ha scritto sulla sua pagina Facebook e Twitter:
“Nella vita a volte ci si può smarrire. Per una delusione sentimentale, per un lutto familiare, per una depressione. Ed estraniarsi dalla realtà. Rifiutando persino familiari e amici. E’ successo ad un artista di Genova, Achille Pecoraro. Non importa per cosa. Sappiamo però che adesso, con l’aiuto dei propri cari e di chi in questi anni gli è stato al fianco, sta ritrovando la propria strada.
Seppure io non lo conosca personalmente, accolgo l’invito rivoltomi dai suoi amici e pubblico una delle sue tante opere. Perché nella sua mano e nella sua testa c’è la creatività dell’artista. E sono certo che Achille troverà nella pittura una ragione per risollevarsi. Io, appena potrò, andrò a trovarlo. Nella vita a volte ci si può smarrire, e trovare nell’arte la ragione per ritornare a vivere”.
Anche il quotidiano di Genova Il Secolo XIX non è rimasto insensibile all’invito del Prof. Sgarbi e ha dedicato al Maestro un articolo, dove il Giornalista Bruno Viani scrive:
“Sgarbi lancia un appello per il Pittore Pecoraro: Aiutiamolo a Risollevarsi. Il noto critico d’arte accoglie l’invito di un amico genovese e pubblica su Facebook una sua opera: «ha una buona mano andrò a trovarlo». Pecoraro, pittore genovese, chi è costui? A scatenare il caso è un post sulla pagina Facebook di Vittorio Sgarbi: «Nella vita a volte ci si può smarrire. Per una delusione sentimentale, per un lutto familiare, per una depressione. Ed estraniarsi dalla realtà. Rifiutando persino familiari e amici. E’ successo ad un artista di Genova, Achille Pecoraro. Non importa per cosa. Sappiamo però che adesso, con l’aiuto dei propri cari e di chi in questi anni gli è stato al fianco, sta ritrovando la propria strada». E poi per togliere ogni dubbio su un suo interesse personale: «Seppure io non lo conosca personalmente, accolgo l’invito rivoltomi dai suoi amici e pubblico una delle sue tante opere. Perché nella sua mano e nella sua testa c’è la creatività dell’artista. E sono certo che Achille troverà nella pittura una ragione per risollevarsi. Io, appena potrò, andrò a trovarlo». IL MONDO REALE E IL MONDO WEB.
La storia dell’Arte è fatta anche di grandi folli, il mercato è invece qualcosa di più serio e razionale. Così Achille Pecoraro, classe 1947, nei racconti della moglie Rita è un uomo un po’ strano che l’ha fatta innamorare suonando la batteria «e oggi ogni tanto dice di essere Garibaldi o un altro personaggio del passato, magari sparisce per anni, ma poi torna sempre a casa, a Borzoli». Per chi ha curato la sua pagina web tutto è diverso: «Pochi sanno che l’Arte di Pecoraro è stata apprezzata dal magnate arabo Khashoggi, due quadri dell’artista acquistati in una Galleria vicino Portofino erano sul suo ‘Nabila’». E poi: «Un altro grande estimatore del Pittore è stato Umberto Bindi e anche Oscar Luigi Scalfaro possedeva un suo quadro».
I MIRACOLI DELL’ARTE. La presa di posizione di Sgarbi, sulle prime, può far pensare ad un’operazione commerciale. Ma poi il critico – polemista e perennemente sopra le righe – svela una sensibilità che non ti aspetti. L’attenzione a una persona che non conosce e ai miracoli che può fare l’arte più che il mercato. «L’arte ha la capacità di recuperare vite umane in difficoltà» – dice -, «io nelle opere che mi sono state presentate da un amico ho visto la scelta di un filone surrealista e una buona mano, credo che la cosa più importante sia che questa persona sia incoraggiata a continuare a dipingere, perché vale la pena; a volte per non perdersi basta un segno d’attenzione».
Oggi Achille ha 71 anni, nonostante le sue gravi patologie, versa in condizioni di quasi totale indigenza, non ha alcun tipo di sussidio (a cui peraltro avrebbe assolutamente diritto), percepisce unicamente una modesta pensione sociale di 256 euro (egregio Dott. Tito Boeri non Le pare una vergogna???). Ciò che l’avvilisce ancor più ultimamente è che ha perso il suo sorriso (nel senso più letterale del termine). Non ha più tutti i suoi denti. Non può ovviamente permettersi alcun tipo di cura. Ma in compenso ha una bellissima famiglia che gli è sempre stata vicina e non l’ha mai lasciato solo per un istante (ne sa qualcosa la moglie Rita).
Anche se le cure mediche hanno lasciato il loro segno, da qualche settimana Achille sta vivendo un bellissimo momento, perchè è diventato bis-nonno, è nato Elia (Achille e Rita hanno 3 figli, 5 nipoti e l’ultimo arrivato Elia). Potrei fermarmi qui. Questa di per sé è già una bella storia di Natale con il suo lieto fine. Ma succede ancora qualcosa. Pochi giorni fa è squillato il telefono di casa Pecoraro, dall’altra parte del filo c’era un funzionario di Poste Italiane: “Gent.le Sig. Pecoraro avrei bisogno che lei venisse presso nostro ufficio postale per ritirare un assegno a suo nome che glielo invia il Fondo di Solidarietà della società SIAE di Roma”.
Nella Genova ferita di questo triste 2018 è stato una specie di “miracolo di Natale”. Come in alcuni film, una storia toccante, generosa, e molto dolce. La SIAE, Società Italiana degli Autori ed Editori è un prestigioso Ente pubblico senza scopo di lucro preposto a tutela delle opere dell’ingegno (in tutte le sue forme) e la protezione dei diritti d’autore. Da anni è Presieduta dal Cantautore genovese Gino Paoli. Di recente è stato chiamato ad assumerne la Presidenza il Dott. Giulio Rapetti (in arte Mogol).
Forse sarà solo un caso, due interpreti che hanno fatto la storia della canzone italiana. Data la professione non diresti che amano star lontano dai riflettori e le luci della ribalta. Ed invece SIAE ha fatto tutto nella riservatezza ed il silenzio più totali, senza strombazzare nulla ai quattro venti. Registi, Interpreti, Editori ed Autori di questa bella storia di Natale. Far del bene senza dirlo non è da tutti. So che non è elegante farne oggetto di pubblicità (chi fa del bene così in modo anonimo non ama il clamore) ma mi sembrava giusto raccontarvelo perché questo bel gesto lascia il segno. Come diceva il saggio: “nella vita non contano i passi che fai, né le scarpe che usi, ma le impronte che lasci”.
Questo m’insegna qualcosa. Cos’è la solidarietà, quella vera, quella nei fatti e non a parole come molti son abituati a fare. Nel silenzio. E’ quel tipo di bene, magari, di cui mai nessuno verrà a sapere nulla, perché non sono quelle opere di beneficenza che molti amano sbandierare per farsi belli agli occhi altrui. M’insegna che di fronte al dolore, si può far qualcosa, anziché star lì impotenti a guardare. La colpevole indifferenza di chi gira lo sguardo dall’altra parte per non vedere e non sentire.
Allora GRAZIE SIAE, di questo bel gesto nobile e bello che mi fa credere ancora nello spirito del Natale. GRAZIE che sei ‘dalla parte di chi crea”.
Mi par evidente: non è solo uno slogan.
P.S.: Le foto linkate alla presente (vandalizzate da ignote mani) sono estrapolate dal sito Carlo Hebdo (di Andrea Federico Cecchin).