A quanto pare hanno passato a Berlusconi l’elenco dei numeri di telefono e indirizzi degli italiani residenti negli Stati Uniti; temo qualcuno dei Consolati o dell’AIRE (Anagrafe degli italiani residenti all’estero), fregandosene ovviamente della privacy, che la destra e la sinistra liberiste invocano solo quando si tratti di proteggere politici corrotti, giornalisti venduti e imprenditori inetti.
Infatti dopo il messaggio vocale lasciato una settimana fa sulla mia segreteria (e quelle di tanti altri) da Francesca Alderisi (vedi in proposito l’articolo di Eleonora Bianchini sul Fatto quotidiano), negli ultimi giorni ho ricevuto, due volte, quello di un’altra candidata di Forza Italia, la deputata Angela Fucsia Nissoli, che qui però si presenta come Fitzgerald, usando il cognome del marito per sembrare americana.
A tutt’oggi non ho avuto telefonate dai candidati di nessun altro partito e anche per posta il solo volantino che mi è arrivato a casa è quello di un certo Matteo Gazzini, che a quanto leggo è in quota Lega ma che in perfetto stile berlusconiano promette di tutto: un contributo di 500 euro per l’assicurazione medica, consulenza fiscale gratuita, via le spese consolari, e naturalmente promozione del made in Italy oltre che della nostra cultura e tradizioni. Così facile da dire quando non si debba spiegare come, in che senso, con quali finalità.
Ma torniamo a Nissoli, che nel suo messaggio telefonico spiega di essere la nostra rappresentante a Roma e di avere in questi anni lavorato per noi: “a proteggere le vostre pensioni e i diritti degli italiani all’estero”. Non so cosa significhi: quale pensione? quali diritti?; ma mi stupisce che ne abbia avuto il tempo, impegnata com’è stata a cambiare partito: dal Movimento Associativo Italiani all’Estero (il suo trampolino di lancio) a Lista Civica, poi ai Popolari per l’Italia, quindi a Democrazia Solidale e infine a Forza Italia.
Da notare che nel 2013 a garantirle l’elezione bastarono seimila preferenze: seimila, raccolte qua e là in una circoscrizione (l’America settentrionale e centrale) due volte e mezza più estesa dell’intero continente europeo; il che significa che la neodeputata avrà ottenuto qualche decina di preferenze a Boston e Città del Guatemala, qualcuna di più a New York, Toronto e Città del Messico.
Un tradimento dell’idea di democrazia, che richiede l’esistenza di una base popolare, di una comunità di riferimento, non di pochi individui dispersi, che non si conoscono, non s’incontrano mai e hanno ben poche occasioni di informarsi sulla situazione italiana.
Il fatto è che la legge che regola il voto degli italiani all’estero è una porcheria. Porta il nome di Mirko Tremaglia, ex repubblichino e poi missino; nel 2001 fu approvata dal Parlamento pressoché all’unanimità, con l’appoggio entusiasta dei futuri piddini, quelli che oggi si riempiono la bocca di antifascismo.
Il primo ministro era allora Berlusconi ma la modifica costituzionale che rese possibile la legge era passata, a larghissima maggioranza, due anni prima, quando alla guida del governo c’era D’Alema. Sono chiari esempi di liberismo trasversale, quello che nel medesimo periodo consentì al democristiano Prodi (chissà come diventato l’indiscusso leader della sinistra) di completare l’entrata nell’euro.
Tutto nell’indifferenza generale: al popolo italiano erano bastati alcuni anni di berlusconismo mediatico per precipitare in un individualismo all’americana; ovvio che i passi successivi siano stati l’abolizione dell’articolo 18, le privatizzazioni, il jobs act.
Altre leggi truffa liberiste sono in gestazione: se il 4 marzo le cose non cambieranno, le approveranno tutte, dopo ampie campagne di giornali e telegiornali e con la scusa dell’emergenza, del “lo vuole l’Europa”, della minaccia populista, del mito della rottamazione.
C’è solo un modo per fermarle: andare a votare e votare contro, come nel 1953, quando il 94% degli italiani si recò alle urne e bloccò il colpo di mano di De Gasperi e della DC, aprendo la strada a governi riformisti e a uno straordinario periodo di sviluppo sociale, civile ed economico.
Chi non è soddisfatto il 4 marzo deve votare contro i partiti sostenuti dalle multinazionali: contro Forza Italia e la Lega, che in America ci propongono Alderisi, Nissoli e Gazzini, ma anche contro il Pd, loro alleato e complice nello smantellamento dello stato sociale, e contro le stampelle degli uni e degli altri (Fratelli d’Italia, LeU). Vanno spazzati via e quando ci si fosse riusciti occorre infierire, continuare a colpire, in modo che non possano più risollevarsi. Per esempio revocando la legge Tremaglia.
Spero che il M5S ci pensi e inserisca la proposta nel suo programma. Non si tratta di togliere agli espatriati la possibilità di votare per corrispondenza; si tratta di abolire le circoscrizioni estere, che oltre a consentire a improbabili personaggi di entrare alla Camera grazie a una manciata di voti, in una prospettiva italiana sono dei non-luoghi, nei quali infatti non vigono le leggi nazionali.
Ascoltate come Alderisi giustifica l’invadenza delle sue telefonate pubblicitarie: “Sono regolamentate dalla legge americana; non è come in Italia”. Ma se non è come in Italia, perché quei territori sono stati elettoralmente equiparati alle regioni italiane?
In altri paesi si vota da fuori ma in modo molto diverso. Gli americani all’estero, per esempio, votano anche loro per posta: però le loro schede si aggiungono a quelle dei residenti nelle circoscrizioni d’origine, senza bisogno di inventarsi delle immaginarie comunità e i loro fantomatici rappresentati. A me pare un sistema molto più trasparente.